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Mantova, sotto processo Patrizia Aldrovandi

La prima pm del caso si sente diffamata dalla mamma di Federico. Il suo legale chiede che sia assolta senza processo.

Il procuratore capo di Mantova, che ha sostenuto la pubblica accusa venerdì scorso, ha ammesso di non aver letto la sentenza, già agli atti, emessa dal giudice Caruso, quella che condanna quattro agenti per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi, ma chiede comunque che la madre di Aldro sia processata per la presunta diffamazione.
L’anno giudiziario, che oggi si inaugurava ufficialmente nelle stesse ore nei Palazzi di Giustizia italiani, si apre così, con un procedimento che ha del paradossale ma che forse potrebbe aggiungere un altro tassello di verità a una vicenda che ha già fruttato quattro condanne definitive per gli autori dell’omicidio e vede in corso a carico di altri pezzi della questura ferrarese un altro processo – l’Aldrovandi bis – per i depistaggi che iniziarono proprio all’alba del 25 settembre 2005, subito dopo la conclusione del violentissimo “controllo” di polizia ai danni di un diciottenne che tornava a casa dopo un sabato sera passato con gli amici.
La Guerra accusa Patrizia Moretti di aver dichiarato alla stampa (sono sotto processo anche alcuni giornalisti del quotidiano La Nuova Ferrara) che il fascicolo era rimasto vuoto quasi per quattro mesi dopo le violenze di via Ippodromo. Un’idea che ha preso corpo, però, dalle dichiarazioni di uno degli imputati del processo bis. Non solo, la pm ha denunciato la mamma di Aldro anche perché ha dichiarato che era stata coinvolta dal Csm in un procedimento disciplinare da cui era stata prosciolta. In realtà si trattava di una valutazione per l’incompatibilità ambientale della pm stessa rispetto al caso che, dopo la controinchiesta della famiglia, lasciò alle cure di un altro pm, Nicola Proto, che gli diede tutt’altro tipo di impulso. Anche in questo caso, la dichiarazione della signora era partita dalle parole del procuratore capo di Ferrara, Minna, che dichiarò che la Guerra fu «verberata a sangue dal Csm», come ricorda a Popoff una delle madri-coraggio che ha inaugurato con la sua controinchiesta una nuova stagione di verità e giustizia per l’Italia.
La pm Mariaemanuela Guerra era di turno ma non si precipitò affatto al parchetto di Via Ippodromo forse depistata da chi la informò del “solito drogato” crepato su una panchina ma quell’ispettore sarà assolto in appello dall’accusa di averla ingannata. Che la droga non c’entri nulla con quell’omicidio è chiaro a tutti – meno forse ai legali dei quattro e a un politico “spregiudicato” tal Giovanardi da Modena – la domanda resta: perché quella mattina la pm non si recò sulla scena del crimine?

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