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Milano, a proposito di clima e venti arancioni

‘Pisapia è stato eletto sulla scia di lunghissime biciclettate vestite di arancione. Pochi giorni dopo la sua elezione i milanesi hanno votato a favore di cinque referendum ambientalisti che immaginano misure ben più radicali del blocco del traffico ristretto all’area Ecopass. Una settimana fa i milanesi hanno festeggiato la prima domenica a piedi della ‘nuova era’ e da un settimana in città si parla solo dello smog. Lo stesso Pisapia ha detto che Milano sta soffocando e che si tratta di una vera e propria ‘emergenza sanitaria’, così ha scritto Giorgio Salvetti su Il Manifesto in questi giorni, laddove la sua cronaca da Milano è stata una delle pochissime capaci di dare una lettura lucida e disincantata, condite di osservazioni al vetriolo forti della brutta aria che tira su Palazzo Marino.

Emergono le contraddizioni politiche, e la rete dei potentati che hanno e che tengono in scacco – dall’alto – Milano. Che nella città del Duomo l’aria respirata sia una brutta cosa è alquanto accertato, si pensi che le polvere sottili sono ad un livello doppio rispetto alla soglia consentita, eccedenza sporca che oramai è in continuum di oltre due settimane. La giunta Pisapia aveva quindi ipotizzato, per metterci una pezza, lo stop delle auto in centro (cerchia dei Bastoni). Ma il tentativo di provare a cambiare il ‘vento gonfio di smog’ ha avuto vita breve, Pisapia ha fatto dietrofront incontrando il presidente della provincia Podestà: va tutto bene, stop rinviato a data da destinarsi. In tempi di vasche natalizie lungo le strade del centro l’annuncio aveva allarmato chi dal circuito del consumo e della vetrina ci sguazza e specula: l’Automobile Club d’Italia del vice presidente La Russa (figlio dell’ex ministro), i commercianti di via Montenapoleone, i dubbi del Corsera e le critiche della Regione di Formigoni e della provincia di Podestà…

Notizia dell’ultima ora è invece quella relativa alle dimissioni consegnate dall’assessore Boeri al sindaco Pisapia. E facciamo ausilio ancora delle parole di Giorgio Salvetti, perchè esprimenti la cifra dello scoglio politico e dell’illusione infranta: ‘Finalmente si può cominciare a dire (a voce non troppo alta) che la primavera milanese è finita da un pezzo, anche se qui a Milano – almeno quelli che hanno vinto le elezioni – continuiamo a raccontarcela come se ancora ciabattassimo felici con le infradito arancioni’. C’è da essere chiari, qui lo scontro non si consuma tra l’ala della conservazione contro quella della rivoluzione, ma tra due pezzi della borghesia milanese, che hanno sempre avuto la difficoltà di trovare compatibilità, capeggiata da due galletti egocentrici e prepotenti, Pisapia e Boeri.

Il nodo ultimo del contendere dentro la giunta arancione, che ha portato alla rottura ‘dell’unità collegiale’ di cui straparla il signor Pisapia, è stato quello dell’Expo. Da ogni versante si guardi la faccenda – per noi – è insufficiente, nessuno s’interroga (più) e pone il problema (le lezioni sono state vinte) dell’appuntamento in quanto tale, su quello che è e sarà la macchina del mega-evento; espropriazione sociale – distruzione ambientale – speculazione organizzata. Boeri trova la sua collocazione politica di riferimento nella ‘zona Partito Democratico’, ma aveva spiazzato tutti – anche chi si considera la sinistra dell’arancio milanese – quando contestò la decisione di pagare a peso d’oro, a Cabassi, le aree dei terreni che ospiteranno l’esposizione (come se fossero edificabili), poi l’altro giorno durante una diretta su Radio Popolare ha detto quello che – politicamente – è diventato una realtà, cioè che la governance per la gestione dell’Expo è praticamente passata direttamente a Roberto Formigoni, presidente berlusconiano della Regione, manifestazione di uno scippo colma di debolezza politica.

E’ evidente che si presenta ben poco interessante limitarsi allo stop delle auto o meno, così come alle ragioni o meno dell’assessore Boeri; ma ciò non è feticcio criticista, laddove invece l’orizzonte politico deve essere osservato su un livello strutturale, di discussione ed opposizione ad un modello capitalistico dettato dalla voragine speculativa, dal saccheggio dei territori, dalla predominanza di una rete del potere metropolitano che resta untosa e insopportabile anche se sporca di arancione in qualche suo angolo.

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