Perché amiamo alcune serie TV – Breaking Bad pt 2
Nel secondo libro della Politica Aristotele critica com’è noto chi persegue la ricchezza senza limiti, chi non comprende che l’acquisizione di ricchezza dev’essere subordinata alla gestione della famiglia. Molte delle discussioni su questo passaggio si concentrano sulla distinzione tra uso “proprio” e uso “improprio” come precursori di valore d’uso e valore di scambio: l’uso proprio di una scarpa è quello di indossarla, il suo uso improprio quello di scambiarla. Coloro che inseguono la ricchezza, dunque, accumulando senza fine dimenticano che l’uso proprio del denaro è come mezzo di scambio, non la sua accumulazione.
Il problema di concentrarsi su ciò che è proprio e ciò che è improprio, al di là del fatto che questa terminologia è spesso usata per introdurre nel valore d’uso un moralismo che è assente nel pensiero di Marx, è che l’attenzione di Aristotele non è rivolta all’improprietà dello scambio, ma all’importanza del vivere bene. Aristotele sostiene che chi accumula ricchezza senza fine si è dimenticato di vivere bene, della dedizione all’azione e alla contemplazione. Come scrive Aristotele, “La causa di questo atteggiamento è l’affaticarsi intorno a quelle cose che permettono di vivere, senza preoccuparsi di vivere bene”. Costoro hanno cioè perso il senso dell’ideale qualitativo del vivere bene a fronte di un’accumulazione quantitativa. Il parallelismo che Aristotele traccia tra vivere e accumulare è interessante: in ciascun caso l’attenzione al quantitativo rende difficile tracciare un limite, dire basta. Come è quasi impossibile dire quanti anni di vita bastano, così è difficile dire quanto denaro basta. Vivere fino alla veneranda età di ottant’anni suona bene, ma vivere fino a ottantacinque suona ancora meglio. Un milione di dollari suona bene, ma cinque milioni suonano meglio.
La quinta stagione di Breaking Bad pone la domanda: “Quanto deve essere grande questo mucchio?” Quand’è che basteranno? Walter ha iniziato il suo business con la meth con una cifra specifica in mente, una somma limitata per provvedere alla sua famiglia. Non ricordo la somma specifica, ma è una somma modesta, l’equivalente di una pensione inesistente. Quando Walt lascia la retta via (“break bad”) perde di vista questo scopo limitato, passando dal “business della meth” al “business dell’impero”, e non è soddisfatto nemmeno della prospettiva di guadagnare cinque milioni di dollari. Walt esemplifica il tesaurizzatore di Marx, per il quale qualunque limite quantitativo è inaccettabile: come scrive Marx, “questa contraddizione tra il limite quantitativo e l’illimitatezza qualitativa del denaro risospinge sempre il tesaurizzatore al lavoro di Sisifo dell’accumulazione. Al tesaurizzatore succede come al conquistatore del mondo: la conquista di un nuovo paese è solo la conquista di un nuovo confine”.
Due ragioni si dànno per questo cambiamento. Primo, come ho già accennato, lo show mostra continuamente i costi nascosti delle operazioni illegali, poiché i guadagni scompaiono al netto di mazzette, costi di riciclaggio, ecc. Costi della competizione. Secondo, c’è il retroscena del ruolo di Walter in “Gray Matter”, la compagnia di biotecnologie di cui ha presto ceduto la sua quota per cinquemila dollari. Questa compagnia vale oggi quasi due miliardi. Nel primo caso, l’acumulazione è necessaria anche solo per stare fermi, per rimanere in sella. Il secondo, invece, mostra come l’accumulazione non si dia solo a fronte di costi reali ma anche di guadagni immaginari: si possono cioè sempre fare più guadagni, o si sarebbe potuto farne di più. L’accumulazione non ha limiti perché si misura sempre alla luce di altra accumulazione.
Il tentativo di Walter White di battere “Gray Matter” può anche essere interpretato come una sorta di vendetta. L’impero di Walter non è solo un’accumulazione quantitativa, ma una trasformazione qualitativa, una questione di come egli vuole vivere. Il parallelo che Aristotele stabilisce tra accumulare ricchezza e accumulare vita è istruttivo: nella prima stagione, quando a Walt viene inizialmente diagnosticato il cancro, egli rifiuta la chemioterapia rifiutando un’accumulazione qualitativa in termini di anni. Il suo argomento è il seguente:
“Quei dottori parlano di sopravvivere un anno o due, come se fosse l’unica cosa che conta, ma a che mi serve sopravvivere se sono troppo stanco per lavorare, per godermi un pranzo, per fare l’amore, per il tempo che mi resterà da vivere? Io ho deciso di starmene a casa mia, voglio dormire nel mio letto. Non voglio ingoiare 30 o 40 pillole al giorno e perdere tutti i capelli, senza avere nemmeno la forza di alzarmi, talmente nauseato da non riuscire nemmeno a muovere la testa. E tu lì a farmi da infermiera, ma mi sentirei, mi sentirei come un vegetale, tenuto in vita artificialmente, una larva, fermo ad aspettare la morte. No. Conservereste di me solo quel ricordo, solo la parte peggiore. Quindi, è così che la penso, Skyler. Mi dispiace. Io… ho scelto di non farlo”.
Walt rifiuta di vivere in favore del vivere bene, almeno inizialmente. Successivamente accetterà la chemioterapia, ma il suo desiderio di vivere alle proprie condizioni si intensifica solamente. Il discorso di rifiuto di Walt è istruttivo. Il desiderio di vivere alla proprie condizioni, di essere visto come un uomo, sottende già dall’inizio al suo sforzo di accumulare nei termini dell’ideale virile del padre di famiglia, ma diventa via via sempre più importante. Il desiderio di accumulare status oltre che ricchezza inizia in piccolo con lo pseudonimo di “Heisenberg” ma raggiunge il suo apice quando Walt richiede a un corriere rivale di dire il suo nome. Ma la preferenza di Walt verso una vita di qualità è visibile anche nella scena in cui vende la sua Aztek, una macchina con migliaia di chilometri, per un’auto di lusso. L’accumulazione, l’accumulazione quantitativa della ricchezza, non si può separare da una trasformazione qualitativa. Non è questione di “vivere” contro “vivere bene”, ma del vivere che ridefinisce il vivere bene a sua propria immagine.
4– “Ammirate la mia opera, Voi Potenti, e disperate!”: Breaking Bad come allegoria dell’austerità
Quanto segue dovrebbe forse avere come sottotitolo “speculazioni sparse su Breaking Bad” poiché è cominciato come post dopo pochi episodi del rush finale ed è stato completato dopo il penultimo episodio. Modifiche sono state apportate in corso, ma non si tratta tanto di un saggio coerente che prende in considerazione l’intero arco narrativo dell’ultima stagione quanto di una serie di osservazioni fatte mentre quest’ultima usciva. È un po’ lungo, e, se non avete visto l’ultima stagione, attenzione agli spoiler.
Prima che la tanto annunciata ultima stagione (o mezza stagione) di Breaking Bad venisse mandata in onda alla fine di quest’estate, AMC ha fatto uscire questo trailer, o teaser.
A parte obbedire alla rigida regola “niente spoiler” che è diventata pressoché un mantra nel mondo della televisione, e a parte evidenziare l’uso dei colori e dello scenario del New Mexico da parte della serie, l’uso della poesia di Shelley sottolinea il tema centrale di Breaking Bad, quello dell’eredità. Cosa rimane di noi dopo che moriamo? La serie comincia con la preoccupazione di Walt che il cancro e il suo magro stipendio da insegnante in una scuola pubblica lasceranno poco per la sua famiglia. Man mano che le stagioni progredivano, tuttavia, l’eredità era definita sempre meno in termini di patrimonio quanto in termini di impero. Una delle tante questioni che si pongono a Breaking Bad negli episodi finali è cosa rimarrà dell’impero di Heisenberg dopo la (quasi inevitabile) dipartita di Walt.
Forse ciò che colpisce di più di Breaking Bad è che per essere una serie sul narcotraffico e sulla creazione di un barone della droga (oltre che sulla distruzione di due altri imperi della droga), è relativamente priva dei cospicui consumi e dello sfarzo che generalmente associamo ad ogni storia di imperi della droga (pensiamo a Scarface di De Palma, a cui la serie fa continuo riferimento). Il denaro viene accumulato in quantità enormi, impilato, persino pesato, ma raramente viene speso. La serie dedica una gran parte del suo minutaggio alla fisicità del denaro, alla difficoltà di immagazzinarne e di nasconderne grandi quantitativi, ma molto poco a ciò per cui il denaro viene di fatto utilizzato: comprare merci. Ho già sostenuto che questa relazione con il denaro può essere vista come una conseguenza della sete di accumulazione di Walt, che sembra più quella di un tesaurizzatore che quella di un capitalista. I tesaurizzatori, per definizione, non possono spendere e devono accumulare incessantemente.
Vorrei suggerire che questa relazione con il denaro può essere vista come parte del fatto che la serie funziona come una narrazione sull’austerità. Inizialmente questa relazione è messa in scena con la mancanza da parte di Walt di un’adeguata assicurazione sanitaria. Un punto, questo, ribadito dalla barzelletta che gira riguardo una versione francese (o britannica o scandinava) della serie che dura un solo, scialbo episodio fino a quando il protagonista – che viene da un paese con l’assicurazione sanitaria nazionale – si rende conto di avere un’adeguata copertura per pagarsi le cure. Mentre allora è una certa versione dell’austerità, o quantomeno del fatto che i fondi della scuola pubblica non sono in grado di prendersi cura dei propri dipendenti, a mettere in moto la trama, la sua natura cambia mano a mano che la serie progredisce. In particolare, il coinvolgimento di Walt nell’impero della droga di Gus viene reso attraverso l’intersezione di licenziamenti ed esecuzioni. La serie usa dunque il mondo della droga per dare una svolta dark al tema della lotta per rimanere spendibili sul lavoro; non appena vi è un esubero, quest’ultimo non viene notificato con un preavviso di licenziamento quanto piuttosto aprendo uno squarcio rosso con un taglierino.
L’esperienza e le skill di Walt, la sua particolare abilità a “cucinare” (per non parlare della sua violenza) lo proteggono da un licenziamento letale. Il tenore della sua lotta da dipendente cambia con i diversi datori di lavoro. La lotta contro Gus era soprattutto una lotta per l’autonomia della conoscenza. Dopo la morte di Gus, e il breve periodo da imprenditore indipendente di Walt, lavora (anche qui brevemente) per Lydia. Lydia è una dipendente dell’enorme corporation internazionale Madrigal, che in precedenza forniva la metilammina a Gus Fring. Lydia assume per un breve periodo Walt per cucinare la meth da esportare nella Repubblica Ceca. La sua attitudine verso la produzione non è tanto rivolta a controllare il processo produttivo quanto a mantenere l’identità del brand. Lei capisce che il brand Heisenberg sarà la sua firma di colore blu e purezza. Quando Walt si ritira dal commercio, Lydia non è tanto interessata a mantenerlo al lavoro quanto a preservare la purezza e l’identità del brand. Come il suo datore di lavoro, Madrigal, il suo interesse è solo per il possesso del brand, non per il controllo della produzione: fintantoché vengono mantenuti i numeri, fintantoché il prodotto ha il suo identificativo colore blu e il 92% di qualità, non le importa da chi o come venga prodotto.
I tre capi di Breaking Bad, Tuco, Gus e Lydia, seguono runa traiettoria che va dal controllo feudale del territorio (Tuco) alla standardizzazione fordista della produzione (Gus) fino al controllo sull’identità del marchio (Lydia). In questo modo la traiettoria rispecchia la traiettoria da Avon a Stringer e Marlo in The Wire. Che cos’è Gus se non uno Stringer Bell di successo? Entrare in questo argomento richiederebbe troppo tempo, ma vale la pena sottolineare che in ciascun caso l’ultimo passaggio, quello preoccupato per la reputazione (nel caso di Marlo) o per il brand (nel caso di Lydia) è anche quello più brutale, quello più a suo agio nell’eliminare fisicamente la concorrenza (anche se, nel caso di Lydia, chiudendo gli occhi quando si cammina in mezzo ai cadaveri).
Nell’ultima stagione la logica dell’austerità si sposta dal lavoro, dal mantenere il proprio posto di lavoro o dal diventare il capo di sé stessi, al mantenere il controllo sui propri risparmi. Diventa una questione di ritirarsi dal commercio. Le enormi pile di denaro sono tanto una possibilità per il futuro quanto il rischio più grosso per il presente. Seguendo Frédéric Lordon potremmo dire che questa ansia per il denaro,combinata all’assenza di consumi cospicui seguono uno spostamento affettivo nella relazione con il denaro: il denaro non è l’oggetto di una speranza, la possibilità di un desiderio realizzato, ma l’oggetto di una paura, della paura che il denaro non sia una garanzia e del rischio che venga perduto.
Che cosa ne sarà dell’impero di Walt è solo una delle questioni in sospeso che vengono poste nell’ultima stagione (o mezza stagione). La seconda, che occupa molto più che gli episodi finali, è quale dei molti nemici di Walt sarà la sua rovina, Jesse, Hank, Skyler o il cancro. Le diverse possibilità possono tutte essere lette come diverse affermazioni sulla natura del destino e della trasgressione di Walt.
Nel complesso l’ultima stagione della serie si è ripiegata all’intero, concentrandosi sulla questione della famiglia e della lealtà. Ciò costituisce uno spostamento notevole dal prima metà della quinta stagione, che invece espandeva la serie verso l’esterno, connettendo il narcotraffico con le corporation internazionali, la logistica ferroviaria, i paesi ex-sovietici e le gang del movimento white power americano. L’incursione della quinta stagione nel contesto esteso del commercio di meth si rispecchia nella forma della serie. Le innovazioni artistiche di Breaking Bad giacciono raramente al livello dei dialoghi o della narrazione, dove non possono competere con l’espansivo neorealismo di The Wire. Ciò in cui eccelle è invece la “fredda apertura”, i cinque-sette minuti che vanno in onda prima dei titoli di testa e il primo stacco pubblicitario. Questi vengono generalmente utilizzati per attirare a sé lo spettatore, come un teaser. Breaking Bad li usa sempre di più per porre una sorta di rompicapo, dato che le immagini – scollegate dalla narrazione corrente – sono spesso presentate prive dei dialoghi. A volte ci sono delle anticipazioni, come l’orsacchiotto rosa della seconda stagione o gli avvenimenti del 52° compleanno di Walter White che aprono l’ultima stagione, ma altre volte, come nell’introduzione della Madrigal Electromotive nella quinta stagione, sono dei film in miniatura dislocati per la serie, sconnessi da quanto è successo prima. Queste brevi storielle suggeriscono gli effetti espansivi delle azioni che costituiscono il complesso della narrazione, come l’amministratore tedesco che cupamente testa le nuove salse prima di ammazzarsi, la sua vita essendo stata rovinata dai rapporti con Los Pollos Hermanos. Una storiella simile ci fornisce un breve sguardo su un bambino in sella alla sua bici da cross e mentre cattura dei ragni, introducendo il personaggio di Drew Sharp prima della sua intempestiva fine. La linea narrativa centrale si concentra cioè su Walter e la sua famiglia, mentre i suoi effetti si dànno solo episodicamente in questa serie di mini-film.
Il ripiegamento verso l’interno degli episodi finali non è un cambiamento enorme. Diversamente da The Wire, Breaking Bad non si interessa mai veramente delle istituzioni, della politica della DEA o della politica sanitaria. Il suo interesse è più per gli individui, fino al punto da disancorarli dalle loro istituzioni: Walt non insegna più a partire della terza stagione e persino Hank è decisamente isolato dalla DEA nelle ultime stagioni. Il ripiegamento sulla famiglia, sullo spazio interiore, sottolinea un aspetto della serie che viene alternativamente criticato o osannato: la sua bianchitudine. Alcuni hanno sostenuto che Breaking Bad ha seguito una tradizionale suggestione razzista in opera dappertutto da Tarzan all’Ultimo Samurai e in cui un uomo bianco entra in uno spazio dominato da un altro gruppo etnico e immediatamente vi eccelle. Così, Krazy 8, Tuco Salamanca e Gus Fring si innalzano tutti contro Walt ma ne vengono in qualche modo annientati, perché la sua meth e la migliore in giro ecc. ecc. Altri hanno invece sostenuto che la serie riflette il declino della mascolinità bianca: la rabbia e la frustrazione di Walt verso la sua posizione sociale e verso la sua vita non sarebbero fuori posto su Fox News. Queste diverse interpretazioni dipendono da come lo spazio interiore delle periferie bianche e la rabbia e la frustrazione di un uomo bianco di classe media e di mezza età vengono interpretati e proposti, se in maniera critica o acritica. L’introduzione dello zio di Todd, Jake e dei neonazisti come sgherri prezzolati e infine antagonisti sembra riflettere questa ambiguità. Il tentativo di Walt di usare il suo essere bianco come un punto in comune e come un vantaggio spingono ulteriormente in avanti la sua autodistruzione. Si potrebbe tracciare un parallelismo politico tra questo punto della trama e il destino della classe dominante americana e non solo che tenta di utilizzare la rabbia bianca come tattica per mantenere il potere per poi scoprire solamente che la rabbia è qualcosa di incontenibile. Esternalizzare la forza bruta ha le sue conseguenze.
http://www.youtube.com/watch?v=A7SGWTE0f3s
Anche la famiglia è presentata in modo ambiguo in questi episodi conclusivi. Essa è tanto ciò che Walt cerca di preservare, lo scopo di tutta la sua impresa, e l’origine dei conflitti. Ciò vale tanto per la famiglia vera e propria di Walt, mano a mano che le menzogne vengono a galla una dopo l’altra, quanto per il suo rapporto con Jesse, la sua “famiglia della meth”. Riguardo la prima, l’ultima stagione inizia con Hank che scopre l’identità di Walt come Heisenberg, e ciò avviene non quando Heisenberg sta continuando ad espandere il suo impero, ma dopo che questi si è ritirato ad una vita di sicurezza finanziaria e (relativa) stabilità familiare. Le ambizioni imperialistiche di Walt/Heisenberg vengono scoperte da Hank nel contesto di un momento utopico in cui tutta la famiglia è riunita al tavolo vicino alla piscina. L’ideale utopico è presentato prima della sua dissoluzione nel conflitto, un conflitto che ha sempre covato sotto le ceneri dell’ideale. Il resto della stagione segue una sorta di dialettica tra ideale e conflitto con la realtà di un agente della DEA per cognato e di un “partner” che Walt ha manipolato e maltrattato. Walt impiega una serie di “mezze misure” sia rispetto ad Hank che rispetto a Jesse, mezze misure che si rivelano disastrose per lui come per i suoi “familiari/”nemici: egli persevera nel sovrastimare l’importanza delle relazioni familiari, non riuscendo a vedere come queste relazioni siano state distrutte dalle sue stesse azioni.
Walt non è tuttavia l’unico ad avere una visione distorta della famiglia. Da quando Hank si è imbattuto in una copia di Foglie d’erba nel bagno, e persino da prima, la serie si è sempre concentrata sulla famiglia come un luogo costitutivo di cecità. L’unico modo in cui Hank non ha potuto vedere prima che Walt fosse Heinberg, che questi aveva avuto la classica combinazione di fatalità, motivazioni e abilità (più un improvviso e inatteso guadagno), era che Hank era abituato a vedere Walt come il suo cognato sfigato. Una simile cecità costitutiva capita a Walt Jr./Flynn che è l’ultimo a sapere di Walt perché è così preso dalla sua immagine e dal suo ideale del padre che non riesce a vederne le menzogne. Ciò viene mostrato in uno degli episodi dell’ultima stagione quando la menzogna dolorosamente accampata da Walt per spiegare la moquette del soggiorno imbevuta di benzina. Flynn/Walt Jr. vede dietro la menzogna, ma ciò che vede non è la verità della faccenda, ossia che la benzina è rimasta dal tentativo di Jesse di dare fuoco alla casa, bensì la sua stessa favola sul padre come un malato di cancro tanto nobile da nascondere il fatto che è troppo cagionevole per fare benzina da solo. Non è chiaro se questa menzogna nella menzogna era l’intento di Walt sin dall’inizio, ma vi sono indizi sul fatto che le sue migliori menzogne sono quelle per manipolare la propria immagine agli occhi degli altri. In questo senso è una volpe nel significato di Machiavelli.
Se questa stagione (o mezza ragione) iniziava con un’immagine paradisiaca, una famiglia gioiosamente riunita intorno a un tavolo con abbastanza denaro da riempire un magazzino, il suo penultimo episodio offre un’immagine dell’inferno dell’austerity. Walt finisce in una capanna nel New Hampshire. I dettagli della sua vita nella capanna suonano come una lista della spesa dei moderni tagli alle comodità che si fanno a causa delle ridotte disponibilità economiche. Alla capanna mancano la TV via cavo e internet, e l‘unico intrattenimento a disposizione sono due copie di un qualcosa che si chiama Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie. Walt ha i soldi, ne ha un barile pieno, ma ciò che non si può permettere sono le sia pur minime relazioni sociali di cui quelle comodità hanno bisogno, poiché persino la TV via cavo ha bisogno di un antennista che la installi. Marx sosteneva che nel capitalismo “il suo potere sociale, così come il suo nesso con la società, [ogni individuo] lo porta con sé nella tasca”. La condizione di Walt ci ricorda che questo potere ha pur sempre bisogno di un grado zero di socialità per funzionare. Nessun uomo è un isola, tanto meno uno con un fusto industriale pieno di soldi. Ma nonostante la sua condizione unica il destino di Walt funziona anche come un’allegoria di altre e più comuni ansie: è il peggior ritiro che si possa immaginare, nonostante se solo mi mettessi alla guida dalla mia casa di Portland, nel Maine, troverei qualcuno che ha a malapena legna e carburante per passare l’inverno (anche se magari guardano altri film). Jesse, d’altro canto, è costretto a lavorare ben oltre il punto in cui egli vorrebbe ritirarsi. Lui è davvero l’immagine della nuda vita spogliata fino all’abilità di lavorare, alla forza-lavoro. Se, come ho sostenuto prima, i conflitti che animano questa serie sono, almeno in parte, conflitti tra operai e capitalisti, tra lavoro e amministrazione, contrapponendo Walt e Jesse a Tuc, Gus e Lydia, allora lo zio Jake è colui che scopre che la miglior tecnica di gestione è quella più brutale. Laddove Gus aveva grandi difficoltà a includere Jesse nella sua impresa, al punto di mandarlo ad un “laboratorio di autostima” con Mike per fargli condividere un destino fatto di senso del valore e di importanza, Jake e Todd ricorrono a catene molto più letterali e metodi molto più brutali. Non c’è bisogno di dire che queste immagini infernali sono più vicine alle ansie dello spettatore rispetto che la galera. Spinte al loro estremo allegorico, esse divengono l’immagine dei capi e dei lavoratori dell’America post-austerity. Il primo, il capo, è isolato nel suo recinto, incapace persino di camminare in strada, il secondo, il lavoratore, è costretto a vivere per lavorare oltre qualunque appagamento.
Nei suoi momenti migliori Breaking Bad è una sorta di melodramma della vita quotidiana che prende le ansie ordinarie sui costi della sanità, sulla disoccupazione, sul lavoro e la pensione e infondendole dei pericoli e delle euforie del commercio illecito di droga quel tanto che basta per renderle guardabili e piacevoli. Ad un episodio dalla fine, non è ancora chiaro come queste ansie si concluderanno, ma è chiaro che ogni speculazione su come andrà a finire è anche una speculazione su cosa ne sarà di noi
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