Spagna, sfiducia storica a Rajoy: fine di un’era e nuovi scenari di governabilità
L’ultima decina di giorni ha tenuto l’intera Spagna con il fiato sospeso riguardo all’imprevedibilità degli scenari che si sono aperti con la presentazione della mozione di sfiducia a Rajoy e il suo governo impugnata da Pedro Sanchez.
L’approvazione della mozione, che è avvenuta con i voti socialisti, di Podemos, di Bildu e PNV per i Paesi Baschi e ERC e PdeCat per la Catalogna, è un evento storico per molteplici motivi. E’ la prima volta che una mozione presentata contro un primo ministro spagnolo e il suo Governo viene approvata, mentre i primi tre casi della storia spagnola post-franchista avevano visto il loro rigetto.
A determinare l’esito, due giorni fa, lo scioglimento delle riserve da parte del PNV che ha assicurato nella mattinata di ieri la maggioranza assoluta con 180 voti al Parlamento madrileno.
Rajoy si defila così nel peggior modo possibile, con il suo partito in fase di costante emorragia di consensi, a causa principalmente dell’incapacità politica di gestire la crisi catalana. Finora quest’ultima aveva tamponato – suo malgrado – l’esplodere della grana “corruzione” e il fagocitamento dei fondi del Partido Popular (il famoso caso Gürtel), ma una volta attenuata l’attenzione verso lo scontro catalano, la “bomba” è rimasta nelle mani dell’oramai ex-premier.
Solo una gestione rapida e convulsa degli iter di voto dopo la presentazione della mozione di sfiducia da parte di Sanchez avrebbe potuto essere un vantaggio per evitare la disfatta. E così si è assistito per l’appunto a una partita risolutiva velocissima, in cui però scaltri e senza fronzoli sono stati i partiti baschi e catalani. Se per i primi ora si aprono scenari di contrattazione per ulteriori passaggi di autonomia fiscale e decisionale, per ERC e PdeCat si trattava innanzitutto di cestinare un premier spagnolo e il suo partito che hanno spostato talmente in alto l’asticella del conflitto inter-istituzionale da spingere queste formazioni a doversi in qualche modo “indipendentizzare”, molto al di là della loro reale vocazione in passato.
Ad arrestarsi nelle ultime ore assieme al Partido Popular è l’ascesa fin qui costante di Ciudadanos, ora azzoppato dall’essere rimasta l’unica formazione politica ad appoggiare il PP e Rajoy nonostante la loro assoluta indifendibilità. Vedremo che effetto avrà questo fattore anche sulla Catalogna, e in particolare sulle prossime elezioni municipali a Barcellona nel 2019, dove la formazione di Rivera si gioca una grossa partita per il suo futuro. A maggior ragione dopo il terremoto di questi giorni, che riscrive la storia recente della Spagna.
Di sicuro, lo scenario della governabilità nel paese iberico è ancora lungi dall’essere completamente definibile. Restano un PSOE e un neo-premier, Sanchez, che han fatto man bassa cogliendo un risultato politico straordinario quasi con il minimo sforzo. Ma c’è da vedere come saprà gestire una scontata richiesta di massa di cambiamento delle politiche sociali, economiche e del mondo del lavoro in primis in un paese in cui le disuguaglianze sono tra le più accentuate dell’ Eurozona.
E resta da vedere come gestirà da questo punto sia l’asse con Podemos, sia il dialogo con le forze indipendentiste e nazionaliste basche, catalane e galiziane.
Questo anche perché il peso parlamentare della sola formazione socialista risulta essere poco sufficiente per portare avanti da sola determinate politiche a trazione “europeista”; in questo senso sarà da vedere come e se Sanchez vorrà apportare una gestione “macroniana”, e comunque legata a doppio filo alle volontà del capitalismo finanziario (specie dopo il tracollo delle istanze del Partito Democratico in Italia). Saprà ora il PSOE sfruttare l’incredibile assist di Rajoy per rifarsi una verginità rispetto alla totale supinità ai dettami dell’austerity e dei tagli sociali sin qui andati in scena dal post-2008 o si mostrerà sordo e restio alle richieste politiche dell’arco parlamentare che ha scelto di appoggiarlo sfiduciando il Partito Popular? Gli scenari, da questo punto di vista sono quantomai aperti e interessanti..
Oggi intanto, a due giorni dalla caduta del primo ministro spagnolo, il nuovo Governo Sanchez e la presa di possesso di Torra della presidenza della Generalitat, ci imbattiamo dinanzi a uno scenario in cui la dismissione dell’articolo 155 che imbrigliava l’amministrabilità politica della comunità catalana da parte delle istituzioni elette lo scorso 21 Dicembre è data per assodata.
Il 155 ha funto da vero e proprio perno di dismissione di ogni capacità politica autonoma in Catalogna: 259 persone esautorate dalla loro facoltà, 24 organismi dissolti, 108 normative decadute son alcune delle cifre degli effetti della misura avallata da Rajoy & Co, insieme a Ciudadanos e allo stesso PSOE di Sanchez.
Se uno dei fattori principali della diatriba catalana va uscendo (momentaneamente?) di scena, resta il nodo non meno importante riguardante i politici incarcerati e in esilio volontario o forzato: chiaramente la disponibilità di ERC e PdeCat a votare per la caduta di Rajoy ora pone anche questa questione in modo molto più agevole da affrontare con il nuovo Governo di Madrid, a partire dalle richieste di spostamento dei politici in prigione a Soto Real a Madrid alle carceri catalane.
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