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Testimone a Gezi Park: la storia di un çapulcu

Il libro è suddiviso in tre parti. La prima descrive il mese di scontri avvenuti a Taksim dalla fine di maggio alla terza settimana di giugno, spiegandoci in maniera esaustiva le ragioni di una protesta che viene da lontano. La seconda copre il mese di luglio e la partenza alla volta dell’Italia, dove Luca ha modo di passare del tempo con i suoi familiari e di raccontare, durante alcuni incontri organizzati a Napoli e Roma, ciò che ha visto a Gezi Park. La terza e ultima parte coincide col suo ritorno a Istanbul. Come accade nella vita reale, una sintesi così schematica e scarna non può restituire la complessità e la ricchezza di un racconto che contiene mille altre battaglie oltre a quelle vissute in prima persona dall’autore. Ad esempio, durante la parentesi romana e grazie alla “rivoltosa” Laura, il nostro scopre Communia, centro sociale di San Lorenzo che di lì a poco verrà sgomberato dalla nuova amministrazione del sindaco “amico” (si fa per dire) Ignazio Marino. A Ferragosto, “quando l’opinione pubblica va in vacanza”. Altro passaggio di rilievo è il legame che Luca instaura durante le giornate di Gezi Park con Manolo, un compagno che “fa filmini” e, tra le varie attività, documenta le lotte dei No Muos in Sicilia. Non mancano inoltre riflessioni sul primo ministro turco Erdoğan, il movimento No Tav, la vicenda di Pippa Bacca, il ruolo dell’informazione turca (“in generale dai media mainstream giungono splendidi documentari di accoppiamenti di pinguini”), l’omicidio di Stefano Cucchi e il G8 di Genova. Queste ultime due citazioni ormai ineludibili quando si parla di violenza delle forze dell’ordine.

Tra le varie critiche mosse al mondo dell’informazione sono particolarmente condivisibili quelle rivolte a “certi pseudo-cronisti italiani che, al posto di scendere in piazza a vedere cosa succede, si trincerano in casa e parlano solo tramite agenzie stampa tradotte dall’inglese all’italiano e, quando fanno finta di partecipare agli scontri, scrivono il contrario di quanto avviene realmente”.

Gli spunti sono davvero tanti e a volte, inseguendo per le pagine di Testimone a Gezi Park la scrittura nervosa di Luca, l’impressione è che siano troppi. Tuttavia l’urgenza che traspare da ogni singola pagina di questa testimonianza riesce miracolosamente a tenere il tutto insieme, evitando che la storia deragli o si perda nei mille sentieri indicati dal çapulcu (letteralmente “straccione”, ma ormai termine utilizzato per descrivere “colui il quale si batte per i suoi diritti”) Luca Tincalla.

da Adilmauro

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