Trentadue morti in carcere dall’inizio dell’anno. Dalle istituzioni solo ipocrisia
Trentadue sono i detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane: dati numerici che ogni anno, puntualmente nel periodo estivo in cui il disagio delle già disumane condizioni igienico–sanitarie aumenta, vengono dichiarati con “una certa preoccupazione” dalle figure istituzionali che sul carcere fondano il loro stesso ruolo di responsabilità. Parole e dati che tendono a dipingere la situazione delle carceri come “emergenziale”…
La realtà ci parla di una situazione che è la normalità del sistema carcerario: le condizioni strutturali degli edifici sono inaccettabili e decadenti, la violazione delle norme igienico-sanitarie sia nella distribuzione del vitto che nelle condizioni di vita quotidiana, la possibilità di veder rispettati i propri diritti (distribuzione della posta, svolgimento dei colloqui familiari, regolarità nelle telefonate) è lasciata in totale balia della discrezionalità degli agenti.
A questo si aggiungono il sovraffollamento, lo sfruttamento delle condizioni di lavoro, il rincaro esorbitante che viene applicato ai costi della spesa interna (per alcuni prodotti si arriva al triplo) e l’utilizzo massiccio e devastante di psicofarmaci usati esclusivamente come strumento di controllo/ricatto.
Lo stupore e la preoccupazione ostentati dalle istituzioni davanti alla crescita del numero di detenuti che si toglie la vita (senza contare i tentativi di suicidio e i gravi e frequenti atti di autolesionismo che non trovano neanche lo spazio di un trafiletto nelle cronache locali) non possono che apparire vuoti atti demagogici.
Gli ultimi decessi sono avvenuti nel giro di ventiquattro ore nello stesso carcere. Domenica pomeriggio, infatti, nell’ istituto anconetano di Montacuto, un detenuto tunisino non definitivo di 33 anni (per la sentenza di primo grado avrebbe finito di scontare la pena nel 2020) è morto inalando il gas utilizzato per l’accensione del fornello presente nella cella. Nello stesso giorno un altro detenuto di 44 anni dello stesso carcere, è morto all’ospedale regionale di Torrette. Con queste due morti la lista dei decessi dall’inizio dell’anno si allunga: 32 suicidi per un totale di 68 morti solo in questi 8 mesi.
Contemporaneamente a queste morti dall’inizio dell’anno i detenuti della casa circondariale di Ivrea hanno iniziato una protesta per denunciare la disumanità della condizione detentiva, le gravi violenze e gli abusi subiti: molti di loro a seguito di queste proteste sono stati trasferiti in altri carceri fuori regione.
Il crescente numero di suicidi, la protesta dei detenuti di Ivrea, la lotta di Davide Delogu contro l’isolamento ed il controllo della posta dell’infame regime del 14 bis, la denuncia dei detenuti di Santa Maria Capua Vetere rimasti senza acqua e di quelli di Prato invasi da scarafaggi e topi facilmente mettono in crisi l’ipocrita costrutto che porta a considerare le condizioni alienanti e lesive dei diritti umani all’interno delle carceri come “mera condizione emergenziale da risolvere”.
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