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Processo Askatasuna: L’associazione a resistere non si arresta

Riprendiamo una serie di interviste fatte in seguito alla sentenza del processo Sovrano:

Radio onda d’urto a Vincenzo:
Crollata la montatura giudiziaria-poliziesca che ha cercato di criminalizzare le lotte sociali e l’opposizione alla grande opera inutile e dannosa del TAV con l’accusa di associazione a delinquere, l’associazione a resistere in un comunicato ribadisce che “Non si può fermare, perché associazione a resistere é chi mette a rischio se stesso per difendere un pezzo di territorio, é chi partecipa a un picchetto, chi a uno sciopero, l’associazione a resistere é chi occupa una scuola, é chi vuole costruire per sé e per tutti un futuro migliore, associazione a resistere é chi blocca una nave piena di armi, é chi si organizza per non lasciare nessuna da sola. Non si può circoscrivere, perché ogni giorno c’è chi resiste al ricatto del lavoro, alla perdita della propria terra, allo sfruttamento delle menti.”


Radio Blackout:
In questa data si è tenuto il primo grado del Processo Sovrano ai danni di 28 militati dello Spazio Popolare Neruda, Centro Sociale Askatasuna e Movimento No Tav, nel quale i pm Pedrotta e Gatti, coadiuvati dal capo della DIGOS Ambra, avevano redatto il teorema della regia interna alla lotta con finalità simil-mafiose.
Il collegio dei ministri sancisce che non esiste alcun sodalizio di siffatta natura e decreta che dei 6,7 milioni di risarcimento tra Telt e magistratura ne sono dovuti solo 500 euro di danni effettivi. Dei 28 imputati i 16 accusati di associazione a delinquere sono stati assolti con la formula «perché il fatto non sussiste», mentre i 18 accusati di reati singoli vedono condanne fortemente ridotte rispetto a quanto richiesto dall’accusa.
Si sfalda con questa sentenza la macchina del fango costruita negli ultimi due anni nelle stanze di una giustizia “dei ricchi e dei potenti”, “una giustizia finalizzata a garantire lo status quo, atta ad alimentare la disuguaglianza sociale, tutelando gli interessi borghesi pronti a volersi riprodurre sulla pelle di chi non ha gli stessi privilegi”.

Crolla come un castello di carte il tentativo di screditare la lotta sociale ed in primis l’opposizione all’opera inutile Tav e così il tentativo di costruire un precedente repressivo che riporta alla lettura novecentesca delle varie forme di dissenso come mera criminalità. Ne esce, ancora una volta, vincitrice la lotta sociale o per meglio dire l’Associazione a resistere.

Dana del movimento No Tav:

Valentina Colletta avvocato difensore:

Radio Onda Rossa con Martina:
Cadono, nel processo di primo grado contro 28 militanti del centro sociale Askatasuna di Torino, tutte le accuse più gravi relative a reati associativi, in particolare quella inerente a una supposta associazione a delinquere che avrebbe visto il coinvolgimento di tutte le persone accusate.La nostra corrispondenza con una compagna di Askatasuna.

Glomeda.org

[…] Un risultato importante, nonostante il maxiprocesso esemplifichi già in sè quel processo di regressione della cultura giuridica nel nostro paese che si inserisce in un quadro più ampio di irreggimentazione della società in tempo di guerra e di restringimento degli spazi di espressione, di autonomia, di libertà. 

Da qui nascono le motivazioni del rilancio della mobilitazione da parte di ‘associazione a resistere’, fino alla liberazione di tutte le compagne e i compagni raggiunti da condanne anche molto pesanti. E dalle ultime notizie che giungono dal laboratorio repressivo della città di Torino, con otto misure cautelari notificate all’alba di oggi dagli agenti della digos, fra arresti domiciliari e obblighi di firma, per fatti risalenti al corteo del 9 gennaio scorso per chiedere giustizia e verità per Ramy. La battaglia contro la criminalizzazione del dissenso non si può arrestare.

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