Novembre 2012, un mese di lotta e conflitto
Ci sembra quanto mai necessario produrre un articolo di analisi di queste due giornate di lotta di Novembre per rilanciare ancora la mobilitazione nelle scuole e nelle università. Infatti, le piazze ci chiedono uno sforzo che dobbiamo essere capaci di sostenere in questa fase complessa che ci si pone davanti. Le trasformazioni all’interno dell’università e nelle scuole sono così veloci che spesso e volentieri ci perdiamo per strada i pezzi di un puzzle difficile da ricomporre. E’ necessario vivere e addentrarci dentro le contraddizioni che si contrappongono tra noi e la nostra capacità di organizzarci e mobilitarci.
Il corteo del 14 è stato particolarmente indicativo di queste trasformazioni. A partire dalla composizione del corteo stesso: la Piazza è stata invasa da migliaia di studenti medi provenienti dalle scuole di tutta Roma e della sua provincia. Ma è evidente che c’è un elemento di novità rispetto al passato. Le settimane di preparazione del 14N hanno visto le scuole di periferia, quelle di Ostia in particolare, protagoniste delle mobilitazioni e tra queste ancora di più gli istituti tecnici. Se infatti siamo stati abituati negli anni passati a riconoscere nelle storiche scuole di Roma il centro propulsore delle mobilitazioni studentesche, oggi questo è vero solo in parte. La cosiddetta generazione no future è proprio quella che mette al centro la precarietà della vita piuttosto che la difesa della scuola pubblica. Ma come dicevamo la situazione è complessa e ci sembra inutile leggere la realtà a compartimenti stagni. Elementi delle periferie si possono trovare anche nelle scuole più centrali, tanto è vero che le scuole si sono contagiate a vicenda costruendo una vera e propria mobilitazione di massa. Il corteo di Piramide contava 20.000 persone alla partenza, raddoppiando i partecipanti lungo il tragitto. Quando i due cortei, quello di Piramide e quello di Aldo Moro, si sono incontrati alla fine di Via Cavour ci siamo subito resi conto della portata della mobilitazione di quella giornata e dell’importanza di questa risposta. Non si vedono tutti i giorni infatti, cortei cittadini con questi numeri. Sicuramente c’è una grossa disponibilità da parte degli studenti medi di scendere in piazza e di costruire ancora nuove giornate di lotta.
L’università invece non ha prodotto grossi risultati. Nonostante le occupazioni delle facoltà e l’occupazione dell’ex teatro de La Sapienza, nei giorni a ridosso la manifestazione, l’Ateneo è stato attraversato da pochi studenti. Non erano certo le giornate dell’onda! E’ come se gli studenti universitari alle speranze dell’onda avessero lasciato posto alla rassegnazione. Se gli studenti medi possono essere considerati i precari di seconda generazione, particolarmente quelli delle periferie, non disposti a sconti e con niente da perdere, gli studenti universitari hanno ancora dei dubbi rispetto a questo. Da una parte sembrano essere convinti che la meritocrazia possa essere una soluzione, da un lato sono rassegnati dalla sconfitta dell’onda. Probabilmente l’onda avrebbe dovuto concentrarsi su se stessa e trasformare quella richiesta di partecipazione dal basso in un processo costituente all’interno degli Atenei. Proprio come gli Occupy Statunitensi o il movimento degli Indignados Spagnoli. Lungi dall’importare processi di altri paesi ci sembra però che ci siano state delle similitudini molto forti: il rifiuto della rappresentanza, un grosso bisogno di partecipazione dal basso e la condivisione di un sentimento comune di opposizione alla crisi. Oggi dobbiamo ricostruire queste maglie soprattutto per consentire qui e ora una riappropriazione reale e diretta di tutto quello che ci viene sottratto ogni giorno.
Abbiamo notato infatti, che gli studenti universitari preferiscono mobilitarsi direttamente il giorno del corteo. Gli universitari c’erano ed erano anche numerosi, soprattutto il 14, ma preferiscono scendere in piazza che attraversare le giornate precedenti. Forse perché non sono adeguati gli strumenti di cui ci dotiamo, forse perchè l’università è diventata un’appendice alla vita dello studente; è come se tutti quanti fossimo già immessi nel mercato del lavoro disgregato e atomizzato. L’università è diventata a tutti gli effetti un luogo da attraversare velocemente per poi dirigersi al lavoro. Il resto del tempo lo perdiamo a rincorrere autobus sempre più affollati e luoghi di svago in cui perdersi tra tanti. Anche l’università quindi, sembra essere un luogo atomizzato e vissuto di fretta. Il vivere con lentezza degli studenti è un baluardo dei tempi passati. E forse è qui che nasce l’esigenza della riappropriazione per liberare il tempo e conquistare metro dopo metro, non solo le strade, ma soprattutto la nostra quotidianità.
Forse per accelerare la partecipazione alle mobilitazioni, bisognerebbe rallentare i ritmi soffocanti dello studente nell’università in crisi. Liberandolo dall’ansia dell’affitto d’inizio mese, liberandolo dal peso che sente di essere per la propria famiglia, per chi ha ancora una famiglia che lo sostiene, liberandolo dal ricatto del lavoro, in una parola liberandolo dal debito. Siamo in una situazione di debito perenne nei confronti di tutto e tutti sotto il costante ricatto morale dell’indebitato e non meritevole. E allora prepariamoci a scardinare tutto questo, costruiamo un terreno fertile sul quale coltivare il futuro che non abbiamo.
Dopo il 14 tutti quanti abbiamo subito il solito assalto mediatico, tutta la stampa ha rispolverato ancora il vecchio trucco dei buoni e dei cattivi,dei pacifici e dei violenti nella speranza di vendere più copie. Un attacco, indice di una chiara volontà politica, sempre più soffocante e talmente forte che è capace di dettare la nostra stessa agenda politica. Questa è l’altra faccia della repressione. Non solo gli arresti ma anche l’ottusità di tutti i media non intenzionati ad ammettere che queste piazze hanno mandato forte e chiaro un messaggio politico radicale: è l’intero sistema che rifiutiamo e non solo chi sta al governo attualmente.
Ma le stesse piazze ci chiedono di non farci intimorire e di rilanciare, senza perdere la capacità di leggere la realtà e di trasformarla. Ecco perché le scuole hanno dimostrato ancora una volta di riuscire a rilanciare rioccupando già dal giorno seguente gli istituti di tutta Roma e portando ancora una volta gli studenti in piazza sabato 24.
Il 24 è stata, infatti, una giornata positiva in tutti i suoi aspetti. Siamo riusciti a riconquistare le vie del centro ottenendo quello che ci hanno impedito di fare il 14. Durante la settimana abbiamo dato vita ad un presidio davanti la sede del Cnel dove la Fornero avrebbe dovuto intervenire alla presentazione del bilancio sociale dell’Inps. Siamo di fronte ad un ministro che nasconde le sue manovre d’austerity attraverso piagnistei patetici, cercando di farci accettare lo smantellamento degli ultimi brandelli di welfare che ci sono rimasti a cui abbiamo affermato con forza quanto siamo choosy noi studenti, perchè non tolleriamo più questa classe politica, il governo “tecnico” e i partiti al suo fianco. Siamo andati a chiedere a Renzi nella sede del suo comitato elettorale se basta cambiare volto al Pd o usare twitter per dichiararsi vicino ai giovani. Ci sembra infatti assurdo che di fronte a due giornate come queste si possa dare spazio alle primarie. I partiti sono arrivati al loro tragico epilogo, così come tutti i suoi rappresentanti che non rappresentano davvero più nessuno.
Le giornate del 14 e del 24 ci sembrano davvero che gridino: degage! che se ne vadano tutti a casa ora! Il 24 infatti siamo scesi di nuovo tutti insieme in piazza attraverso, ancora una volta, un corteo non autorizzato per affermare il nostro diritto alla libera mobilità nella città sempre più blindata e inaccessibile e ribadire di non voler chiedere più niente a nessuno.
Nella prima parte del corteo abbiamo attraversato le strade di Testaccio, quartiere dall’anima ancora popolare ma ormai sempre più luogo della movida notturna, del lavoro nero e del precariato. Abbiamo sanzionato i colpevoli delle speculazioni finanziarie, gli istituti bancari tra cui UniCredit la banca accreditata con La Sapienza attraverso cui passano tutti i flussi di denaro dell’ateneo, ed i luoghi dove quotidianamente ci viene negato l’accesso al sapere. Abbiamo segnalato la sede di porta futuro: un portale, a cura della Provincia di Roma, di accesso al lavoro che promuove occupazioni al limite dello sfruttamento attraverso la solita retorica del merito.
Un operazione solo di marketing che all’incapacità di trovare una reale soluzione al problema dell’occupazione dei giovani mette in campo una campagna pubblicitaria sul tema del lavoro e del precariato. Abbiamo reso evidente ancora una volta la nostra forza in una giornata di sciopero in cui i sindacati si sono sfilati uno ad uno nella loro incapacità di esprimere una qualche forma di opposizione in questo momento di crisi e in cui chi era stato chiamato dalla Cgil a sentire il comizio a piazza Farnese ha deciso di raggiungere il corteo stanco di sentire parlare sempre le solite facce quando qua chi deve parlare siamo noi con i nostri bisogni e la nostra volontà di cambiare davvero la realtà. Per questo motivo rilanciamo ancora la mobilitazione all’Università cercando di estenderla a tutto il territorio e annunciando il 6 Dicembre come un altro momento nel quale affermare uno sciopero sociale in città. Puntiamo a che di fronte ad uno stato di crisi permanente si punti ad uno stato di mobilitazione permanente!
Fermarci ora è davvero come fermare il vento. Non abbiamo intenzione di dichiarare la nostra tregua. Staremo ancora nelle facoltà, staremo ancora nelle scuole e ancora nelle strade e nelle piazze.
Degage_Roma
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