
Guerra alla guerra nelle università – Comunicato Conclusivo
Si è conclusa pochi giorni fa l’assemblea nazionale studentesca “Guerra alla guerra nelle università”, tenutasi il 13 e il 14 settembre nell’Università di Pisa, al Polo Piagge occupato.
È stato un momento fondamentale, che ha visto collettività studentesche provenienti da ogni parte dello Stivale e delle Isole confluire a Pisa per discutere insieme di come far fronte alla militarizzazione sempre più insostenibile delle nostre Accademie e dei nostri saperi. Un processo che sta rendendo l’Università un luogo sempre più privatizzato, e le vite di chi lavora e studia al suo interno sempre più precarie.
L’assemblea era suddivisa in quattro tavoli di discussione: abbiamo parlato del rapporto tra le nostre Università e la militarizzazione del territorio, dimostrando come esse siano spesso coinvolte nelle trasformazioni del tessuto urbano e nei progetti bellici delle città;
Si è discusso della mappatura degli accordi, per condividere strumenti e pratiche utili a smascherare le complicità dei nostri Atenei, anche quando si nascondono dietro muri di burocrazia;
Un terzo tavolo ha analizzato come, in quanto giovani, possiamo disertare la guerra: abbiamo indagato come questa si articoli nelle università attraverso programmi e metodi didattici volti a legittimare un’idea di scienza e sapere funzionali al dominio e alla pratica coloniale contemporanea;
Infine, nel tavolo controinformazione e networking, abbiamo esaminato le nostre modalità comunicative verso l’esterno per migliorare le nostre pratiche e discusso di come continuare a fare rete in futuro, per portare avanti una battaglia contro la guerra efficace e duratura.
L’università plasma menti e corpi in grado di soddisfare le politiche e le economie di guerra del governo. Si rivela necessaria, a questo punto, la creazione di una vera capacità di organizzazione e azione politica all’interno dei nostri territori, innanzitutto riappropriandoci dei nostri saperi, saperi che non siano funzionali alla sopraffazione su altri popoli o categorie residenti nei margini della società. Dobbiamo riappropriarci di saperi che siano in grado di mettere a severa critica la concezione mercificata delle conoscenze trasmesse negli ambiti universitari. Delle forme di conoscenze che diano vita a processi di auto-produzione e auto-organizzazione di saperi mai sussumibili perché sempre vivi e immediatamente politici. I nostri quartieri universitari devono diventare i luoghi in cui il soggetto giovanile si riappropria della cultura: producendola e fruendone liberamente.
Sentiamo la necessità di sottrarci all’intruppamento delle nostre capacità imposto dall’Università, ci siamo resə conto che questo è uno dei punti nevralgici della guerra. Ricerche, accorgimenti e analisi che abbiamo condiviso tra studentə ci hanno resituito dei dati che non mentono: i nostri atenei, i nostri saperi, sono legati indissolubilmente alla guerra e alla militarizzazione tramite numerosi mezzi, a partire dai progetti condivisi con aziende belliche fino ad arrivare a territori ceduti dalle università ai militari per praticare i loro obiettivi guerrafondai indisturbati. Il genocidio del popolo palestinese ha acuito questa contraddizione, mostrando come le nostre Università, che continuano a proclamarsi luoghi di pace e di sapere neutrale, sono legate a doppio filo con le aziende e le istituzioni che espropriano le terre palestinesi e ne massacrano la popolazione.
È diventato imprescindibile per chiunque, ormai, pensare a una nuova Università che sia nostra e non della guerra, che rispecchi i nostri interessi e non quelli di chi sta al potere.
Vogliamo bloccare la guerra e le università e vogliamo farlo in modo capillare e continuativo, facendoci forza a vicenda: è l’unità di intenti che ci permetterà di vincere una lotta che non sarà breve.
Quello che vogliamo ottenere nei prossimi mesi è una sinergia di azione che ci permetta di sabotare totalmente la macchina della guerra nelle nostre università e fuori.
Riteniamo che l’unione, il confronto e la condivisione di saperi e di pratiche fra di noi siano gli strumenti principali per riuscire a ottenere il nostro obiettivo, perché la guerra o si ferma insieme o non si ferma.
Ci rivediamo presto: è guerra alla guerra!
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