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Sgomberi e rapimenti: il nuovo A.A. è appena cominciato!

Da due giorni stiamo tenendo il fiato sospeso pensando alla sorte di Photinia, l’albero della libertà e della solidarietà di Piazza Verdi, che domenica I settembre è stato rapito dalla sua graziosa aiuola della quale non rimangono tracce. Quello che sappiamo è che i mandanti sono al sicuro protetti dalle leggi che essi stessi hanno creato e con le quali il 27 maggio scorso hanno provato a sgomberare un’assemblea pubblica e partecipata nel cuore della zona universitaria venendo con tenacia respinti.

Sono protetti da una politica dei partiti che ha ormai svenduto l’università e i territori alle nuove logiche di profitto che muovendosi nel solco della crisi non fanno altro che erodere sempre di più diritti e spazi di libertà lasciandoci con sempre meno reddito in tasca e col ricatto della precarietà a vita. In questo quadro al posto degli investimenti in servizi e meccanismi assistenziali assistiamo all’abbandono della politica welfaristica delegando alla repressione poliziesca la risoluzione dei problemi sociali. Questo è molto evidente anche nel caso di Piazza Verdi dove politiche scellerate che hanno annullato gli investimenti nel campo della cultura e della socialità ora vogliono desertificare quella parte di città – la zona universitaria – dove il sapere, la cultura e il confronto provano a sopravvivere fuori dagli steccati inaccessibili della mercificazione dell’arte e della conoscenza.

Dentro questi margini dell’università fatti di spazi urbani attraversati maggiormente di facoltà sempre più fabbrichizzate – tra corsi obbligatori, test d’ingresso e numeri chiusi – e di vecchi istituti del diritto allo studio abbandonati dagli investimenti pubblici come case dello studente, librerie e biblioteche troviamo una composizione giovanile che vivendo una condizione ormai totalizzante di precarietà è, coi suoi comportamenti antagonistici e illegali, il soggetto in formazione che negli ultimi mesi abbiamo visto affacciarsi negli scampoli di lotte universitarie che si sono prodotti in Italia e che su livelli differenti ha messo in discussione alcuni assetti di potere. Che per noi rimane sempre una questione decisiva, se non La questione.

Per questo il rapimento di Photinia non può che essere messo in relazione al nuovo sgombero dell’Ex-cuem di Milano, realtà di lotta sorta dentro un margine dell’università in dismissione (una ex-libreria). Anche in questo caso il tentativo di blitzkrieg, di rimozione chirurgica del problema attuato dal rettore-sceriffo Vago mentre l’università era chiusa segnala la debolezza con cui queste scelte vengono attuate e le potenziali pericolose conflittualità che simili percorsi politici possono costituire per le governance dei nostri atenei.

Ma come ci segnala anche il caso della residenza universitaria Verdi15 di Torino (ora addirittura presente con due occupazioni), della resistenza vittoriosa allo sgombero dello studentato occupato Degage di Roma o quello assurdo di Urbino (dove in maniera vigliacca, nel febbraio 2012, la “storica” aula occupata C1 venne sgomberata ad ateneo chiuso durante l’emergenza neve che vedeva impegnati in prima fila, pale alla mano, gli occupanti per le strade della città), queste esperienze non si cancellano e anzi possono rilanciare i percorsi di lotta verso nuovi obiettivi e momenti di conflittualità.

E in Val Susa dal campeggio universitario dal quale siamo appena tornati abbiamo parlato proprio di questo. Di come rilanciare la conflittualità dentro/contro l’università in questo nuovo anno accademico che si apre con la notizia dei soldi prelevati del MIUR per finanziare l’acquisto di nuovi armamenti militari e della service-tax che tra le altre cose vedrà un aumento generalizzato dell’affitto per gli studenti fuorisede.

tratto da Univ-Aut

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