25 novembre: Ci vogliamo vive, non è una richiesta. È una promessa di lotta
Nella giornata giornata internazionale contro la violenza sulle donne in moltissime città d’Italia ci saranno presidi, flashmob, cortei, passeggiate transfemministe e azioni dislocate di denuncia e contro-narrazione dei femminicidi e trans*cidi. Inoltre sarà reso pubblico l’Osservatorio nazionale su femminicidi e transcidi a cura di Non una di meno nazionale, un lavoro di monitoraggio dei femminicidi e di tutte le forme di violenza di genere.
Questa notte è stato serrato il cancello dell’Ordine dei giornalisti a Torino, un’iniziativa organizzata da Non Una Di Meno per dire forte e chiaro che un giorno in cui, a livello istituzionale e mediatico, ci si ridipinge di rosa non vale la vita delle donne uccise ogni ora. Attraverso la narrazione dei femminicidi che viene fatta dai giornali le testate nazionali si schierano dalla parte dei violenti, degli stupratori e di chi agisce riproducendo la violenza patriarcale.
Un grave problema riguarda i dati che si posseggono, come vengono “calcolati”, quale tipo di violenza e contro chi viene riconosciuta come femminicidio o meno. Contiamo dall’inizio dell’anno più di 100 femminicidi, in questi ad esempio non rientrano gli assassini delle sex workers, non perchè non vi siano. Secondo uno studio americano, la maggior parte delle volte sono i clienti ad effettuare un femminicidio di una prostituta, secondo la categorizzazione ufficiale vengono definiti come “rischi occupazionali”, non vengono riconosciuti come femminicidi e vengono raccolti soltanto dalla cronaca nera.
Proprio per questi motivi Non Una di Meno nazionale ha cominciato a lavorare su un Osservatorio sui dati dei femminicidi, è sempre più difficile reperire le informazioni, la loro narrazione è relegata alle pagine dei giornali locali e soprattutto perchè gli unici femminicidi ad essere registrati sono quelli che emergono tramite denuncia. L’osservatorio è un tentativo collettivo che vuole comprendere ed evidenziare tutte le forme di violenza di genere, facendo forza sulla possibilità di un monitoraggio costante e ampio sui territori grazie alle centinaia di nodi presenti in tutta Italia. In questi giorni sui giornali viene dato largo spazio alle contromisure isituzionali per “eliminare” la violenza sulle donne. La ministra Lamorgese si batte per l’inasprimento delle pene per chi commette violenza contro le donne mentre le allocazioni per i centri antiviolenza e per le case rifugio vengono tagliate. È chiaro come un approccio punitivo non possa essere la soluzione, le risorse dovrebbero essere date alle case di accoglienza, alle scuole per la formazione antisessista, per il reddito, per una sanità adeguata alle esigenze di salute di tutte.
La violenza economica è un tema fondamentale oggi nella lotta ai femminicidi, al centro delle lotte vi sono le lotte sui posti di lavoro, per le condizioni lavorative ancor più peggiorate durante la pandemia, per il riconoscimento del lavoro di cura. L’obiettivo deve essere un reddito di dignità per l’autodeterminazione di ogni persona, un’istanza ben diversa dai 400 euro in un anno del reddito di libertà con cui si colorano di rosa le passerelle elettorali.
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