Anche la piazza modenese rifiuta l’omofobia
Le prime contestazioni sono arrivate spontaneamente dalla folla, subito richiamando l’intervento della Digos che aveva l’obiettivo di tacitare la piazza. Ma l’intervento di un gruppo di militanti del Guernica, dell’Ex Deposito Carcerario e del Laboratorio Universitario Modensese, organizzati nella Rete cittadina contro l’omofobia, ha ribaltato gli equilibri in piazza. È iniziato un volantinaggio massiccio e capillare nella via di fronte alla piazza occupata dalle sentinelle: i militanti sono riusciti a organizzare e dare continuità a una rabbia diffusa e condivisa.
Dopo un’ora di presidio si sono aggregate circa settanta persone: i cori e gli slogan hanno pesantemente segnato lo svolgimento della iniziativa e il posizionamento delle compagne e dei compagni ha monopolizzato l’attenzione dei passanti, letteralmente annullando ogni possibilità comunicativa delle sentinelle.
Oggi a Modena il silenzio dell’omofobia non è passato.
Di seguito il volantino diffuso durante la giornata.
L’OMOFOBIA NON È LIBERTÀ DI ESPRESSIONE
La “famiglia naturale” non esiste: la diversità culturale ci dimostra ogni giorno molteplici modi e forme di vivere l’intimità, l’amore la famiglia. L’identità di genere non è un fatto naturale ma culturalmente costruito e ognuno deve avere il diritto di costruirsela come vuole. Da tempo in Italia è in corso un’offensiva contro questo diritto. Le frange più reazionarie dell’estremismo confessionale costituiscono ormai una lobby in grado di fare pressione sulle scuole, nei servizi pubblici, negli ospedali.
Nella nostra regione il 52,4% dei ginecologi si rifiuta di praticare l’aborto: è la conseguenza della situazione disastrosa dei consultori pubblici affossati dai tagli, dell’apertura al “terzo settore” confessionale e antiabortista nei presidi ospedalieri, del peso crescente che nei sistemi sanitari assumono le cordate di potere religioso-imprenditoriali. Nel frattempo, soprattutto tra gli strati più precari della popolazione, torna a prosperare il mercato degli aborti farmacologici “clandestini”, stimati in ottantamila all’anno nelle ultime rilevazioni nazionali.
Oggi le “sentinelle in piedi” sono in piazza in molte città lamentandosi di essere “senza voce”: non sarebbero liberi di promuovere la propria idea di famiglia e maternità.
Eppure sono gli stessi che ricevono finanziamenti pubblici per le scuole private confessionali, che si accaparrano appetitosi appalti per la gestione dei consultori familiari e delle comunità socio-educative, che prosperano sulla distruzione del welfare e sul mercato di cliniche private ed enti caritatevoli. Sono i “volontari” della comunità “Papa Giovanni XXIII”, già noti per i presidi svolti di fronte al Policlinico nei giorni in cui si eseguono le interruzioni volontarie di gravidanza; i Medici Cattolici Italiani che promuovono l’intolleranza verso ogni forma di sessualità non rigidamente codificata nel modello della famiglia tradizionale; le associazioni di giuristi e genitori che ostacolano la presa di posizione contro l’omofobia nelle scuole, impedendo agli e alle attivisti/e lgbt di parlare di discriminazione nelle assemblee studentesche, spalleggiati dai politici che invece di tutelare l’interruzione volontaria di gravidanza offrono il ricatto del fondo per il “sostegno alle maternità difficili”, ma quotidianamente lasciano che decine di famiglie vengano sfrattate, divise e umiliate, i gestori delle viarie “Misericordie”, che spacciano per assistenza caritatevole la gestione disumana dei CIE.
Dicono di essere “senza voce” mentre toccano le leve di comando della città.
RETE CITTADINA CONTRO L’OMOFOBIA
MODENA
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