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Contestazione agli Stati Generali della natalità: non siamo macchine per la riproduzione, ma corpi in lotta per la rivoluzione.

Questa mattina la Ministra Eugenia Roccella è stata contestata da un nutrito gruppo di studentesse e di studenti delle scuole superiori provenienti da tutta Italia e da differenti collettivi. La ministra si è allontanata dal palco parlando di “censura” nei suoi confronti. La giornata è proseguita con un’assemblea nazionale dal titolo “Un altro genere di educazione”.

Di seguito riportiamo il comunicato del collettivo Spine nel Fianco di Catania.

Questa mattina a Roma – in occasione dei due giorni di convegni degli Stati Generali della Natalità a cui sono stati invitati ministri come Valditara, Roccella, Salvini e Tajani – in centinaia abbiamo organizzato una contestazione all’interno dell’Auditorium della Conciliazione.

Quando la Ministra per la Famiglia, per la Natalità e per le Pari Opportunità Roccella ha iniziato a parlare abbiamo alzato dei fogli con scritto “Sul mio corpo decido io”. Una studentessa è stata fatta salire sul palco per spiegare i motivi di questa manifestazione, nonostante sia stata interrotta più volte: «Il ministro Valditara convoca il convegno degli Stati Generali della natalità invitando alla partecipazione tutt3 l3 student3 della regione:
“I figli sono un dono, ma rappresentano anche sa capitale amano, sociale e lavorativo. Essi sono il bene più importante che ogni generazione produce e che lascia in eredità al mondo che verrà.” Questo slogan, a partire dal quale verrà inaugurata la conferenza, indica chiaramente la linea politica che il governo intende perpetuare. Se le parole d’ordine dei cortei quest’anno sono state educazione sessuoffettiva e al consenso a carattere transfemminista, I’unico responso ricevuto sembra essere: “per voi, su di voi, scegliamo noi”. Questo stesso convegno è convocato, dopo mesi di silenzio, come unica risposta ad un intero anno di lotte, di richieste portate nei nostri istitati e di fronte al Ministero con l’obiettivo di ottenere un nuovo genere di scuola e di educazione, eppure mostra una linea politica chiara: indebolire le nostre possibilità di decidere sui nostri corpi.
Il mondo economico, sociale e lavorativo in cui viviamo è bipartito tra una funzione produttiva maschile, ed una ri-produttiva, propria del genere femminile.

Se la prima funzione è di comando e detiene un ‘importante considerazione (poiché genera profitto), la seconda, è legata al mondo dell’educazione, della cura, del mantenimento, e non è riconosciuta come altrettanto rilevante, in quanto impegno sociale non capitalizzabile. In una società che vede nel corpo femminile una macchina da regolare rigidamente e su cui speculare, la maternità diviene l’unico obiettivo di vita da auspicare, una maternità che però è svuotata del suo valore affettivo, in quanto è strumento di produzione di un nuovo capitale umano per l’alimentazione del sistema capitalistico.
Contemporaneamente, è assente un effettivo supporto nel fornire i mezzi necessari per la costruzione del gruppo-famiglia, ma non solo: è proprio questo il contesto che vede una messa in discussione della possibilità di scelta in merito a tale costruzione.

Il diritto all’aborto è oggi in Italia sempre più a rischio, minato da continue proposte legislative restrittive, quali l’estensione dei tempi di attesa obbligatori, o l’introduzione di clausole di coscienza degli oneratori sanitari. Intanto sono minacciati anche consultori e luoghi di prevenzione, attraverso continue chiusure e l’inserimento di personale proveniente da realtà antiabortiste. Inoltre, l’unico modello di famiglia considerato accettabile è esclusivamente quello della famiglia tradizionale eteronormata e cispatriarcale E di fronte a questa politica di violenza che dobbiamo rispondere, decostruendo un modello rigido di famiglia tradizionale eteronormata e cispatriarcale e costruendo insieme un percorso di pedagogia transfemminista all’interno delle scuole e degli istituti di formazione Questo tipo di educazione non viene infatti garantito dal sistema scolastico, guidato da un Ministero che promuove un sapere patriarcale, e che presenta proposte sul tema che non sono in alcun modo indirizzate a prevenire le violenze ma a riprodurre questi schemi di potere. Ad oggi non è sufficiente offrire supporto contro le violenze, ma è necessario prendere in considerazione ogni discriminazione e sradicare dalle fondamenta una società violenta e dominata da rapporti di forza, decostruendone gli spazi, a partire da quelli scolastici, per permetteme un attraversamento libero e sicuro a tutta le soggettività.

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