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Donna, vita, libertà

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Una lettera da Kobane indirizzata all’assemblea nazionale di Non una di meno e letta in apertura della plenaria conclusiva di domenica.

Ciao a tutte e tutti,
Sono Martina di Non una di Meno Pisa, vi scrivo queste righe dalla città di Kobane, in Rojava, Federazione della Siria del Nord, simbolo della vittoria contro la violenza fascista e patriarcale dell’ISIS portata avanti in prima linea dalle donne. Nelle settimane che sto vivendo qui ho visto, parlato e toccano con mano la profondità della rivoluzione delle donne. Molto spesso la vediamo solo come delle combattenti, è già un’enormità ma c’è molto di più. È la prima rivoluzione che grazie al lavoro di decenni parte dalla centralità del ruolo delle donne nella società, nella politica e nella lotta. Le Comuni organizzano la gestione dei conflitti nei quartieri e nei villaggi, la formazione continua contro la violenza patriarcale e capitalista insita nelle istituzioni di uno stato, le giovani donne creano arte contro i matrimoni delle ragazze minorenni e le violenze domestiche, le Mala Jin (casa delle donne) che sono le prime ad aprire nei territori appena sottratti alla devastazioni dell’ISIS, il comitato della Jineoloji (scienza delle donne) sviluppa e approfondisce la ricostruzione di un sapere che sappia liberarsi dall’oppressione millenaria del patriarcato, il Jin War (villaggio delle donne) quasi completato in cui donne di tutte le età troveranno un luogo libero da cui poter ripartire conquistando autonomia dalla famiglia e dai matrimoni non voluti. Questo è possibile perché migliaia di donne, madri, nonne, bambine ogni giorno mettono in gioco la loro vita e cambiano per cambiare la realtà che hanno intorno. Questo è possibile perché la liberazione della donne è garanzia della liberazione della società tutta. Ogni goccia si unisce in un torrente che travolge gli argini. Ho raccontato di noi, del difficile lavoro che facciamo e vogliamo continuare a fare contro le istituzioni e la società in cui viviamo, dell’importanza che ha avuto vedere la loro determinazione e sacrificio. È normale rispondono, questa è la nostra vita e vogliamo che sia diversa per noi e le nostre figlie. Ci invitano e non demordere e a non aver paura degli scogli che incontreremo, perché sta a noi scoperchiare il vaso più dimenticato della storia.

Tutte le donne che ho incontrato mandano un saluto e un augurio di lotta,  la rivoluzione che vogliamo è la stessa.

Jin, jiyan, azadi.
Donna, vita, libertà.

 

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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