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Lettera a Eddi

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Una lettera delle compagne di Eddi in seguito alla sua decisione di unirsi alle Ypj, le Unità di Difesa delle Donne nella Federazione della Siria del Nord. Qui le parole con cui Eddi ha scelto di comunicare la sua decisione.

Cara Eddi,
dopo aver letto la lettera bella e forte che hai mandato, abbiamo sentito l’esigenza di scriverti da qui, da quella che è la tua città e una delle tue tante case, per accorciare la distanza che ci separa.
Siamo le tue compagne, quelle con cui hai condiviso tante battaglie: dalle lotte in università, a quelle del movimento NoTav in Val Susa, passando per quelle quotidiane nelle strade dei nostri quartieri. Nelle nostre lotte, nei momenti di festa e in quelli di tristezza, abbiamo imparato a conoscerti come una compagna e una amica generosa, sempre al fianco di chi resiste; non ci siamo quindi stupite quando abbiamo saputo della tua decisione di fermarti in Rojava al fianco delle YPJ.

Quello che volevamo dirti è però che nulla più del tuo gesto ha permesso anche a noi tutte di sentirci più vicine a questa rivoluzione, che alle volte può sembrare invece troppo lontana. La tua scelta ha reso ancora più evidente che questa lotta ci coinvolge direttamente e ci riguarda, tutte e tutti.
Con coraggio hai deciso di unirti a quelle compagne che stanno combattendo contro quelli che sono anche i nostri nemici e di tutte le donne. Con generosità ti sei fermata al fianco di chi sta scegliendo una vita libera contro le mille forme della violenza che assume l’oppressione dell’uomo sulla donna e dell’uomo sull’uomo. Tanti e diversi sono i suoi volti, ma sappiamo che lì chi ha tentato di colpire l’autonomia e la libertà della donna, come le milizie di Daesh hanno fatto in questi anni, è stato ormai quasi ovunque sconfitto grazie alla determinazione di un movimento organizzato come quello curdo, che ha imparato a riconoscere nelle donne il cuore della sua forza, facendone la sua avanguardia.

Sappiamo però anche che lo scontro non finisce qui. Regimi fascisti come quello turco, il regime siriano, le potenze imperialiste e neocolonialiste che occupano il Medioriente continuano a minacciare, e ora più che mai, il progetto rivoluzionario della confederazione della Siria del Nord. E’ in fatti in quesi luoghi che ogni giorno si lavora nella direzione di costruire un modello di società opposto a quello che queste potenze riproducono, lavorando concretamente per costruire una società che possa autodeterminarsi e autodifendersi, una società libera.
Sei rimasta a difendere questa speranza, che più che mai sentiamo anche nostra. C’è infatti una violenza meno esplicita, meno diretta e alle volte meno riconoscibile da sconfiggere: la violenza propria del sistema capitalista e patriarcale, una violenza strutturale, istituzionalizzata, stratificata, di cui sono espressione il regime di Erdogan tanto quanto i governi europei.
Combattere con il movimento delle donne curde vuol dire combattere contro questo sistema e questa violenza, che sebbene con volti diversi è la stessa in Medioriente come in Occidente e ovunque è costruita e resa possibile dal nostro sfruttamento.

Nei nostri percorsi quotidiani riconosciamo lo stesso nemico nascondersi dietro una violenza gestita come “emergenza”, celarsi dietro il velo di una formale “parità di genere” che dovrebbe segnare la “democrazia” della nostra governance o dietro alla stigmate della vergogna e alla relegazione nel vittimismo con cui si spingono le donne a non reagire alla violenza subita, come fosse sempre una questione privata e mai una problema da affrontare collettivamente.
Al contrario, la voglia di riscatto, la fiducia in noi stesse e nelle relazioni che tra noi costruiamo e la capacità di organizzarci nella lotta sono le armi con le quali vogliamo combattere queste battaglie, le stesse che stai imparando ad affilare insieme alle donne dello YPJ.
Per questo vi siamo vicine e le vostre vittorie saranno anche le nostre.

Sono passati pochi giorni dalla tua lettera e i giornali hanno già scritto di te in articoli superficiale, pieni di inesattezze, che non dicono una sola parola sul contesto in cui ti trovi. La guerra di autodifesa delle donne nella Siria del Nord è infatti stata spesso accolta in questa parte di mondo o dal silenzio dei media mainstream o da una narrazione centrata sulla curiosità verso l’esotico piacere di poter parlare di “bellissime donne con in mano il kalashnikov”; sta a noi imporre una narrazione differente.

Di fronte alla tua decisione personale, sentiamo però che questa è anche – e soprattutto – una scelta di responsabilità che ha tanto di universale: le YPJ e il movimento delle donne curde, e tu con loro, combattono per liberare noi tutte. Pur nella sofferenza della guerra ci stanno mostrando e insegnando, nella pratica, come trasformano sé stesse per trasformare ciò che le circonda.
Cara Eddi, non siamo mai state così lontane e al contempo non siamo mai state così vicine e sentiamo che il tuo coraggio ci dà nuova forza.
Supporteremo da qui la tua decisione in ogni modo e proveremo a spiegare a tutti, e soprattutto a tutte le donne che incontriamo e che conosciamo, perché un ragazza italiana ha deciso di andare in Siria per restare al fianco delle YPJ, e quanto il perché di questa scelta abbia a che fare con il nostro intimo e con il nostro quotidiano.
Il modo migliore per starti vicino e intrecciare le nostre strade sarà, come sempre, la lotta, ora più che mai: serkeftin yan serkeftin.

Vittoria o vittoria!

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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