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Non riaprite quel Cie

“Mancati interventi strutturali di natura idraulica, muraria, elettrica e igienico-sanitaria” si legge nel rapporto Ausl e significa che chi stava nel Cie era senza riscaldamento, con le finestre rotte che non vengono riparate e quando deve andare in bagno deve immergere camminare in una fogna a cielo aperto. A questo vanno aggiunti 4 casi di sospetta scabbia e la la mancata consegna regolare di indumenti, biancheria e prodotti per l’igiene da parte del nuovo ente gestore, il consorzio Oasi.
Di fronte a questo inferno il 2 marzo due internati hanno messo in atto l’ultima di una serie di proteste ed atti di autolesionismo che hanno contrassegnato il centro di via Mattei nei suoi 11 anni di vita: si sono cuciti le labbra con del filo per iniziare un estremo sciopero della fame. Un uomo e una donna, che non si conoscono, che erano detenuti in zone separate del Cie, ma che contemporaneamente prendono la stesa decisione perché, dicono chiaramente “Qui non ci dovrei stare”. Lei è malata e al Cie non ha l’adeguata assistenza, lui è finito al Cie dopo la detenzione in carcere, un supplemento di pena per il fatto di essere in terra straniera. Entrambi sono stati trasferiti, insieme a tutti gli altri detenuti, per lasciare vuoto il Cie di bologna.

Bastano 150mila euro per mettere a nuovo il Cie? La risposta, lampante, è no.
La cifra è esigua se confrontata con i 775mila euro stanziati nel 2006. Il 6 ottobre di quell’anno la Commissione di inchiesta e monitoraggio dei CPT italiani, istituita dal Ministero dell’Interno e presieduta da Stephan De Mistura, aveva visitato l’ex Caserma Chiarini e, nel rapporto che ne è scaturito, il CPT veniva “bocciato” perché risultava essere “il più invivibile d’Italia”. La motivazione, in quel caso era la presenza di “troppe sbarre” che rendevano il luogo claustrofobico: allora le sbarre del centro coprivano il cielo anche degli spazi aperti, con effetto “pollo in batteria”.
I 150mila euro non andranno inoltre ad intaccare la nuova gestione del centro: il consorzio Oasi è subentrato a fine 2012 alla Misericordia di Giovanardi con una gara al massimo ribasso: 28 euro per ogni detenuto, contro i 72 della vecchia gestione, e i 115 circa del carcere. Un taglio che colpisce direttamente la vita quotidiana dei migranti a cui non vengono consegnate coperte, biancheria intima, prodotti per la pulizia e che consegna le loro vite alla costrizione del nulla. Non ci sono attività all’interno del Cie, di nessun tipo, e per affrontare i mesi di attesa inutile molti migranti finiscono per diventare dipendenti dagli psicofarmaci. Finestre riparate e autospurghi per i bagni non miglioreranno la vita di chi, se dovesse riaprire il cie, per 18 mesi è costretto a dormire su letti di muratura, con lenzuola ignifughe con la certezza, poi, della deportazione o del foglio di via.

Dopo l’assegnazione dell’appalto in via provvisoria da parte del provveditorato alle opere pubbliche oggi, lunedì 11 marzo, nel Cie di Bologna dovrebbe partire il cantiere. La speranza di molti sta tutta nelle parole della garante regionale dei detenuti Desi Bruno: “I tempi potrebbero allungarsi” e “mai occasione come questa per chiudere definitivamente questa fallimentare gestione dell’immmigrazione”.

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