Oltre la denuncia: considerazioni sul “risarcimento” agli stupri delle donne congolesi.
La notizia di qualche settimana fa rispetto alle donne abusate sessualmente in Congo nel quadro di un intervento dell’OMS per la battaglia contro l’ebola e il conseguente risarcimento di 250 dollari ciascuna ha rotto una serie di tabu sui quali abbiamo voluto approfondire insieme a Simona Taliani, docente dell’università di Torino del dipartimento Culture, Politiche e Società.
Gli elementi del ragionamento qui proposto sono molto interessanti proprio perché vanno nella direzione di una visione complessiva dei rapporti di potere, delle dinamiche colonialiste a livello macro e micro, delle contraddizioni che questa vicenda porta in sé sul tema della cooperazione internazionale. La docente sottolinea inoltre, una sottile strumentalizzazione dei media che hanno dato visibilità a questa vicenda proprio nel momento in cui organizzazioni internazionali come l’ONU sono state le uniche che, timidamente, si sono esposte per un cessate il fuoco in merito alla guerra a Gaza.
I temi toccati sono molti, Simona Taliani si sofferma sul ruolo delle organizzazioni internazionali all’interno del sistema di dominio e sulla violenza endemica e sistemica di questi organi. L’integrazione dei più vulnerabili oggi passa attraverso una loro corruzione dentro al sistema, dunque la lettura di questi gravissimi fatti necessita di uno sguardo trasversale che interseca la questione di genere con le dinamiche sociali e materiali.
Il tema del ruolo delle donne nella narrazione di queste violenze è centrale, infatti, l’assunzione di un punto di vista che non schiacci le donne nella posizione della vittima passa, necessariamente, dal mettere in luce le contraddizioni dell’aspirazione all’integrarsi in un sistema che sembra migliore da quello da cui si proviene. Ciò implica, per le donne che decidono di intraprendere un certo percorso, correre un rischio e al tempo stesso sfruttare il potere dell’altro per entrare negli interstizi di un sistema marcio con l’obiettivo di trovare una via di fuga. Seguendo questo ragionamento è possibile restituire l’idea della pluralità e della complessità che caratterizzano queste donne, donne che fuoriescono dalla categoria vittimizzante in cui il sistema stesso le vorrebbe relegare.
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