Presidio per Atika
Oggi 23 settembre si è svolto di fronte il tribunale di giustizia istituzionale di Bologna il presidio in solidarietà ad Atika, donna, lavoratrice e compagna del SI Cobas, uccisa un anno fa dalla violenza brutale del suo compagno. Una violenza che Atika aveva più volte denunciato a chi, sulla carta perlomeno, avrebbe dovuto difenderla. Le sue urla sono rimaste inascoltate e ora a dover sostenere questo dolore ci sono le figlie, la famiglia e la comunità politica di cui Atika faceva parte.
Ci uniamo al dolore e alla rabbia e chiediamo verità e giustizia per questo femminicidio frutto del patriarcato e della violenza sistemica che questo protrae dentro e fuori le mura domestiche. Atika lo sapeva, aveva consapevolezza del suo essere donna e lavoratrice, sfruttata sul luogo di lavoro perché il suo genere di appartenenza significa, per lei e per tante , un salario più basso e condizioni lavorative poco dignitose. Atika era cosciente che il lavoro produttivo non era l’unico a sfruttare il corpo delle donne e che la libertà le era privata da un sistema che considera il lavoro di cura un momento saliente delle nostre vite di donne per potersi rinsaldare e per poter creare un divario più ampio tra i generi. Atika era consapevole che essere una donna che lotta significa autodeterminarsi e non cedere al ricatto economico di scegliere tra un lavoro di cura e un lavoro salariati, dentro ad un magazzino. Siamo di fronte al tribunale non perché pensiamo che la giustizia si proclami e si esaurisca dentro le aule istituzionali ma perché esigiamo e pretendiamo che il patriarcato venga condannato con la stessa forza e convinzione che in primis come donne autodeterminate, unite da una lotta e uno sguardo comune, possiamo esprimere.
Oltre queste squallide mura ci sono corpi che si ribellano alla violenza sistemica, con la certezza che solo organizzando la nostra rabbia possiamo chiedere giustizia per Atika e per tutte quelle donne che non hanno più voce.
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