Rivolta dei migranti nel Cie di Cona. Operatori costretti a barricarsi negli uffici
La protesta era scoppiata già nel primo pomeriggio per la morte di una giovane donna ivoriana, trovata senza vita in bagno. Le cause del decesso sono dovute, secondo i medici che hanno eseguito l’autopsia, ad una trombosi polmonare. I migranti denunciano che i soccorsi sono arrivati in estremo ritardo all’interno dell’ex base missilistica, fattore che ha scatenato la rivolta bruciando mobili e suppellettili. Ignorando totalmernte le proteste dei migranti e avvisando subito le forze dell’ordine, i 25 operatori, solo intorno alle due di notte, lasciano la struttura.
Altre proteste a Verona dove un gruppo di richiedenti asilo hanno bloccato la circolazione rovesciando cassonetti per denunciare le pessime condizioni dell’ostello in cui vivono.
Le rivolte scoppiate in queste ultime ore, ci parlano ormai di condizioni inaccettabili all’interno delle prigioni chiamate Cie o Cara che siano. Forme di rifiuto radicali da parte dei migranti che non accettano più di vivere in condizioni estremamente disagiate, dove un malore si può trasformare in qualcosa di molto più grave perché mancano le medicine, dove le condizioni igieniche sono carenti e il cibo scarseggia.
Grazie alla rivolta di Cona è emersa la realtà dei fatti di quello che prima veniva definito dall’amministrazione albergo a 5 stelle, ma non solo. La dura protesta dei migranti è riuscita a mettere in difficoltà le politiche securitarie e xenofobe del nuovo governo Gentiloni che vorrebbe un Cie per ogni regione e che oggi le perplessità di alcuni esponenti politici, mettono in discussione. Certo niente di rivoluzionario, semplicemente invece dei Cie si invocano più espulsioni come da sempre sostenuto dal manovratore di ruspe Salvini che ancora ieri dava fiato alle trombe sulla solita propaganda becera della Lega, chiusura dei Cie ed espulsioni di massa.
Ma a parte le uscite di Salvini, il dato da rilevare è che le rivolte dei migranti mettono in difficoltà le scellerate politiche di controllo che vorrebbero più carceri sul territorio nazionale.
Ad oggi i Cie rimasti attivi, che grazie alle rivolte sono stati ridimensionati notevolmente per posti disponibili, sono quelli di Torino, Roma, Brindisi e Bari (quest’ultimo chiuso da mesi dopo l’ultimo incendio).
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