#Spagna: tra repressione delle lotte e criminalizzazione dell’aborto!
In Spagna si è discussa ed è stata votata alla camera una legge con vari divieti relativi pubbliche manifestazioni e soprattutto quello di pubblicazione di immagini in cui sono immortalati abusi della polizia. La legge, giusto per capire il terreno autoritario che la ispira, colpisce anche la prostituzione, ovvero applica quelle stesse due o tre regole che i nostri sindaci mettono nero su bianco nelle ordinanze pro/decoro per mandare nelle periferie buie le prostitute. La repressione legislativa è pensata anche contro la Pah, che è la piattaforma delle vittime dell’ipoteca (plataforma dels afectats per la hipoteca) un gruppo che va a criticare il sistema bancario che ha dato ipoteche e poi ha ridotto in rovina molte famiglie. Utilizzano gli Escrache, tecnica che consiste nell’andare in massa e urlare, svergognare, indicare, il bancario, direttore, politico di turno, generando cosí pressioni perchè tutti sappiano cosa fa, almeno nel suo ambiente di lavoro o nel suo quartiere.
Nel decreto, ancora, il divieto per il botellon (bere alcool per strada) e altre cose. In pratica si sostituisce una legge del 1992, prevedendo molte pene minori (con sanzioni da 1000 a 30000 euri) e tante maggiori (da 30000 a 600000). Diventa reato anche andare a una manifestazione con una maschera e con un cappuccio, perchè rende difficile la identificazione.
La legge per la sicurezza privatizza perfino la vigilanza che potrà effettuare perquisizioni e arresti. Giusto per contestualizzare, ancora, vi dico che in Spagna è stata chiusa di recente una tv pubblica con sgombero forzato dei lavoratori che avevano deciso di adottarla in autogestione.
Tra tanta repressione di strada e delegittimazione delle lotte non poteva mancare anche un regresso sul fronte legislativo che riguarda i corpi delle donne. Da un po’ si ridiscute di criminalizzazione dell’aborto e infine, nonostante le lotte di tant* nelle piazze, cui si risponde ancora con la repressione, hanno deciso di votare una legge che rende l’aborto illegale salvo in caso di stupro e quando la donna è a grave rischio di salute “fisica o psichica”. Si torna dunque all’epoca dell’aborto clandestino con tutte le conseguenze che ciò comporta.
Dopo il voto europeo sulle stesse faccende direi che si definisce bene quale sia la tendenza. Anche in Italia non si respira una grande aria. No contraccezione d’emergenza. No educazione sessuale. Niente prevenzione. Piuttosto la pretesa di criminalizzazione dell’aborto. E non è forse questa la conseguenza quando si ritiene che il corpo delle donne, il nostro, il mio corpo, consegnato alla tutela, sia corpo di Stato?
Ecco dunque in sintesi cosa dice la proposta di “Legge organica per la protezione della vita del concepito e dei diritti della donna incinta” firmata dal ministro della giustizia:
“Al contrario della legge del 2010 che permetteva l’aborto senza restrizioni entro la quattordicesima settimana di gestazione, il nuovo provvedimento permette l’interruzione volontaria della gravidanza solo in due casi: quando la donna è rimasta incinta in seguito a uno stupro, oppure quando è a rischio la sua salute, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Neanche la presenza di gravi malformazioni fetali giustifica – secondo la legge – l’eventualità di interrompere la gravidanza, se non quando rappresentino una ‘pressione insopportabile’ per la madre psicologicamente parlando e quando mettano a rischio la vita del nascituro.
Per di più interrompere una gravidanza conseguenza di una violenza sessuale sarà possibile solo prima della dodicesima settimana di gestazione e solo se lo stupro è stato denunciato immediatamente dalla vittima. Anche in caso di malformazione grave del feto abortire sarà possibile solo prima della ventiduesima settimana e a decidere dovranno essere due medici esterni a quelli incaricati di eseguire l’eventuale aborto. Un vero e proprio calvario.
Dall’articolato delle legge, che di fatto cancella tutti i diritti acquisiti e riconosciuti nella legge del 2010, scompare del tutto il diritto di scelta della donna, e la possibilità di interrompere la gravidanza sarà appannaggio di due medici. (…)
In ogni caso la donna dovrà sottoporsi all’umiliante “processo di consenso informato, libero e validamente emesso”, che include la partecipazione dei genitori della donna nel caso in cui sia minorenne, e un periodo di ‘riflessione’ obbligatorio di 7 giorni (attualmente era di 3) dopo esser stata informata “dei suoi diritti, degli aiuti sociali ed economici disponibili e di tutti i rischi per la sua salute che l’aborto comporta”.
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