Lo sai che i papaveri son alti alti alti: il PM, l’avvocato, il carabiniere e il giornalista
“Tutti i nodi vengono al pettine” è un bel detto popolare che purtroppo, però, non è sempre vero. Spesso le magagne dei potenti e dei loro amici rimangono nascoste. Ogni tanto però può capitare che per troppa solerzia di chi controlla o per troppa sfacciataggine dei potenti qualche pezzo di verità venga fuori…
E’ il caso degli ultimi mesi, in cui continuano a susseguirsi sui giornali articoli con indiscrezioni rispetto ad indagini e intercettazioni che riguardano nomi che, nostro malgrado, conosciamo bene. E’ una specie di domino in cui le tessere sono gli alti papaveri del “braccio armato” del sistema TAV: carabinieri, finanzieri, avvocati, magistrati e giornalisti che si dimostrano quello che da tempo sapevamo, una vera e propria cricca in affari. La vicenda non riguarda la questione dell’alta velocità in Val Susa, ma i protagonisti sono gli stessi che per anni si sono lanciati in una vera e propria crociata contro il movimento No Tav.
Il fulcro di questa storia sembra essere, come da migliore tradizione, un azzeccagarbugli: Pierfranco Bertolino. L’avvocato scippa galline, grazie al suo giro di amicizie, tentava di orientare il destino dei processi in cui erano coinvolti i suoi clienti. Il suo contatto in procura era l’appuntato dei carabinieri Renato Dematteis in forza al Palagiustizia, fino a qualche mese fa collaboratore del PM con l’elmetto Padalino. Dematteis attraverso relazioni di ufficio tentava di far assegnare i fascicoli che interessavano allo stesso Padalino (violando il criterio di assegnazione) e consigliava alcuni imputati indirizzandoli verso l’ufficio dell’avvocato Bertolino. L’avvocato e il PM, come racconta lo stesso Dematteis in alcune intercettazioni, si incontravano in cene eleganti in locali di lusso, alla presenza di due altri discutibili personaggi: uno era Fabio Pettinicchio, brigadiere della Guardia di Finanza sospeso dal servizio perché riconosciuto colpevole di diversi reati legati a un giro di sfruttamento della prostituzione a Romagnano Sesia o Arona, l’altro era tale Filippo Cardillo, ex comandante della stazione dei carabinieri di San Salvario, condannato per abuso di ufficio e difeso anch’esso da Bertolino.
In una di queste cene Padalino, Bertolino e Pettinicchio “guardano” insieme il caso che coinvolge il finanziere e che sta per vedere l’apertura del processo di appello.
Dematteis è sconfortato dai rapporti del PM con i due ex tutori dell’ordine pubblico, come emerge dalle intercettazioni che riguardano le conversazioni con la moglie, forse perché ha paura che il giochino messo in piedi possa rompersi?
Bertolino è tra l’altro l’avvocato di parte civile dei sindacati di polizia nel processone No Tav. Gli stessi sindacati di polizia che sono culo e camicia con il ministro degli Interni Salvini e che si spendono continuamente nel richiedere maggiori politiche securitarie, lo sgombero dei centri sociali e altre amenità simili.
In ogni caso i guai con la legge di Padalino “il retto” non finiscono qui: infatti gli sono state fatte una serie di contestazioni disciplinari riguardanti un’indagine che seguiva, cioè quella del furto di due hard disk spariti dalla guardiola dell’ex carcere Le Nuove. In sostanza nonostante non avesse iscritto nel registro degli indagati i due carabinieri sospettati del fatto aveva proceduto con una serie di controlli e indagini ad ampio spettro nei loro confronti che lo avrebbero necessitato. Abituato a queste pratiche con i NO TAV probabilmente si sarà dimenticato quali sono le regole del mestiere!
Per il momento l’ultima tessera del domino è una nostra vecchissima conoscenza: Massimo Numa. Eh si, proprio il giornalista di La Stampa, la penna più infame di Torino, a quanto pare è un buon amico dell’avvocato Bertolino. Tanto che in un articolo sul Corriere viene riportata una affettuosa conversazione tra i due in cui Massimino consiglia all’avvocato di candidarsi. Bertolino non sembra convinto di mollare il suo mestiere così redditizio, ma si vanta comunque dei pacchetti di voti che avrebbe a disposizione in quanto presidente dell’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporti ammalati a Lourdes e Santuari internazionali). Almeno questo Bertolino è un bravo cristiano, si direbbe, ma qualche dubbio lo fa venire il fatto che in alcuni dei viaggi organizzati a Lourdes dallo stesso abbiano partecipato Domenico Macrì, figlio dello ‘ndranghetista Renato condannato per l’inchiesta Minotauro (ricordate la ndrangheta in Val Susa che aveva interessi sul TAV), e la moglie di Renato, Teresa Lupo.
Bertolino a quanto pare è così affezionato alla famiglia Macrì da provare a commissionare a Numa un’articolo sulla signora Lupo in cui la donna venga descritta come “la moglie di una persona condannata che viene a Lourdes e ha ritrovato la fede”.
Per quanto alcuni dei protagonisti della vicenda, come Numa e Padalino, non siano al momento iscritti nel registro degli indagati non si può far finta di non vedere ciò che è evidente: una consorteria di servitori dello stato a vario titolo che si scambiano favori, fanno affari insieme per il reciproco guadagno. Che questa cricca sia nata attorno alla vicenda del Tav o che si sia fondata altrove poco cambia. Il sistema delle grandi opere ha contribuito a procurare affari, fama e ascesa sociale a questi personaggi a scapito di chi ha difeso la Val di Susa a costo di denunce e carcere. E chissà quanti nodi ancora sono da sciogliere.
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