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Rivolta al carcere di Firenze

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24 febbraio 1974: Quaranta galere fa. Durante una rivolta al carcere delle Murate, a Firenze, gli agenti sparano sui detenuti che si trovano sul tetto e uccidono un giovane di vent’anni in carcere per un furto d’auto: Giancarlo Del Padrone.

Poche ore dopo, il Collettivo Víctor Jara scrive Le Murate. A quarant’anni di distanza, ricordiamo ancora con rabbia.

 

E, ventiquattro febbraio

E, settantaquattro febbraio

Sparano i poliziotti

Sparano alle Murate

Muore Giancarlo del Padrone

 

E non si respira più

E non ci si vede più

Si fan le barricate

Tutti lanciamo sassi

Contro gli scudi del potere

 

da Infoaut:

 

É il 1974 e nel carcere delle Murate di Firenze si vivono giorni di tensione: la riforma carceraria è stata molte volte promessa nel tentativo di mantenere il controllo del complesso, ma i detenuti sono stanchi dell’attesa ed è ormai chiaro a tutti che ciò che chiedono non può trovare alcun appoggio nelle autorità carcerarie.

Così il 24 Febbraio la rabbia esplode e in breve travolge tutte le zone del penitenziario; un gruppo di detenuti sale sul tetto in segno di protesta ma la repressione non tarda ad arrivare, brutale e folle: un agente di custodia spara una raffica di mitra, uccidendo il ventenne Giancarlo Del Padrone e ferendo altri quattro carcerati.

Ma l’episodio non intimidisce i detenuti, anzi è come benzina gettata sul fuoco della loro rabbia, che li spinge a rimanere sul tetto in numero sempre crescente.

Nel frattempo l’eco della rivolta è giunta all’esterno del complesso e molte persone si radunano sotto il carcere per assediarlo; si intonano cori di solidarietà e gli stracci insanguinati di Giancarlo e i feriti vengono gettati dal tetto per farne degli striscioni.

Lotta Continua dà indicazione di rompere l’assedio delle Murate ma nemmeno i suoi militanti vi si attengono, confermando la rottura dei rapporti di collaborazione tra l’avanguardia carceraria e la Commissione carceri di LC, una rottura che era nell’aria già dal Luglio dell’anno precedente.

Particolare è la composizione sociale fra i detenuti fiorentini: un proletariato che quotidianamente vive di espedienti e per cui il carcere rappresenta, prima o poi, una tappa quasi obbligata.

Non sono “batterie” organizzate, bensì piccoli artigiani della rapina che hanno fatto propria la convinzione di doversi riprendere autonomamente i propri bisogni.

La nottata di assedio si conclude con duri scontri tra polizia e manifestanti e con l’intero quartiere di Santa Croce invaso dal fumo dei lacrimogeni e dai rastrellamenti degli agenti.

Ma il problema delle condizioni di vita nel carcere non può più essere circoscritto alle celle delle Murate: la questione è stata posta e la notizia è destinata ad avere un forte impatto ideologico anche sull’esterno.

La rivolta e l’assassinio di Giancarlo hanno ispirato la canzone “Le Murate” del Collettivo Victor Jara:

E non si respira più

 

E non ci si vede più

Ma nella fuga, compagno

Nella paura, compagno

Come nella lotta, compagno

Resterò sempre a fianco a te.

 

E, ventiquattro febbraio

 

 

E, settantaquattro febbraio

Sparano i poliziotti

Sparano alle Murate

Muore Giancarlo del Padrone

 

E non si respira più

E non ci si vede più

Si fan le barricate

Tutti lanciamo sassi

Contro gli scudi del potere

 

E il tetto delle Murate

E’ pieno di carcerati

Cantiam “Bandiera Rossa”

Scoppiano i candelotti

Comincia ormai la caccia al rosso

 

E non se ne può più

E il fiato ti va via

Carican i celerini

Ma rimaniamo ai nostri posti

 

Moschetti e manganelli

Scoppiano i candelotti

Ora siam senza armi

Ma canterà presto il fucile

 

Giustizia sarà fatta

Fuori, e nelle prigioni

Contro padroni e questori

Suonerà la giusta carica

Della giustizia proletaria

 

E non si respira più

E non ci si vede più

Non scoraggiarti compagno

Lotta e resisti compagno

E costruisci la tua vittoria

 

E, ventiquattro febbraio

E, settantaquattro febbraio

Ma nella fuga, compagno

Nella paura, compagno

Come nella lotta, compagno

Resterò sempre a fianco a te.

 

 

 

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