Ieri ha avuto luogo a Napoli la quarta giornata di mobilitazione in un mese contro l’abolizione del Reddito di Cittadinanza.
Niente più reddito di cittadinanza, ma piattaforme e strumenti digitali attraverso i quali i cosidetti «occupabili» dovrebbero poter trovare lavoro.
Questa notte cinque operai sono stati travolti da un treno mentre si apprestavano a sostituire un tratto di rotaie presso Brandizzo sulla linea Torino-Milano. Altri due operai sarebbero rimasti feriti non a causa dell’impatto.
Dentro la crisi climatica e con i suoi effetti reali sempre più distruttivi lo sciopero è una pretesa che si può radicare socialmente: nessuno vuole schiattare di caldo in un cantiere o raccogliendo frutta in un campo, nessuno vuole rischiare la vita per consegnare una pizza sotto la grandine o per dirigersi a lavoro durante un’alluvione.
La mano pesante del nostro Governo nei confronti dei lavoratori delle ferrovie italiane, che chiedono a Trenitalia di assumere più personale per evitare turni massacranti e a Italo il rinnovo del contratto scaduto nel dicembre del 2021, ricalca quella usata nel dicembre scorso da Joe Biden nei confronti dei lavoratori delle ferrovie statunitensi.
Nel gig work sono due le flessibilità che si incontrano: quella degli individui e quella del sistema economico. In astratto, dovrebbe essere il felice incontro di interessi convergenti: soldi guadagnati da una parte, prestazione ottenuta dall’altra. Nella realtà non è così che vanno le cose.
In questa storia appare chiara tutta la microviolenza ed ipersfruttamento che si annida in un settore lavorativo scarsamente regolato.
Ancora una volta i Movimenti di lotta “Disoccupati 7 Novembre” di Napoli e “Cantiere 167” Scampia- dall’estate scorsa, per decisione collettiva hanno unificato le proprie istanze- sono sotto attacco.
Non sono mancati gli articoli che hanno colto la palla al balzo per screditare la storia personale e lavorativa di questa donna e che cercano “la verità” facendo i conti in tasca a chi sostiene che fare l’abbonamento del treno conviene rispetto ad affittare una stanza nella metropoli milanese.
Non si sa più nulla di lui dallo scorso 2 luglio. Si chiamava Daouda Diane: quella mattina è partito di casa per andare al cementificio dove lavorava, Sgv ad Acate, in provincia di Ragusa.