Chi ricorda lo sciamano, figura iconica dell’assalto a Capitol Hill di due anni fa? Si trattava di un personaggio molto vicino al ruolo svolto da Prigozhin durante la crisi russa di inizio estate: quello dell’attore principale del golpe circoscritto a basso, o nullo, spargimento di sangue, dai caratteri ambigui (tra golpe, simulazione di golpe, messaggio in codice tra parti in conflitto) e con soluzione degli eventi teatrale quanto sostanzialmente incruenta.
La campagna di disinformazione sui danneggiamenti alle infrastrutture civili presenti in territorio ukraino non conosce sosta da parte di quasi tutti i paesi aderenti alla Nato, con l’Italia in testa.
Se è vero come ha scritto qualcuno che Putin si avvantaggerà internamente per aver chiuso bene la partita, senza grandi danni o spargimenti di sangue, è altrettanto vero che la cosa non può non aver ripercussioni sull’immagine internazionale della Russia e sull’efficacia del comando putiniano.
Un “golpe” piuttosto strano che lascia molte domande aperte.
Come possiamo lottare efficacemente contro la loro guerra, contro il coinvolgimento sempre più diretto promosso dal governo Meloni?
Insomma, ancora una volta non si tratta di ribaltare le sorti militari sul campo ma di dissanguare la Russia di Putin, dal punto di vista dei costi umani ed economici, per rendere il futuro di Putin più incerto e costringerlo a mitigare le sue posizioni.
“Il cantiere del pianeta”. È questa l’allucinante definizione data al futuro dell’Ucraina mentre ancora la guerra miete, ogni giorno, vittime innocenti.
Negli ultimi giorni l’opinione pubblica occidentale è venuta a conoscenza di una fuga di documenti segreti della NATO che contenevano alcuni elementi di valutazione sullo stato dell’arte del conflitto in Ucraina. A questo primo leak ne stanno seguendo molti altri che, al netto della confusione mediatica, disegnano un quadro piuttosto nitido.
«Immaginate che ci sia una guerra e che una delle parti in conflitto non se ne accorga.»
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è appena la punta dell’iceberg di una guerra ibrida nella quale si riordinano le potenze economiche mondiali, con una componente bellica, certamente, con missili e carri armati (si calcola che questa guerra già faccia mezzo milione di morti), ma che include anche, come tutte le guerre, cambiamenti economici, energetici, politici, tecnologici e monetari.