Mantenere il sangue freddo, rimanere strategici, definire gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, acquisire forza, puntare al 2027.
Abbiamo tradotto questo contributo di Houria Bouteldja apparso su QG Décolonial per continuare ad approfondire quanto sta accadendo in Francia in merito alla costituzione di un nuovo Fronte Popolare per le prossime elezioni. Questo testo è particolarmente interessante in quanto rappresenta il punto di vista di una dimensione politica che in questi ultimi anni ha accumulato forza e allargato il suo radicamento nei quartieri popolari, ossia il movimento, poi diventato anche partito, Des Indigènes de la République di cui Houria Bouteldja fa parte.
I temi che vengono portati avanti riguardano la lotta contro lo Stato coloniale razzista, attraverso l’idea che soltanto ampliando le sue contraddizioni e costruendo un terreno di alleanze per una politica decoloniale, contro l’estrema destra, capace di preservare l’autonomia dei soggetti razzializzati, capace di contrapporsi al blocco liberale borghese bianco, sia possibile un cambiamento.
Nella congiuntura che si è aperta con la crisi di governo e le nuove elezioni presidenziali in Francia, i movimenti antirazzisti e decoloniali chiamano al sostegno al Fronte Popolare, questo ci sembra espressione del rapporto di forza che si è sostanziato negli anni di lotte contro le violenze della polizia e contro il razzismo sistemico nei quartieri popolari.
In questo testo Houria Bouteldja pone con lucidità e precisione alcune questioni rispetto alla strategia e agli obiettivi della fase a venire, uno sguardo di prospettiva che non può che non interessarci alla luce di alcuni dati che oggi dovremmo essere in grado di cogliere. Lungi da noi fare parallelismi affrettati, viste le profonde differenze sia sul piano istituzionale che sul piano soggettivo dei movimenti in Italia rispetto alla Francia. Crediamo però sia importante porsi domande adeguate al nostro contesto rispetto all’emersione di un soggetto, quello che potremmo definire appartenente a un “proletariato giovanile” non bianco, al protagonismo nelle lotte attuali di una soggettività che non proviene dalla tradizione dei movimenti della sinistra laica, bianca e progressista, del nostro ruolo in quanto potenzialmente alleati, delle trasformazioni sociali sulla linea del colore che avverranno, e che stanno già avvenendo, nel nostro Paese.
Buona lettura!
Hollande è stato appena nominato dal Nuovo Fronte Popolare, la parola “terrorista” è stata usata per descrivere l’atto del 7 ottobre. Ed è il panico.
Ma dovremo tutti imparare a controllare le nostre emozioni e a mantenere il sangue freddo.
Il Nuovo Fronte Popolare è un’alleanza di circostanza. Non durerà, date le profonde contraddizioni tra un’anima appartenente alla destra atlantista, liberale, europeista e islamofoba e un’anima di sinistra, filopalestinese, contro la guerra, antirazzista ed ecologista. Chi si sorprende dei giochi sporchi del PS è destinato a cascare dal pero per l’eternità, perché dal PS non dobbiamo aspettarci nulla. Ciononostante, il ritorno in pompa magna di Hollande è tutt’altro che insignificante, anzi è molto preoccupante. Ma dobbiamo essere pragmatici. È normale che il PS, che era moribondo nel 2022, sfrutti al massimo la situazione, il che fa di Faure un grande stratega, molto meno sciocco di quanto si creda, perché, a partire dalla NUPES, è stato la mente della resurrezione del partito del compianto Mitterrand.
Nonostante il rapporto di forza che il PS (grazie prima al NUPES, poi a Glucksman, testa di ponte del PS, coadiuvato dai Verdi e dal PC) è riuscito a sviluppare, FI (grazie alla sua combattività e a un programma antiliberale e antirazzista e che sostiene le rivendicazioni popolari) è riuscito, nel quadro dell’alleanza, a salvare l’onore sui punti principali che costituiscono il suo tentativo di rottura.
1/ I termini del programma:
Non si tratta di un programma di rottura, tutt’altro, ma va in quella direzione. FI è riuscita a spostare l’alleanza più a sinistra nello specifico di alcune questioni:
– libertà politiche e democratiche (abrogazione del 49/3); costituzione di una sesta repubblica;
– temi sociali urgenti (blocco dei prezzi, aumento del salario minimo, piano di salvataggio degli ospedali pubblici);
– istruzione: abolizione del percorso di inserimento nella scuola superiore (ndt Parcoursup, molto criticato dai movimenti)
– ordine pubblico: scioglimento della Brav-M (Brigata di Repressione di Atti Violenti in Moto), messa al bando della LBD (ndt arma, considerata “poco letale” dal governo francese, frequentemente usata dalla polizia per sparare proiettili di gomma);
– diritti delle donne;
– diritti dei migranti e degli immigrati irregolari;
– ecologia;
– Europa: rifiuto dei vincoli di austerità del patto di bilancio, patto europeo per l’emergenza climatica e sociale, riforma della PAC, fine dei trattati di libero scambio, protezionismo ecologico e sociale, tassazione dei superprofitti a livello europeo.
In termini di antirazzismo, mantiene le sue posizioni, poiché la lotta contro l’islamofobia viene difesa allo stesso livello della lotta contro l’antisemitismo.
Sul fronte internazionale, il programma prevede di abbandonare la riforma di Macron per la Kanaky “nello spirito degli accordi di Matignon e Nouméa, alla ricerca di un vero processo di emancipazione e decolonizzazione”.
Infine, sulla Palestina, nonostante le apparenze, l’essenziale è stato preservato. È vero che le operazioni del 7 ottobre sono descritte come “massacri terroristici”, ma non Hamas, il che è un punto di partenza molto importante per il futuro perché impedisce di lasciare spazio alla teoria della guerra di civiltà tanto cara a Huntington…
Il resto dell’accordo, pur non essendo soddisfacente dal punto di vista decoloniale, è corretto, pur tenendo conto di profondi divari: “Agire per il rilascio dei prigionieri palestinesi e degli ostaggi di Hamas; sostenere la Corte penale internazionale nel perseguire Netanyahu e i leader di Hamas; riconoscimento immediato dello Stato di Palestina; embargo sulle forniture di armi a Israele; chiedere la sospensione dell’accordo di associazione UE-Israele”.
Per me, la concessione maggiore che viene fatta all’ala di destra non è tanto su come si vogliano qualificare le azioni di Hamas, per le ragioni sopra esposte, ma sull’invio di armi all’Ucraina; questa posizione guerrafondaia (quella di Glucskman), peraltro dà a Putin tutte le ragioni per continuare la sua guerra invece di trovare una soluzione diplomatica attraverso negoziati di pace.
2/ Sui metodi
FI ha escluso alcuni parlamentari uscenti. Mi rifiuto di parlare di epurazione. Preferisco la formula “strategia post-legislativa”. Dico questo poiché si tratta di deputati dell’ala destra e ultra-laica della sinistra classica (ndt, inserita nella tradizione secolare che fa proprio un discorso incline all’islamofobia) di FI, quella pronta a prendere accordi con i nemici (Hollande compreso?) e a dissociarsi dalla corrente mélenchonista. A questi propositi, Melanchon, non può che concepire la rottura con queste anime creando l’alleanza dei “bifolchi e dei barbari1“, questo significa essere pronti a non sacrificare l’antirazzismo, la lotta all’islamofobia e il sostegno alla Palestina; mentre è chiaro che i “dissidenti” siano pronti a svendere questi punti cardine non appena eletti. Bisogna essere ingenui per pensare che le altre forze politiche dell’alleanza non la pensino in questi termini. Dobbiamo capire le ragioni di questa scelta nel medio e lungo termine; ma tra tre settimane i media avranno di che divertirsi strumentalizzando la dissidenza per minare l’unione nel Fronte Popolare. Quindi, in quest’ottica, licenziare Garrido e Corbière, che sono vicini a Cyril Hanouna, a sua volta vicino a Bolloré, che guarda all’estrema destra, mi sembra del tutto giustificato. D’altra parte, FI può aver commesso alcuni errori di valutazione. Avrebbero dovuto licenziare prima Quatennens e tenere Simonet (nonostante il suo laicismo), che è un’esclusione di troppo, soprattutto perché ha un forte radicamento nel XX arrondissement ed è ben voluta dalla gente del posto. Sarebbe un peccato non tornare indietro su questa decisione.
3/ Giudicare in funzione degli obiettivi e ragionare per ordine di priorità
Il primo e più importante obiettivo è impedire una vittoria dell’estrema destra e/o ridurre il più possibile la sua influenza, che sarà già troppo importante all’interno dell’Assemblea nazionale. L’avvento del fascismo è un pericolo imminente e la sua cacciata un compito prioritario. Sottovalutarlo è di per sé un fallimento morale. Perciò questo obiettivo, anche se è da considerarsi come il “voto utile”, deve rimanere fermo. Tanto più che, come ho detto prima, l’alternativa, per quanto imperfetta, è in via di costruzione.
Il secondo obiettivo è quello di sventare il progetto di Macron di creare l’ennesima convergenza di interessi tra l’ala liberale/autoritaria e l’estrema destra. L’alleanza delle “sinistre” (sì, con Hollande l’imperialista) azzoppa il cinico piano di Macron. Non c’è dubbio che Macron e Hollande facciano parte dello stesso campo, così come non c’è dubbio che possano avere interessi diversi a breve termine. Dobbiamo approfondire questa breccia e vedere come organizzarci dopo le elezioni. Il fallimento del piano di Macron, che puntava a una divisione della sinistra, anche se lo abbiamo ottenuto con i nostri nemici, è una vittoria. Avranno tutta la vita per divorziare, sapendo che l’unione ha pochissime possibilità di sopravvivere e che, sicuramente, dobbiamo sperare in una separazione il più rapida possibile.
Ma c’è un terzo obiettivo: permettere a FI di mantenere la sua posizione nel sistema parlamentare francese, dove, noi ne abbiamo avuto prova, ha fatto il suo dovere. Certo, sono state fatte delle concessioni sul programma. Ma abbiamo testato FI in Assemblea per diversi mesi, e ha superato molti test a pieni voti. È arrivata dov’è grazie al NUPES (quindi già grazie all’alleanza con il PS), mantenendo la sua linea senza mai venire meno anche quando ha occupato la poltrona. Nessuno sa in anticipo se questo atteggiamento verrà rispettato di nuovo; ma poiché il tradimento non è ancora avvenuto, dobbiamo rischiare di fidarci e ribadirlo finché il patto sarà rispettato. FI sa meglio di chiunque altro, oggi, quanto gli costerebbe in particolare un tradimento dei quartieri. L’investitura di Amal Bentounsi, un simbolo potente, è un impegno che deve essere pienamente apprezzato.
4/ Avremo la FI che ci meritiamo
Lo ripeto: FI è il riflesso del movimento sociale, che certamente è piuttosto vivace in Francia (ed è ciò che ci invidiano i nostri vicini europei), ma rimane frammentato e, soprattutto, non è impegnato in una rottura radicale con il governo, in particolare sulla questione della Frexit e della guerra.
I movimenti continuano a riprodurre una società civile e politica organicamente legata allo Stato razziale borghese e si limitano a difendere le loro conquiste sociali. Solo una minoranza è chiara riguardo alla rottura. Ad esempio, il dato più significativo di questa fase è stata l’assenza di un movimento contro la guerra (a parte la Palestina, ma questo è congiunturale, poiché è in corso un genocidio e la mobilitazione è più emotiva che chiaramente politica). Molti capi di Stato europei stanno preparando i loro governi per una terza guerra mondiale, i cui centri nevralgici sono l’Ucraina, il Mar della Cina e la Palestina, senza che l’opinione pubblica europea se ne renda conto. Eppure la guerra, insieme al fascismo, sono i pericoli più imminenti del nostro tempo. Non potremo quindi rimproverare a FI di cedere su questo fronte in assenza totale di una mobilitazione popolare. I sindacati, le associazioni e le forze politiche devono assumere nel prossimo futuro la responsabilità di una mobilitazione per la pace come compito essenziale e assolutamente prioritario. Lo stesso vale per tutte le altre questioni.
Dobbiamo marciare sulle nostre gambe :
– puntare alla massima rappresentanza parlamentare possibile. FI deve quindi conquistare il maggior numero di seggi possibile. È così che potrà ottenere l’indipendenza dal PS;
– costruire e alimentare la mobilitazione di piazza, secondo le modalità di ciascun settore in lotta, a partire dall’antirazzismo. Ma anche l’ecologia, il femminismo, la difesa dei lavoratori e dei migranti senza documenti, e naturalmente l’antimperialismo. La mobilitazione dal basso deve essere pensata strategicamente. Ogni settore deve rafforzare l’altro. Dobbiamo raggiungere l’unità nella separazione.
5/ Essere lungimiranti e mantenere il sangue freddo
Qualsiasi passaggio che determinerà un avanzamento in ottica radicale della dimensione della sinistra e nell’ambito dell’antirazzismo provocherà il panico nello Stato profondo e dei mercati finanziari. La creazione del Nuovo Fronte Popolare (anche se sappiamo che non ha un vero programma di rottura con il passato) ha già avuto un impatto sul mercato azionario. Il polo borghese non esiterà a optare per il fascismo, così come non esiterà a mettere alla berlina tutte le politiche sociali ed economiche, anche quelle di una sinistra morbida, semplicemente usando la leva dell’aumento dei tassi di interesse. Abbiamo quindi di fronte a noi o l’opzione fascista o l’opzione della destabilizzazione, se dovesse costituirsi un asse antiliberale e antirazzista.
Siamo collettivamente coinvolti in una spirale infernale, inquietante e piena di minacce. Ma questo non significa che tutto sia perduto.Per superare le tempeste, dobbiamo mantenere il sangue freddo e restare uniti. Almeno fino alle prossime elezioni presidenziali.
Ecco perché dobbiamo dare un sostegno temporaneo al Nuovo Fronte Popolare.
Houria Bouteldja
1Viene utilizzata questa espressione in riferimento al titolo del libro di Houria Bouteldja “Boefs et Barbares. Le pari du nous”, ossia “Bifolchi e barbari. La scommessa di un noi”.
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