‘Mi domando…’: lettera aperta della madre di Nicolò
Quella che segue è una lettera aperta scritta dalla madre di Nicolò, antifascista di 23 anni rinchiuso nel carcere di Torino da quasi 3 mesi senza alcuna accusa concreta, se non quella di “concorso morale” per aver partecipato al corteo contro Casapound dello scorso 22 febbraio.
Nonostante un ordine di scarcerazione emesso ormai 10 giorni fa, Nicolò continua a essere trattenuto in carcere con la scusa della mancanza del braccialetto elettronico che dovrebbe essergli installato al momento del suo trasferimento agli arresti domiciliari. Come ha scritto lui stesso, nei suoi confronti si sta costruendo una vendetta tutta politica in cui a essere processate non sono altro che le sue idee, che il 22 febbraio l’hanno portato in piazza contro Casapound. Nel frattempo, oltre ad aver perso il lavoro a causa della carcerazione, continua a essere tenuto lontano dalla sua famiglia e dai suoi affetti. Nei prossimi giorni pubblicheremo ulteriori materiali a sostegno di Nicolò e della sua liberazione. #NicoLibero!
MI DOMANDO
Lettera aperta a Nicolò in carcere.
Caro Nicolò, oggi sono andata a spasso per le vie del centro della nostra città, c’è un mercatino di fiori e erbe aromatiche. Ti sarebbe piaciuto, soprattutto capire quali erbe piantare nel tuo orto; ti saresti fermato a chiedere informazioni, così curioso e desideroso di apprendere, di mettere in pratica.
Nicolò sono ormai mesi che quando faccio qualcosa, qualsiasi cosa, respirare l’aria, vedere gente, camminare in montagna, il pensiero va a te, a te chiuso in carcere, e sento che ciò che ti sta accadendo e che accade in parte a tutti noi è profondamente ingiusto. Tu sai che ho sempre creduto nell’importanza di un impegno personale a servizio della collettività e in questo clima di rispetto e attenzione all’altro tu e i tuoi fratelli siete cresciuti. Questo modo d’essere ci ha sempre portato a non sottrarci, ad essere d’aiuto, a riconoscere le ingiustizie e a denunciarle. Che sia questo ad averci portato qui, ora ho bisogno di ripercorrere insieme a te le tappe di questi mesi così dolorosi, per segnare il passo, per non perdermi nell’incubo.
Da metà febbraio ci troviamo a vivere un’esperienza dura, inattesa, che porta ad interrogarmi sul senso della giustizia e della legalità.
Il 22 febbraio alle 6,30 del mattino persone della polizia e della Digos entrano in casa nostra per una perquisizione preventiva. Sono sola. Non mi dicono il motivo, cercano oggetti non ben definiti. La perquisizione è negativa, non trovano nulla. Il 22 febbraio c’è a Torino la manifestazione antifascista contro CasaPound.
Il 19 marzo alle 6,45 sei persone tra poliziotti e digos irrompono in casa nostra. Ci siamo solo io e tua sorella ancora minorenne. Ti cercano Nicolò, ma tu non sei a casa, sei via in quei giorni. Cercano ovunque, ci chiedono di telefonarti. Fanno pressione a tua sorella bruscamente, i toni si alzano e noi ci spaventiamo. Chiedo spiegazioni, le risposte sono vaghe: “dobbiamo parlargli…”. Mi dicono che sono persino gentili, che potrebbero chiamare una camionetta e sequestrare tutto quello che c’è in casa, ma io non capisco perché; alla fine mi consegnano un foglio e poi escono.
Sei indagato insieme ad altri per la manifestazione del 22 febbraio 2018.
Concorso…Non viene notificata nessuna denuncia. Persone della Digos piantonano la casa tutto il giorno. Nella tarda mattinata del 19 marzo salgo a prendere un caffè dai nostri amici vicini di casa, un uomo della Digos mi ferma, mi chiede chi abita in quel palazzo: irrompono anche a casa degli amici e cercano ovunque…
Quando ritorni ti presenti in questura, vieni portato al carcere delle Vallette, dove ormai ti trovi da più di due mesi.
I capi d’accusa: Sei presente alla manifestazione a viso scoperto vicino ad uno striscione; non indietreggi di fronte allo stop delle forze dell’ordine .Sei vicino a qualcuno che presumibilmente ha lanciato un oggetto. Si chiama “carcere preventivo”, le misure sono cautelari.
Nicolò tu sei incensurato, eppure ai telegiornali locali viene data la notizia con tanto di nome e cognome e vieni definito pluripregiudicato.
Dal 27 marzo la strada è in salita tra richieste di permessi in carcere e mille cavilli burocratici, che comprendiamo solo a nostre spese. Procedure non spiegate che ci fanno vivere la visita in carcere con uno stato d’animo ancora più precario.
Nicolò, hai perso i tuoi i lavori come falegname, a cui tanto tenevi e dove ti applicavi con passione e un ulteriore contratto di lavoro che avevi per sei mesi. Tutte le richieste di scarcerazione e i riesami sono stati fino a poco fa respinti.
Ora è stato emesso il mandato di scarcerazione. Arresti domiciliari con tutte le restrizioni, nessuna possibilità di comunicare con l’esterno. Installazione del braccialetto elettronico. Dall’11 giugno aspettiamo che ti portino a casa. Ogni momento sembra quello buono eppure non sei ancora arrivato Nicolò.
Intoppi burocratici: non si trova il braccialetto, o meglio, sono esauriti. Per l’installazione è necessario l’intervento dei tecnici della Telecom. Potrebbe volerci ancora molto tempo.
La situazione mi pare sempre più assurda e a questo punto mi domando tante cose figlio mio… Dobbiamo smetter di manifestare? Che cosa sono queste misure cautelari? Come vengono applicate? A me sembra che nel tuo caso siano troppo severe. Tu, io, i tuoi fratelli, tutti noi crediamo nell’antifascismo ma può essere questo un reato? Posso esprimere il dissenso?
Toccata dall’ esperienza così profondamente mi faccio tutte queste domande e sento vacillare dentro di me la fiducia verso questa giustizia, che ora a me pare debole.
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