Condanne per il corteo Antifa di Piacenza dello scorso febbraio… Liber* tutt*!
Oggi Lorenzo, detto Dibi, è stato condannato a 3 anni e 6 mesi, insieme a Brescia condannato, invece, a 4 anni e due mesi, per la manifestazione che il 10 febbraio scorso ha tentato di raggiungere il covo fascista di Casa Pound Piacenza per chiuderlo.
Non è invece stato riconosciuto il risarcimento di danni al comune di Piacenza che aveva richiesto 50.000 euro. Comune che ricordiamo essere già a guida leghista dal 2017. La manifestazione era in contemporanea al corteo antifascista che a Macerata aveva visto decine di migliaia di compagni e compagne scendere in piazza una settimana dopo la tentata strage razzista di Luca Traini, un militante marchigiano della Lega di Matteo Salvini.
La manifestazione di Piacenza vide la straordinaria partecipazione di numerosi operai della logistica e di giovani della provincia e della regione accorsi, con ancora negli occhi i corpi di uomini e donne africani feriti dalle pallottole del militante della lega marchigiana, per contrastare la presenza di un covo fascista nella città. La manifestazione fu dal principio fatta oggetto di provocazione e sabotaggi da parte della celere che tentò di impedire che il corteo sfilasse per il centro città o si avvicinasse alla sede di Casa Pound. E’ in questo contesto che si susseguirono scontri tra manifestanti antifascisti e polizia. Scontri per i quali oggi Lorenzo e Giorgio (detto Brescia) vengono condannati, insieme a Mustafà, giovane compagno operaio del Si Cobas già condannato a 4 anni e 8 mesi e attualmente agli arresti domiciliari.
Da quella giornata di lotta piacentina e marchigiana prese il via un febbraio antifascista in tutta Italia che vide numerose manifestazioni scontrarsi con la celere schierata a difesa di Forza Nuova, Casa Pound e la Lega di Matteo Salvini. Per quanto ci riguarda fin dalla nostra esistenza siamo impegnati nell’antifascismo militante ma non possiamo che constatare le ragioni attualissime della mobilitazione nazionale che spontaneamente attraversò tutta l’Italia durante il “febbraio antifa”. Se Salvini con la sua retorica assassina ha reso dicibili parole cariche di odio razzista, l’azione di Luca Traini ha liberato la mano, spesso armata di pistole o tira pugni, che negli ultimi mesi ha colpito infanti rom, massacrato di botte migranti fino a lasciarli a terra in fin di vita e aggredito attivisti di sinistra, come recentemente accaduto a Bari. La rabbia espressa dalla piazza piacentina era, ed è ancora di più oggi, assolutamente legittima. Espressione di un sano riflesso sociale che, senza retoriche vittimistiche emerge in Italia quando la peste nera fascista tenta di tornare ad ammorbare i territori con i suoi bacilli di intolleranza, razzismo, misoginia e suprematismo.
Contro i compagni oggi condannati si è scatenata la vendetta dello stato per il febbraio antifascista. Le condanne di oggi sono infatti delle becere iniziative mediatiche che rispondono agli appelli bipartisan del sistema dei partiti per reprimere l’antifascismo di classe.
Ricordiamo infatti che a chiedere condanne esemplari furono per primi Renzi e Minniti a cui successivamente fece eco l’attuale ministro degli interni Matteo Salvini, che con la sua “bestia” (la piattaforma digitale con cui comanda sui media italiani da mesi) scatenò i suoi troll per calunniare e disinformare sui fatti accaduti a Piacenza. Contro il nostro compagno Lorenzo oltre ai mesi di carcere e domiciliari, anche la menzogna e la calunnia mediatica fece la sua parte dipingendolo come il ricco figlio di un notabile modenese, quando il nostro compagno, di famiglia operaia, per campare faceva il porta pizze per Just Eat.
Denunciamo a gran voce questi sistemi di aggressione contro il movimento antifascista ma non ci facciamo intimidire, sappiamo infatti che il manganello, il carcere e la calunnia pubblica sono gli strumenti che da sempre vengono rivolti contro gli antagonisti, i ribelli e gli antifascisti di ogni generazione e in ogni momento storico. D’altronde crediamo che sia proprio la condizione sociale dei compagni condannati a Piacenza la più forte minaccia al governo e alle organizzazioni fasciste: un facchino, un cuoco e un porta pizze, alcune figure dello sfruttamento che fanno funzionare con la propria fatica questo disgraziato paese, ma che sono allo stesso tempo insieme a tanti altri studenti, precari, operai e disoccupati la promessa di lotta e rivolta per il futuro.
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