A Gerusalemme soffia aria di Terza Intifada
L’attentato eseguito dai due compagni dell’ F.P.L.P Ghassam e Odai Abu Jamal non ha rappresentato solo un “raptus” omicida come vogliono farl credere i media occidentali, ma una chiara e dichiarata azione di vendetta e di rilancio della resistenza palestinese.
I nodi da chiarire in questo senso sono diversi, perchè ci pare che molta sia la confusione che oscura l’azione di resistenza effettuata dai compagni palestinesi, non solo quella intenzionale dei media filo-sionisti ma anche da parte di chi sostiene la causa palestinese a causa della complessità della situazione attuale che si presenta soprattutto nella West Bank.
Difatti, a Gerusalemme la tensione aveva raggiunto picchi elevatissimi già da quando,le forze israeliane hanno deciso di chiudere o limitare l’accesso dei palestinesi alla Spianata delle Moschee e in modo particolare alla Moschea Al Aqsa, che rappresenta non solo uno dei simboli della fede islamica, ma soprattutto uno dei simboli della questione palestinese.
Questo episodio, considerato una provocazione nei confronti dei palestinesi , ha avuto come conseguenza la risposta da parte di questi ultimi che quotidianamente hanno cercato di forzare i blocchi o in azioni di protesta per entrare nella Moschea , e alle quali l’esercito occupante ha reagito con arresti e violenze. Da qui si è avuto un’escalation di scontri, arresti e anche morti fra le fila dei palestinesi che rivendicavano il loro diritto d’accesso alla Spianata delle Moschee.
E’ importante partire da questo contesto per capire come si è arrivati all’attentato della Sinagoga, che non ha voluto essere la risposta solo alla questione della Moschea Al Aqsa ma anche a vari altri episodi come ad esempio il ritrovamento del corpo di Al Ramouni, giovane autista trovato impiccato nell’autobus di servizio, e la quale morte è stata fatta passare come un suicidio da parte dell’autorità israeliana.
Anche il luogo dell’attentato non è casuale, fa notare l’F.P.L.P in uno dei suoi comunicati, in cui aggiunge “Ciò che oggi viene chiamato ‘Har Nof’ è stato infatti costruito sulle rovine del villaggio di Deir Yassin dopo la pulizia etnica del 1948, in cui furono centinaia i palestinesi uccisi per mano dell’Haganah ed di altre organizzazioni terroristiche sioniste, creando centinaia di migliaia di profughi palestinesi espulsi dalle loro case, ma che oggi rappresentano i rifugiati che hanno lottato e che lottano da oltre 66 anni per liberare le loro terre e un giorno poter ritornare”.
Con questa azione le forze organizzate di resistenza hanno voluto non solo vendicare le morti di AL Ramouni , del giovane Mohammed Abu Khdeir (il seidicenne torturato e bruciato vivo a Gerusalemme all’inizio dell’operazione Protective Edge) ma soprattutto aprire una nuova stagione di resistenza, di lotte e di guerra all’occupazione sionista. C’è una parola infatti che si ripete continuamente nelle terre palestinesi, nei social network e nei vari comunicati dei gruppi di resistenza ed è :Terza Intifada.
Un’altra questione da notare è sicuramente il ruolo dell’F.P.L.P che ha ufficialmente rivendicato l’attentato e che ora è protagonista di questa fase di agitazione a Gerusalemme e non solo.
Infatti, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, sta riemergendo, non solo,da un periodo di crisi interna che ha visto la sua ristrutturazione organica,ma anche dal ruolo della comparsa che ha giocato nella resistenza armata durante l’operazione Protective Edge di quest’estate.
Qui, infatti, il protagonista è stato Hamas, con il suo braccio armato “Le brigate Qassam” che è riuscito a sorprendere l’esercito israeliano sfoderando un nuovo arsenale con il jolly dei nuovi razzi a lungo raggio, e con una capacità militare davvero sorprendente che ha visto anche il rapimento di vari soldati israeliani direttamente dai loro campi.
Ora però lo scenario è guidato dal Fronte che in uno dei suoi comunicati ribadisce “La resistenza è la nostra unica strada; non c’è altro modo in cui i palestinesi potranno liberare la loro terra ed ottenere il rispetto dei loro diritti. La resistenza comprende molte forme e quella armata occupa una posizione centrale nella lotta. La violenza rivoluzionaria è necessaria al fine di affrontare e rovesciare la colonizzazione della nostra terra e la confisca dei nostri diritti.”.
Mentre in un altra nota si rivolge agli altri gruppi armati di resistenza : “L’FPLP riafferma il proprio impegno e fa appello a tutte le forze politiche palestinesi di unirsi sotto la bandiera dell’eroico popolo palestinese e di proteggere i loro sacrifici, si preparino tutti ad avanzare verso una nuova fase ed una nuova intifada.”
E mentre a Gerusalemme e nel resto della Palestina dilaga la rabbia e l’entusiasmo verso una nuova Intifada, Netnyahu risponde in modo schizzofrenico. Da una parte scalzato e spaventato dal possibile negoziato sul nucleare fra Iran e i “5+1” (oggi dichiarato fallito), dall’altra cerca di risollevare il suo consenso, precipitato dopo la fine dell’operazione Protective Edge considerata troppo blanda dai cittadini israeliani!!
Allora il Presidente del paese della Stella di David invoca il pugno duro contro il palestiensi, accusando Abu Mazen di essere un terrorista e addossandogli la colpa di aver incitato la violenza che ha portato all’attentato alla Sinagoga, mentre il suo Ministro della Sicurezza Interna Yarem Cohen gli fa notare che “Abu Mazen non incoraggia il terrorismo neanche di nascosto..”, e che è proprio tentando il dialogo con quest’ultimo che si può allentare la tensione che cresce a Gerusalemme.
Ma Netanyahu ora ha bisogno di mostrare ai suoi cittadini i muscoli e di rassicurarli poichè quest’ultimi, non vivendo sotto le bombe da 60 anni, si sentono minacciati dalla resistenza palestinese, e quello che il presidente sionista non vuole è proprio il panico nella suo paese.
Non a caso due giorni fa il governo Israeliano ha approvato a maggioranza (15 si e 7 no) la legge che definisce Israele “Stato della Nazione Ebraica”. Una decisione criticata anche fra i politici sionisti, infatti un ministro del partito di Netanyahu si è detto pronto a passare all’opposizione mentre la leader di un partito di sinistra ha commentato la legge definendola “un crimine contro la democrazia israeliana”. Effettivamente ora è molto più difficile mascherare Israele dietro la maschera della democrazia del Vicino Oriente, e bisognerà anche arricchire il lessico per poter attacare l’Iran che non può più essere definita una dittatura teocratica. Mentre sarà più semplice classificare i cittadini in Israele in cittadini di serie A (gli ebrei) quelli di serie B, C ecc.. Si questa classificazione ci ricorda qualcosa, il Nazismo tedesco.
Intanto a Gerusalemme la solita risposta sionista non si è fatta attendere. Ieri sono stati arrestati 10 membri della famiglia Abu Jamal, la famiglia dei due cugini che hanno eseguito l’attentato della Sinagoga, che si trovano tutt’ora nelle carceri sioniste per essere interrogati, e che si sono visti distruggere le loro case.
Netanyahu ha infatti rievocato la carta della distruzione delle abitazioni di quelli che considera terroristi, ossia palestinesi che siano anche solo sospettati di essere coinvolti in azioni contro Israele. E mentre Bruxelles invita il governo di Tel Aviv a fermare questa pratica dichiarando che essa sia contro-produttiva e che contribuisce ad alzare la tensione, Netanyahu sostiene che nei prossimi 45 giorni saranno 36 le case demolite a Gerusalemme, e che invece questa pratica “rappresenta un deterrente per i terroristi”.
E mentre si susseguono gli arresti e le rappresaglie nei confronti dei cittadini palestinesi, nelle strade di Gerualemme non si placano gli scontri, dove giovani e meno giovani tornano con pietre e bottiglie Molotov a difendere i loro quartieri e a ricordare all’esercito israeliano che l’Intifada sta tornando.
Ed è proprio a partire da questo entusiasmo del popolo palestinese verso una nuova stagione di resistenza che crediamo che esso vada sostenuto e che la sua voce vada amplificata, non solo quando subisce la violenza e le bombe dello stato sionista, ma soprattutto quando reagisce ad essa con azioni di resistenza come quello della settimana scorsa alla Sinagoga Har Nuf.
D’altronde lo disse anche Vladimir Jabotinsky (leader della’ala destra del movimento sionista e fondatore della Legione Ebraica durante la prima guerra mondiale): “avete mai visto un popolo abbandonare la propria terra di sua spontanea volontà? Di conseguenza gli arabi di Palestina non rinunceranno alla loro senza ricorrere alla violenza”
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