Chi era Thomas Sankara?
Mentre non è chiaro quale direzione ed esito prenderanno le mobilitazioni che hanno deposto il Presidente Compaoré, evidenti sono stati i richiami, tra la popolazione insorta, al deposto e ucciso ex-Presidente Thomas Sankara, fautore dell’indipendenza nazionale e portatore di un’opzione politica e sociale avanzata nell’ex Alto Volta. Proponiamo un breve ritratto del “Che Guevara africano”.
Thomas Sankara è uno di quei personaggi di cui pochi, oggi, conoscono l’esistenza.
La sua breve esperienza alla guida dell’Alto Volta, stato dell’Africa occidentale da lui ribattezzato Burkina Faso,rappresentò per molti africani una speranza. Essi intravidero nel giovane statista non solo un leader carismatico ma anche un uomo pragmatico,capace di tradurre aspettative comuni e richieste di giustizia in realtà concrete.
Sarebbe riduttivo definirlo rivoluzionario,egli fu un patriota il quale seppe mantenere come obiettivi imprescindibili il progresso e l’indipendenza delsuo paese e dei suoi abitanti rispetto agli interessi neocolonialisti delle potenze straniere (in primis la Francia) e alla sfrenata corruzione della classe politica africana.
Questo fu il suo impegno, che lo portò a divenire un precursore di istanze terzomondiste quali la cancellazione del debito, e che gli valse soprannomi quali “il Che Guevara africano”, o “il presidente ribelle”.
Sankara nacque nel 1949 a Kaya, nel nord del paese, quando ancora l’Alto Volta era una colonia francese, da una famiglia numerosa. Nonostante le ristrettezze economiche il padre, impiegato presso l’amministrazione coloniale, riuscì a garantirgli una buona istruzione, facendogli intraprendere la carriera militare nell’esercito.
Fu in quegli anni, in cui frequentò l’accademia in Madagascar, che Sankara cominciò ad avvicinarsi all’ideologia marxista, rimanendone fortemente colpito. Al ritorno da un viaggio in Francia, durante il quale ebbe modo di approfondire gli studi sul marxismo, conobbe Blaise Compaoré, un altro giovane ufficiale con il quale da allora mantenne un rapporto di fraterna amicizia. Quest’ultimo avrà un ruolo chiave nella sua ascesa come nella sua caduta.
Una volta in patria in patria, fondarono il ROC (Regroupement des Officiers Communistes). Tale organizzazione riuniva clandestinamente un gruppo di ufficiali d’opposizione, che denunciando le inefficienze nella gestione politica dell’Alto Volta, proponeva una serie di riforme di impronta progressista per porre un freno alla disastrosa condizione in cui versava lo stato.
Nel 1960, l’Alto Volta ottiene dalla Francia l’indipendenza e si trova a essere una delle nazioni più povere del mondo, con un tasso di analfabetismo pari al 98%, una mortalità infantile altissima ed una aspettativa di vita media che non superava i quarant’anni; la debole economia rurale del paese è insufficiente a sfamarne gli abitanti, la stragrande maggioranza dei quali impiegati nel settore dell’agricoltura (l’85% della popolazione era composto da contadini). Oltre a queste cifre c’è anche il fatto che l’Alto Volta aggiungeva una situazione politica fragile e mutevole, frutto dell’inadeguatezza della sua classe dirigente, incapace di costruire delle istituzioni solide.
Dal 1960 in poi, si erano succeduti colpi di stato e governi tra i quali il denominatore comune erano l’immensa corruzione e l’inadeguatezza a capire e risolvere il fortissimo malcontento popolare. In questo contesto l’esercito ha un ruolo sempre più invasivo, passando da una posizione super partes volta al ristabilimento dell’ordine costituito a quella di attore attivo, fortemente politicizzato e in grado di prendere il controllo diretto dei vertici dello stato. Non stupisce quindi che Sankara e Compaoré, pur essendo degli ufficiali, potessero esporsi politicamente in modo così marcato.
Nel 1980 un colpo di stato porta al potere il colonnello Saye Zerbo il quale cerca di coinvolgere Sankara, insieme ad altri esponenti d’opposizione, nella gestione della cosa pubblica, nominandolo sottosegretario di stato all’informazione. La sua esperienza fu però breve: le iniziative da lui proposte furono infatti ignorate, e bastarono pochi mesi perché Sankara si rendesse conto dell’incompatibilità del suo modo di vivere e fare politica rispetto a quello degli altri esponenti del governo. Di fronte al lusso esagerato in cui vivevano le alte sfere dell’esercito, Sankara mostrava infatti una semplicità più unica che rara, tanto da presentarsi in bicicletta alla prima riunione di governo subito dopo la nomina. Le successive inevitabili dimissioni e l’arresto del giovane capitano furono accompagnate da una frase, pronunciata alla radio, che lo rese presto celebre: “guai a prendere in giro il popolo”.
Anche il governo di Zerbo però durò poco: un ennesimo colpo di stato portò infatti al potere il capitano-medico Jean-Baptiste Ouédraogo, che assunse la carica di presidente della repubblica. Quest’ultimo, volendo creare un fittizio equilibrio tra forze di destra e di sinistra nominò Sankara primo ministro nel 1983; non potendo ignorare la sua popolarità nell’esercito e in parte della popolazione. In quest’ultimo periodo il giovane capitano riuscì ad allargare notevolmente le simpatie intorno alla sua persona, in forza di un modo di esprimersi semplice, tagliente ed efficace, e di un carattere che sembrava autenticamente vicino alle richieste delle fasce più deboli della popolazione. A rafforzare queste impressioni c’era anche la già accennata diversità nello stile di vita di Sankara rispetto a quello delle altre figure di governo. Il contrasto tra Ouédraogo e il suo primo ministro in un clima di crescente malcontento popolare e di manifestazioni di piazza portò però di nuovo all’arresto di Sankara e di altri esponenti della sua corrente.
La svolta autoritaria fu etero-diretta. Non è infatti un semplice caso che poco prima, nella notte tra il 16 e il 17 maggio 1983, il Consigliere per gli Affari Africani del presidente francese Mitterand, Guy Penne, si fosse recato a Ouagadougou, capitale dell’Alto Volta, sbarrando le porte ai giornalisti. Il ruolo attivo della Francia negli eventi che portarono all’arresto di Sankara appare oggi quasi una certezza, considerata la preoccupazione con la quale i francesi guardavano alla corrente di sinistra che il giovane capitano rappresentava, e ai rapporti che quest’ultimo intratteneva con la Libia e con altri movimenti rivoluzionari.
Tuttavia l’arresto di Sankara non sortì gli effetti sperati: sollecitate dalle forze di sinistra, infatti, numerose manifestazioni di protesta scossero il paese facendo tremare la poltrona di Ouédraogo. Compaoré, sfuggito all’arresto, riuscì inoltre a mobilitare gran parte degli ufficiali progressisti e della truppa, ottenendo ben presto il controllo del territorio dello stato. Ouédraogo venne deposto poco dopo. Al suo posto, il trentaquattrenne Thomas Sankara diveniva capo dello stato. Anche se l’ascesa al potere avvenne con delle modalità non diverse da quelle dei suoi predecessori, pur sull’onda di un vasto consenso popolare, fu la determinazione rivoluzionaria a rendere il nuovo presidente veramente differente.
Nel periodo che va dal 1983 al 1987 furono infatti molti i cambiamenti e i risultati positivi raggiunti. Sul piano della politica estera, uno dei punti centrali fu il rifiuto di pagare il debito internazionale, nonché la concezione panafricanista che caratterizzò il nuovo governo, sulla scia di importanti figure quali Lumumba e Nkrumah.
Tale visione fu espressa in modo lampante nel 1986, in un famoso discorso pronunciato da Sankara al Vertice dell’Organizzazione per l’Unità africana (Oua) svoltosi ad Addis Abeba:
“Il problema del debito va analizzato prima di tutto partendo dalle sue origini. Quelli che ci hanno prestato il denaro sono gli stessi che ci hanno colonizzati, sono gli stessi che hanno per tanto tempo gestito i nostri stati e le nostre economie; essi hanno indebitato l’Africa presso i donatori di fondi. Noi siamo estranei alla creazione di questo debito, dunque non dobbiamo pagarlo” e ancora “Il debito non può essere rimborsato prima di tutto perché, se noi non paghiamo, i prestatori di capitali non moriranno, possiamo esserne certi; invece, se paghiamo, saremo noi a morire, possiamo esserne altrettanto certi. Quelli che ci hanno portato all’indebitamento hanno giocato, come al casinò: finché ci guadagnavano, andava tutto bene; adesso che hanno perduto al gioco, esigono che li rimborsiamo. Signor presidente, diciamo: hanno giocato; hanno perso; è la regola del gioco; e la vita continua”.
Sul piano della politica interna,invece, l’obiettivo principale di Sankara fu da un lato l’aumento della qualità della vita della popolazione, dall’altro la riduzione della dipendenza economica dell’Alto Volta dagli aiuti esteri e la lotta alla corruzione della classe politica. Contro la mortalità infantile venne avviata una massiccia campagna di vaccinazioni che condusse non solo a una sua consistente diminuzione, ma anche alla costruzione di strutture ospedaliere che potessero sensibilizzare gli abitanti dei villaggi all’adozione di elementari misure igieniche. Fu favorita la contraccezione per evitare il dilagare dell’AIDS, già valutato come fenomeno pericoloso per l’intero continente (in anticipo rispetto alla tendenza del periodo). In agricoltura, il miraggio al quale il nuovo presidente tendeva era l’autosufficienza alimentare da raggiungere attraverso la razionalizzazione delle politiche agricole, la riorganizzazione del lavoro nei campi e la riforma agraria. In tal senso vennero adottate norme orientate al dirigismo statale in economia, bloccando i prezzi di alcuni beni, nazionalizzando le terre e avviando programmi pubblici di modernizzazione delle tecniche di coltivazione. Per quanto riguarda la classe politica vennero tagliati gli stipendi ai dirigenti,e le costosissime mercedes di rappresentanza vennero sostituite con le più economiche Renault 5,mentre i voli fuori dal paese per motivi diplomatici si potevano solo più fare in classe turistica.
“Non possiamo essere la classe dirigente ricca in un paese povero” dirà il giovane presidente sintetizzando i suoi propositi.
Per rimarcare pubblicamente la nuova immagine che voleva dare allo stato, Sankara decise di ribattezzarlo Burkina Faso. Il nome, che in lingua burkinabè (il principale idioma diffuso nel paese) significa “la terra degli uomini integri”, oltre a condensare le istanze di moralizzazione, aveva principalmente lo scopo di rimarcare il rifiuto del passato coloniale (di cui risentiva il vecchio nome di Alto Volta) richiamando la cultura e le tradizioni locali. Alle donne fu riconosciuto un importante ruolo nella società, attraverso la loro inclusione nella vita politica e il divieto di pratiche quali l’infibulazione e la poligamia.
Il Burkina Faso avanzava a passo spedito,tuttavia la politica rivoluzionaria del giovane capitano si inseriva in un contesto fragilissimo il suo carisma personale sopperiva, in parte, all’assenza di un autentica architettura istituzionale. In mezzo a problemi ancora concreti,come il tribalismo, la Francia ebbe gioco facile. Volendosi sbarazzare di un leader troppo rivoluzionario,che parlava di unirsi per rifiutare il debito imposto dalle ex potenze coloniali,che aiutava gli altri movimenti rivoluzionari,organizzò una fronda interna capeggiatta dall’ «amico fraterno» di Sankara: Blaise Compaorè.
C’è un anno che segna la storia di Sankara: il 1987.
In quell’anno Charles Taylor,un allora ex ministro liberiano, fatto fuggire dagli USA da un carcere statunitense (in cui si trovava in quanto ricercato in Liberia per corruzione) ritorna in Africa. Contatta Sankara, dicendogli che intende rovesciare il governo liberiano dice di disporre di armi e soldi e chiede al giovane presidente del Burkina Faso di poter impiantare nel suo paese delle basi di addestramento. Sankarà risponde con un secco no, dicendogli che: «devono essere i popoli a liberarsi da soli» e già che c’è lo sbatte fuori dal paese. Allora Taylor si rifugia in Ciad, dove s’incontra con un diplomatico francese e Il 15 ottobre del 1987 un commando massacra il presidente e un’altra dozzina di ufficiali e personalità a lui vicine, gettando i corpi in una fossa comune.
All’epoca dei fatti Sankara aveva trentasette anni, Compaoré assumeva di fatto il controllo dello stato. Fino a qualche giorno fa, ha mantenuto le redini del potere in Burkina Faso.
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