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Commissariamento rifiuti in Sicilia: tra speculazione e potenzialità di movimento

Nell’ultimo anno sia il Governo regionale che le grandi lobby private hanno incalzato sulla costruzione di più o meno grandi impianti a trattamento termico per lo smaltimento di rifiuti. Impianti ricordiamo, ad alta emissione di fumi tossici e diossina, e la cui produzione d’energia (termica appunto, prodotta dalla combustione) non sarebbe sufficiente neppure ad alimentarli. Dopo il blocco del 2007 da parte della Corte Europea per la costruzione di 4 inceneritori proposta dal governo Cuffaro, tanti, tantissimi per l’Isola i “piani rifiuti” pensati e perlopiù inconclusi o mai attivati da parte delle amministrazioni, regionali e comunali. Dalla creazione di nuove vasche di discarica (dall’ampliamento di quella di Bellolampo a Palermo a quella nella riserva naturale di Cava Grande per il catanese), alle innumerevoli riorganizzazioni (liquidazioni!) delle 27 Ato da trasformare in 18 Srr, che in entrambi gli assetti societari prevedono un funzionamento delocalizzato a carico dei comuni per lo smaltimento rifiuti; fino alle progettualità – perlopiù rimaste tali – di decine di siti di compostaggio per la differenziata (che in Sicilia rimane a un misero 10 % del totale) e “piattaforme integrate” per il trattamento biologico dei rifiuti. Ma se l’economica e poco inquinante differenziata non ha mai fatto gola a nessuno, soprattutto agli speculatori pubblici e privati, adesso tutti sotto per accaparrarsi qualche appalto, concessione, etc. Il Governo regionale ha già da quasi un anno fatto la sua proposta, quella di costruire 6 impianti di piccole dimensioni sparsi per l’Isola: uno a testa nelle tre città principali: uno a Palermo, uno a Messina, uno a Catania; e altri tre interprovinciali: uno tra Ragusa e Siracusa, uno tra Agrigento e Trapani e uno tra Enna e Caltanissetta. Nel frattempo la proposta per lo smaltimento dei rifiuti, prima della costruzione dei termovalorizzatori, prevede l’esportazione dei rifiuti fuori dalla regione. 

Mentre il governo regionale tenta di accelerare l’iter burocratico per ottenere le autorizzazioni necessarie alla costruzione degli impianti dal Ministero dell’Ambiente, partono anche le proposte/imposizioni di Renzi dal Governo, rappresentato dalla figura del sottosegretario del Pd Davide Faraone. Proprio quest’ultimo ormai da mesi continua ad annunciare il commissariamento della Sicilia sulla gestione rifiuti con l’invio di un commissario ad hoc direttamente da Roma. Commissario che dovrebbe adempiere all’apertura di nuove discariche con trattamento biologico dei rifiuti (“Piattaforme integrate”), secondo un protocollo d’intesa sul “Piano rifiuti” che il governo Crocetta non avrebbe rispettato. Forse è il caso di fermarsi un attimo per fare qualche precisazione che ci sembra doverosa. Le piattaforme integrate dovrebbero sostituire le vecchie discariche con impianti a trattamento biologico dei rifiuti. Piccolo (si fa per dire!) particolare, è che i rifiuti dovrebbero arrivare già differenziati negli impianti. Differenziata a cui dovrebbero provvedere i singoli comuni raggruppati in 27 Ato (o in Srr dove già le Ato sono in fallimento o liquidazione). Lungi da noi deresponsalizzare il governo Crocetta da una totale mancanza d’investimenti e programmazione in merito, quello che però ci chiediamo, è come il Governo nazionale pensi di aprire quest’impianti in una regione che è a solo il 10% di smaltimento rifiuti con la differenziata. Ci chiediamo inevitabilmente come pensi di aumentare questa percentuale in tempo record quando dietro la retorica degli sprechi, dal Patto di stabilità siglato diversi anni fa, non si fa che tagliare i fondi agli enti locali (addirittura con la cancellazione delle Province). Ma soprattutto ci chiediamo come si possa dispiegare un vero piano organizzativo e strutturato di smaltimento tramite differenziata, se gli investimenti vengono dirottati su discariche che come abbiamo appena fatto notare non potranno funzionare se non a regime ridotto, e su 2 mega termovalorizzatori (piuttosto che 6 inceneritori di modesta portata come proposto dal governo Crocetta). La risposta è più semplice e chiara di quanto si pensi, e sottende motivazioni politiche e d’interessi economici. Politiche perchè nasconde (e mica tanto!) la volontà della corrente renziana di ottenere maggiore spazio decisionale e di “poltrona” all’interno della giunta Crocetta. Dinamica, quella delle “fazioni” interne al Pd che spintonano i compagni di partito per ottenere un maggior potere, che ha spesso condotto al “rimpasto” questo Governo regionale. Posizionare un proprio uomo con lo strumento del commissariamento sembra proprio quello a cui punti la corrente di Faraone, minoritaria in giunta e direttamente legata al Premier. Se poi si tratta di un affare milionario, come quello dello smaltimento dei rifiuti, perchè lasciarsi sfuggire l’occasione di speculare e far speculare come, quando e chi si vuole!?

Scontato, quasi superfluo da sottolineare, è come con il commissariamento, come tutti gli strumenti di “stato d’emergenza e d’eccezione”, oltre a dare poteri diretti e inderogabili a chi o a cosa lo decreta, si pretenda d’imporre alla popolazione che ne è soggetta e di giustificare agli occhi dell’opinione pubblica tutta, l’annullamento con ogni mezzo ritenuto necessario (dai manganelli all’ignorare del tutto un referendum popolare), del dissenso, della lotta, della decisione partecipata su cosa o meno sia adeguato sul e per il proprio territorio.

Incredibilmente palesi e dichiarate, le prospettive e gli obiettivi di un neocapitalismo  coloniale e del governo Renzi per la Sicilia. Militarizzazioni in un contesto di precari equilibri geopolitici mondiali (Muos e…), nuove trivellazioni a largo delle coste sud ed  est, invasivi e inquinanti impianti per lo smaltimento dei rifiuti, dismissione industriale e/o devastazione ambientale (Gela, Priolo, Milazzo), completa assenza di infrastrutture  o di recupero infrastrutturale (autostrade che crollano, dissesto idrogeologico tra i più pericolosi d’Italia e d’europa), finanziamenti per oltre 1 miliardo di soldi pubblici revocati. Insomma, provvedimenti, investimenti, leggi speciali, che pongono la Sicilia alla stregua di una colonia, dove corruzione e “malaffari” (onnipresenti in quasi tutte le amministrazioni regionali d’Italia) diventano il facile pretesto per una riorganizzazione politica, economica e sociale di dominio e di facili speculazioni. 

Alcuni fattori però, ci suggeriscono quanto questa non sia storia già scritta. Un aspetto che infatti non va assolutamente sottovalutato, è la possibile risposta e opposizione delle comunità locali a questo nuovo progetto di sprechi e alta invasività territoriale, che siano discariche, inceneritori o termovalorizzatori. Il consenso della classe dirigente e della rappresentanza è ai suoi minimi storici in Sicilia, e il governo Crocetta, nonostante la capacità di tenuta, appare totalmente sfiduciato, soprattutto su questioni che riguardano proprio la salvaguardia del territorio. Si pensi alla questione muos, o alle concessioni per le trivellazioni a largo delle coste sud, o ancora alla probabile dismissione di Eni a Gela. In tutte queste vicende il governo Crocetta non si è certo distinto per trasparenza e volontà di difesa degli interessi dei siciliani, compromettendo irrimediabilmente la sua base di consenso e aggravando ancor più le difficoltà di governamentalità. Il clima che si respira tra molti siciliani è di latente insoddisfazione e disillusione nei confronti della rappresentanza. Insoddisfazione e disillusione che sempre più si tramuta in volontà di agire per decidere e determinare le scelte che ricadono sui propri territori. Se già da anni assistiamo a comunità cittadine (più o meno piccole) insorgere occupando i palazzi del comune e bloccando consigli comunali per i più svariati motivi, i reiterati attacchi al territorio, dalla militarizzazione alle future trivellazioni in mare, stanno dando vita a dei movimenti di lotta, che se all’oggi in molti contesti rimangono d’opinione, non è certo da escludere che possano determinarsi in movimenti di opposizione sociale quando dal Ministero verranno scelti i siti d’inceneritori e discariche. Dai comitati formatisi contro e in occasione delle esercitazioni Nato all’aeroporto di Birgi, a quelli No triv nel comprensorio cittadino di Licata, fino  a quelli di Milazzo e Valle del Mela (dove sorgono già rispettivamente due grosse aree industriali) contro centrale termoelettrica e inceneritore, tutto lascia pensare che una forte opposizione a una speculante e dissennata gestione dei rifiuti e più in generale a un modello economico che risponde solo a leggi speciali, estrazione di risorse e massimo sfruttamento territoriale (che per questo definiamo coloniale), sia possibile. Nella Valle del Mela poi, come nei comuni di San Filippo del Mela e Gualtieri Sicaminò, la mobilitazione ha già determinato una diffusa volontà d’opposizione, dimostrata nel referendum di domenica scorsa proprio contro la possibile costruzione di un inceneritore. Con il 95% di no infatti (nonostante a San Filippo del Mela non si sia raggiunto il quorum), la popolazione ha già scelto con consapevolezza di non essere disposta ad accettare l’ennesimo ampliamento industriale a danno di salute e salvaguardia di territorio e popolazione. Anche altri contesti di lotta accrescono le possibilità e potenzialità di una soggettività siciliana tutta da costruire attorno a lotte popolari contro la devastazione dei territori. Quello che sta accadendo a Gela, dove gli operai presidiano, di fatto bloccando, gli ingressi della cittadina da 18 giorni contro la mancata riconversione green di Eni che lascerà senza lavoro circa 2000 operai, non fa che accrescere insoddisfazione, sfiducia nella rappresentanza e volontà di autodeterminazione dei territori.

Nulla di scontato o già dato, solo nella e con la lotta, potenzialità e diffusa presa di coscienza possono trasformarsi in momenti e movimenti di rottura e opposizione sociale.            

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