Cronache di lotta nel mondo del lavoro [7] : in Parlamento si parla e si comprano voti sui “voucher”, nei territori parlano gli operai in lotta
Nel giorno in cui Rosato, Capogruppo alla Camera dei Deputati del PD, dichiara la possibilità di fare dietrofront sul ritiro dell’emendamento che reintroduce i “voucher”, cercando di ricucire lo strappo verbale all’interno della maggioranza di Governo sulla questione, con lo sguardo già rivolto al dopo-Gentiloni, giungiamo al settimo digest bisettimanale che tenta di tratteggiare un resoconto per quanto parziale di quanto si muove all’interno del mondo del lavoro in Italia.
E’ ancora nel settore della logistica che si registrano molteplici vertenze di operai non disposti a essere ulteriormente sfruttati e non vedere rispettati neppure i contratti nazionali di categoria. In alcuni casi, scioperi continui e contemporanei in diversi stabilimenti e magazzini portano ad avanzamenti e vittorie che possono innescare reazioni virtuose a catena per altre lotte in corso e a venire. E’ il caso della DHL: di fronte a una settimana di scioperi ininterrotti in diverse località lombarde ha dovuto cedere e scaricare il consorzio UCSA, non sempre con goffi tentativi dei sindacati confederali di scavalcare all’ultimo e far da freno alle organizzazioni che dal basso si esprimono con le lotte (in questo caso il SICobas).
Mentre si comincia ad avvertire l’aria di scioperi generali a breve termine sempre nel mondo della logistica e in quello della grande distribuzione legato ai trasporti, continuano a proliferare i casi di deliberato sfruttamento riguardanti il terziario e la variegata galassia delle cooperative.
Non a caso il sistema delle cooperative, tra appalti, consorzi e subappalti, è venuto fortemente alla ribalta dopo lotte forti e radicali (Granarolo per citarne una) nella logistica, mentre il padrino della LegaCoop Poletti stava per essere investito a Ministro del Lavoro.
Se la situazione emiliana legata ai facchini e alle facchine destò scalpore, la normalità in altri angoli del paese parla di un sistema che, facendosi forte della cronica mancanza occupazionale e di welfare nei territori, si permette di imporre paghe da 650 euro per 200 ore al mese di mansione, come ben rappresentato da un caso venuto alla ribalta quattro giorni fa nell’agrigentino.
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