InfoAut
Immagine di copertina per il post

Fare come in Francia?

Ripubblichiamo un interessante approfondimento a cura di Sandro Moiso in merito a quanto sta accadendo in Francia e agli sconvolgimenti generali nel panorama occidentale.

di Sandro Moiso

La prima conseguenza del rinnovato accordo tra Italia e Francia, uno trofeo che la premier Meloni può vantare dopo i colloqui con Macron e la fine del vertice europeo conclusosi il 23 marzo, è stata quella di veder scaramanticamente cancellata dalle prime pagine dei quotidiani e dai telegiornali di ogni tendenza politica e appartenenza qualsiasi riferimento alle agitazioni che stanno scuotendo la Francia con milioni di manifestanti nelle strade. Eppure, anche all’occhio meno accorto o critico, non può non esseare evidente il fatto che la carta geo-politica di ciò che avrebbe dovuto essere l’Unione europea si caratterizza ormai per tre grandi aree di crisi che la percorrono tutta, da Est a Ovest.

Ai confini orientali la guerra in Ucraina, con i suoi possibili sbocchi mondiali che già spaventano alcune élite europee e le spingono a correre a Pechino a chiedere che il presidente Xi Jinping si affretti a impostare una reale proposta di tregua (in barba al diniego esibito nei confronti di tale ipotesi dal presidente Biden e dagli imperialisti pezzenti del Regno Unito).

Nel cuore del continente la crisi bancaria, che è sbarcata dagli Stati Uniti coinvolgendo due delle più importanti banche europee, Credit Suisse, morta in un battibaleno e sostanzialmente assorbita da UBS per un valore impensabile fino a qualche settimana fa, e Deutsche Bank che, ancora una volta, traballa sulla sua “pancia” piena di titoli spazzatura, subprime e derivati, ma “povera”a di liquidità.

Nella parte occidentale e atlantica la rivolta sociale francese che si allarga sempre più, di cui la riforma autoritaria delle pensioni è stato soltanto il fattore scatenante di una crisi economica e sociale che covava sotto le ceneri, imposte dai due anni di provvedimenti liberticidi sventolati come necessari per la salvaguardia della salute pubblica, fin dai tempi dei gilets jaunes e, ancor prima, delle rivolte delle banlieue.

Un’autentica tempesta perfetta che testimonia come lo stato di salute del capitalismo occidentale e del suo modus vivendi sia tutt’altro che buono, così come quello dell’ambiente che ha colonizzato senza pietà e senza riguardo per il futuro della specie, proprio a partire del continente europeo.

Come i quattro cavalieri dell’Apocalisse, la crisi economica, la guerra, la crisi ambientale e l’impoverimento di ampi settori sociali, un tempo magari rientranti nelle fila della classe media, indicano che il modo di produzione basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e del capitale sull’ambiente sta volgendo al termine nel più drammatico dei modi.

La Francia e i moti che sempre più la percorrono sembra indicare, contemporaneamente, tutte e due le strade che la società derivata dall’attuale distruttivo modo di produzione può imboccare nell’affrontare la drammaticità del momento storico dato.

Da un lato l’autoritarismo governativo che, come da anni si va ripetendo su questa pagine e in altri contesti1, nulla concede e nulla può più concedere sia alle richieste più elementari provenienti dal basso che a qualsiasi ipotesi riformistica destinata a migliorare le condizioni dei servizi sanitari, pensionistici2, scolastici, lavorative e salariali in un contesto in cui la concorrenza per la spartizione del plusvalore complessivamente prodotto si è fatta mondiale, con competitors giovani, scaltri e del tutto intenzionati a scalzare il primato “occidentale” nell’accaparramento delle ricchezze delle risorse.

Un autoritarismo che si maschera dietro a formulazioni generiche di difesa di improbabili transizioni green o di diritti liberali che poco incidono sulla concreta vita materiale di milioni di cittadini di ogni sesso, appartenenza etnica e sociale (purché medio-bassa), tutti destinati soltanto ad essere sempre più sfruttati in ogni ambito lavorativo (in cui ormai occorre inserire tutta l’economia falsamente definita illegale, collegata al mercato del sesso e degli stupefacenti) oppure come carne da cannone nella guerra che, proseguendo su questa strada, certamente verrà.

La scelta di Macron sull’imposizione dei due anni di aumento dell’età pensionabile dei lavoratori francesi, infatti, non è nemmeno una scelta. E’ una decisione imposta dal voler mantenere l’attuale assetto sociale e politico, di cui la democrazia parlamentare non è altro che un orpello. Un gioiello fatale con cui l’ideologia dominante è riuscita ad ammaliare lavoratori, giovani, donne e proletari di ogni tipo (sottoproletariato incluso) finché, almeno in Occidente, alcune riforme potevano essere finanziate con il plusvalore estorto ai lavoratori sottopagati di altri angoli del pianeta.

Ora il plusvalore colà estratto rimane in gran parte, o del tutto, nelle tasche di altri imprenditori, di altre borghesie che, oltre a rimpinguare i propri profitti e investimenti, preferiscono ridistribuirne una parte in casa soltanto per migliorare e ampliare anche il proprio mercato interno, oltre che per placare, almeno in parte, i segni di conflittualità di classe che si manifestano nelle fabbriche e nei settori produttivi dislocati a casa loro.

Paradossalmente l’accumulo di ricchezze in numero di mani sempre più ridotto, infatti, più che segnalare che la produzione mondiale sia in aumento (dato ancora tutto da verificare), indica che il valore prodotto è, rispetto agli investimenti necessari, sostanzialmente diminuito, soprattutto in Occidente e nelle aree ad esso direttamente collegate.

In questo senso la crisi di SVB (Silicon Valley Bank), più che ricordare i rischi connessi allo scarso controllo esercitato sulle banche dallo Stato (quasi come se questo fosse davvero uno strumento neutro e imparziale nella gestione della ricchezza e della società), rappresenta un po’ la fine del sogno delle start up, degli investimenti spericolati legati più alle promesse che ai risultati effettivi, di cui Elon Musk è stato il gran maestro. Forse ancor più dei pionieri come Billa Gates, Steve Jobs, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg che, arrivati per primi sul mercato delle nuove tecnologie e delle promesse ad esse collegate, si vedono oggi comunque costretti a licenziare complessivamente centinaia di migliaia di dipendenti (fatto che potrebbe avere conseguenze deflagranti anche sul prossimo voto presidenziale americano).

Finanza, rete, piattaforme e computer insieme hanno contribuito a velocizzare lo spostamento delle ricchezze, a intorbidire le idee e le battaglie e a confondere i singoli individui trascinati nel vortice della velocità della comunicazione e della disinformazione organizzata (spesso ufficiale, ancor prima che artigianale). Ma non hanno contribuito a produrre autentico “valore”, semmai l’illusione del valore di qualcosa che non esiste. E in questo senso l’unico vero proletariato, al di là delle balzane teorizzazioni degli ultimi trenta o quarant’anni, collegato al settore è stato quello direttamente coinvolto nella produzione manuale di apparecchi elettronici e della componentistica ad essi collegata (programmi compresi) .

La crisi di SVB ci dice anche questo3, ma ci annuncia anche la fine di un sogno: produrre valore e ricchezza senza passare dal lavoro manuale, senza produrre alcunché di materiale, sostanzialmente, come è successo in molti casi e in particolare in quello di Musk, vendendo fuffa e muffa ideologica.
Infine riporta alla luce il “paradosso di Solow”, economista statunitense che aveva ricevuto il premio Nobel nel 1987 per i suoi contributi alla teoria della crescita economica, in cui si sosteneva che «i computer si vedono ovunque, tranne che nell’aumento di produttività»4.

Certo oggi l’industria degli armamenti, verso cui tutti i maggiori stati si stanno orientando, sembra promettere, in una prospettiva neppur troppo lunga, maggiori e più solidi guadagni, insieme ai titoli di stato necessari per finanziarla, e così la “concretezza” della materia militare, in tutti i sensi, riprende il sopravvento sulla leggerezza della già invecchiata new economy caratterizzata dalla produzione “immateriale”. E questo no va separato da ciò che il presidente francese ha fatto a proposito di riforma delle pensioni.

Nel gioco degli equilibri economici dello Stato, la recente promessa macroniana di giungere ad un investimento di 200 miliardi di euro per il rinnovo degli equipaggiamenti delle forze armate e della loro riorganizzazione in chiave più moderna, accompagnata da un accenno alla possibile reintroduzione della leva obbligatoria, non può preveder un costo zero. Costo che, naturalmente, è destinato fin da oggi, e come sempre, a ricadere integralmente sulle spalle dei contribuenti, dei lavoratori, dei giovani, delle donne e di chi vive al margine tra disoccupazione e “lavoro illegale”. Rendendo impossibile al “Mario Antonietto” di turno anche la semplice offerta di brioches per placare l’ira dei cittadini.

Ecco, allora, che, sì, per l’opposizione di classe occorre fare come in Francia.
La lotta sociale diffusa, testarda, ad oltranza e senza sconti per gli avversari è l’unica forma di lotta che il capitalismo attuale ci obbliga ad esercitare. Sia per le rivendicazioni sociali che per l’opposizione ai sacrifici che già ci vengono imposti per la guerra. Approfittiamone, dimostrando così che lotta contro il capitale e i suoi funzionari e contro la guerra sono, nella sostanza, la stessa cosa5, poiché ogni lotta sociale di queste dimensioni mette per forza di cosa in discussione l’iniziativa del capitale. Fosse anche, per l’appunto, la guerra.

Le condizioni materiali di esistenza e non le idee; i rapporti tra le classi e non i discorsi politically correct segnano il cammino della Storia e delle rivoluzioni. Oggi possiamo trovarci sull’orlo di un baratro (guerra mondiale generalizzata) oppure di un nuovo domani tutto da inventare. I compagni e le compagne francesi, ancorché inconsapevoli, sono già costretti a porsi il problema (qui) sotto l’urgenza del divenire e dell’azione collettiva. Facciamo sì che quella francese diventi la nuova epidemia destinata a sconvolgere l’ordine europeo del capitale.

  1. S.Moiso (a cura di), Guerra civile globale. Fratture sociali del terzo millennio, Il Galeone Editore, Roma 2021  
  2. Va qui ricordato che proprio intorno al discorso sul costo della spesa per le pensioni si realizzò nel 2011, qui nella democratica Italia, una sorta di autentico colpo di Stato tecnocratico per mezzo del governo Monti, all’epoca incensato dalla Sinistra in chiave anti-berlusconiana, e la cosiddetta riforma Fornero.  
  3. “Apple, Microsoft, Amazone Web Services (branca di Amazon legata allo sviluppo del Cloud, dei micro servizi software e dell’internet delle cose, che fornisce alla intera multinazionale percentuali di utile netto decisamente superiore di quello derivante dal colossale fatturato della parte logistica e dell’e-commerce), Google, Oracle, Salesforce, IBM, ed Intel – in sostanza quasi tutte le big corporate strategiche della new digital economy – sono agli inizi di una crisi profonda.
    Prima del fallimento della Silicon Valley Bank, tutte queste grosse multinazionali ad inizio 2023 hanno avviato una massiccia ristrutturazione fatta di licenziamenti di massa nei loro settori chiave della ricerca e sviluppo, come già avevano preannunciato nel corso del passato autunno. Una operazione che impatterà 120 mila posti di lavoro in California appunto nel settore informatico, dell’internet delle cose, nel Cloud computing e nella ricerca software e digitale. Amazon (nel settore AWS), Google, Microsoft, Salesforce, stanno eseguendo licenziamenti pari al 15% della forza lavoro, Apple al momento sta tagliando tutte le forniture di subappalto con software house terze parti e l’aria che tira che questo non basterà a salvare i lavoratori diretti. Twitter appena acquistata da Elon Musk subirà un ridimensionamento pari al 50% della forza lavoro impiegata. Intel si trova immediatamente costretta a tagliare rispettivamente le compensation dei manager ed i salari dei dipendenti rispettivamente del 15%, del 10% per i quadri e del 5% per gli altri tecnici informatici, mentre annuncia i primi esuberi al momento contenuti.
    Che probabilità di successo avranno le cosiddette Startup della new economy e della tecnologie che da questa catena dipendono? Che prospettive di valorizzazione potevano avere quei capitali depositati e per le operazioni di finanziamento nella fu Silicon Valley Bank?” qui  
  4. L’autore del presente articolo deve questa osservazione ad Alberto Airoldi e al suo romanzo Sugar Mountain. Il brusco risveglio, Casa Editrice Leonida, Reggio Calabria 2022, p.29  
  5. Per questo motivo, alcuni commentatori della stampa italiana dovrebbero forse, e per vantaggio della loro stessa causa, esimersi dall’esprimere in prima pagina idee superficiali e riduttive come questa: “Proprio Macron, ieri, ha spiegato la differenza tra populismo e politica: la sovranità appartiene al popolo elettore, non al popolo in tumulto. Il populismo si mette dietro al popolo in tumulto, il politico si mette davanti al popolo elettore, là dove è stato messo dal popolo sovrano”, M. Feltri, Mario Antonietto, «La Stampa», 23 marzo 2023. Tra l’altro straordinariamente in linea con quanto espresso dall’ormai vieux, più che nouveau, philosophe Bernard Henri-Lévy in un suo articolo su «Repubblica», del 25 marzo, dall’allarmistico titolo: Una protesta giusta sfociata in violenza: la Francia rischia l’autodistruzione.  

Da Carmillaonline

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Le capacità diagnostiche dell’IA ed il capitalismo dei big data

Il cammino dell’innovazione tecnologica è sempre più tumultuoso e rapido. Lo sviluppo in ambito di intelligenza artificiale è così veloce che nessun legislatore riesce a imbrigliarlo negli argini delle norme. Stai ancora ragionando sull’impatto di ChatGPT sulla società che è già pronto il successivo salto quantico tecnologico. da Malanova.info In un recente studio del 28 […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il cambiamento climatico è una questione di classe/1

Alla fine, il cambiamento climatico ha un impatto su tutti.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il coltello alla gola – Inflazione e lotta di classe

Con l’obiettivo di provare a fare un po’ di chiarezza abbiamo tradotto questo ottimo articolo del 2022 di Phil A. Neel, geografo comunista ed autore del libro “Hinterland. America’s New Landscape of Class and Conflict”, una delle opere che più lucidamente ha analizzato il contesto in cui è maturato il trumpismo, di cui purtroppo tutt’ora manca una traduzione in italiano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Controsaperi decoloniali: un approfondimento dall’università

n questo momento storico ci sembra inoltre cruciale portare in università un punto di vista decoloniale che possa esprimere con chiarezza e senza peli sulla lingua le questioni sociali e politiche che ci preme affrontare. Sempre più corsi di laurea propongono lezioni sul colonialismo, le migrazioni e la razza, ma non vogliamo limitarci ad un’analisi accademica: abbiamo bisogno dello sguardo militante di chi tocca questi temi con mano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Stati Uniti: soggetti e strategie di lotta nel mondo del lavoro

L’ultimo mezzo secolo di neoliberismo ha deindustrializzato gli Stati Uniti e polverizzato il movimento operaio.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’intelligenza artificiale. Problemi e prospettive

L’Ai attuale è una grande operazione ideologica e di marketing, confezionata per aumentare il controllo delle persone e restringere il margine di libertà digitale” (1) Intervista a Stefano Borroni Barale, da Collegamenti di Classe L’Intelligenza artificiale (Ai) è un tema oggi talmente di moda che persino il papa ha ritenuto indispensabile dire la sua sull’argomento. […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’enigma Wagenknecht

Dopo le elezioni regionali del Brandeburgo, il partito di Sahra Wagenknecht (BSW) ha confermato di essere una presenza consolidata nel panorama politico tedesco. di Giovanni Iozzoli, da Carmilla Il profilo stesso di questa aggregazione non autorizza la sua collocazione nel campo delle performance elettorali effimere o occasionali: le radici sociali sono solide e si collocano […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ribellarsi per la Palestina è possibile e necessario più di prima: una riflessione dal casello di Roma Ovest su sabato 5 ottobre e DDL 1660

Con questo articolo vogliamo proporre una riflessione sulla giornata di mobilitazione per la Palestina di sabato 5 ottobre a partire dall’esperienza di lotta e conflitto che abbiamo avuto come studentə e giovani di Pisa partitə con il pullman di Studentə per la Palestina, per arrivare a Roma.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il trattore torna al campo.. e adesso?

I primi mesi del 2024 sono stati segnati in molti paesi d’Europa dall’esplosione del cosiddetto “movimento dei trattori”.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Uragano a Mayotte: un’isola devastata e le miserie della politica coloniale francese

A Mayotte, Dominio d’Oltremare (DOM) francese nell’Oceano Indiano, si contano già diverse decine di migliaia di morti, dopo il passaggio del devastante ciclone Chido.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Cosa ci dicono le catene del valore? Dipendenza, crisi industriali e predazione finanziaria

Il dibattito politico profondo latita e ci si scanna per lo più su ciò che intimamente si desidera, invece che su ciò che concretamente succede. Per sbrogliare questa matassa forse dobbiamo fare un passo indietro e porci alcune domande su dove sta andando il capitalismo. In questo caso lo faremo con un occhio di riguardo […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La fine di Assad e l’inizio del califfato all’ombra di Ankara scompongono il mosaico siriano

La repentina caduta del regime alauita degli Assad riporta alla luce le fratture della Siria postcoloniale, frutto malsano dell’accordo Sykes Picot del 1916 fra Francia e Gran Bretagna, che ha diviso in modo arbitrario i territori che appartenevano all’impero ottomano.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Guerra globale, una sola egemonia da garantire

Ich kenne Schritte die sehr nützen und werde euch vor Fehltritt schützen Und wer nicht tanzen will am Schluss weiß noch nicht dass er tanzen muss Io conosco passi che sono molto utili  e che vi proteggeranno dai passi falsi  e chi alla fine non vuole ballare  non sa ancora che deve ballare (Amerika – […]

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Contro lo sgombero della Casa Rossa Occupata

Riceviamo e pubblichiamo volentieri l’indizione per il corteo che si terrà a Massa questo sabato 7 dicembre contro il rischio sgombero dello spazio della Casa Rossa Occupata

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Sciopero generale: l’opposizione al governo Meloni si fa nelle piazze

Qualcosa oggi è successa. Lo sciopero lanciato da CGIL e UIL ha parzialmente travalicato gli apparati sindacali ed ha aperto uno spazio di partecipazione, ancora politicamente frammentata, nella contrapposizione al governo Meloni. A fronte dell’eterno Aventino delle opposizioni istituzionali parti di società hanno occupato le piazze e questa è una buona notizia. Ci saranno sviluppi […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

29 novembre: sciopero generale

Proponiamo di seguito una rassegna di approfondimento verso lo sciopero generale del 29 novembre a partire dalle voci collezionate durante la settimana informativa di Radio Blackout

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Entra ufficialmente in vigore il cessate il fuoco tra Libano e Israele

Riprendiamo l’articolo di InfoPal: Beirut. Il cessate il fuoco israeliano con il Libano è entrato ufficialmente in vigore mercoledì alle 4:00 del mattino (ora locale). Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato martedì sera che il suo governo ha approvato un accordo di cessate il fuoco con Hezbollah in Libano, dopo settimane di colloqui […]