Greferendum, non è tutto OXI quel che luccica
Dopo lo spumante dei primi minuti, va ripreso uno sguardo lucido e laico per guardare a quanto sta accadendo intorno alla Grecia. Va confermato questo atteggiamento nell’analizzare le probabili conseguenze della vittoria dell’OXI al referendum di ieri, scartando esaltazioni e cercando di concentrarci sulla realtà dei fatti.
L’obiettivo reale del governo Tsipras era però un altro, ovvero l’ottenimento di una nuova dose di fiducia popolare nei confronti di Syriza e delle sue modalità di gestire le relazioni con i creditori: una vera scommessa effettuata nel momento in cui era più debole la posizione della Grecia al tavolo negoziale con la Troika-istituzioni. Syriza esce rafforzata dal no, ma la realtà dei rapporti di forza in campo sul piano europeo è ben diversa, e le è tuttora decisamente sfavorevole.
E’ indubbio che la scelta di indire la consultazione da parte di Tsipras abbia fornito una possibilità per la popolazione di tornare a discutere di politica, di tornare a sperimentare quella polarizzazione costituitasi in passato intorno alle grandi battaglie contro i memorandum: una polarizzazione che nel tempo dell’attesa delle ultime elezioni si era diluita nelle urne, desertificando la piazza.
Angela Merkel aveva rifiutato l’ultima proposta di Tsipras, volendo andare a vedere le carte in mano al premier greco; quest’ultimo ha vinto sì la partita referendaria, ma sarà da vedere se quello del lungo periodo sarà un altro match vittorioso, o perlomeno se lo sarà nella sostanza delle acquisizioni al tavolo dei negoziati. Intanto il primo esito post-voto è la caduta della testa di Varoufakis, che aveva incarnato un certo tipo di atteggiamento nei confronti della Troika e delle proposte di accordo.
La vittoria del NO è una bella notizia in termine simbolico e una buona novella nella sfera dell’opinione pubblica europea e delle sinistre alternative nostrane, poiché rifiuta l’idea di un annullamento solare anche dei pochi spazi formali di espressione democratica rimasti all’interno del quadro delle istituzioni dell’Unione Europea. Curzio Maltese e Stefano Fassina ne sono entusiasti.
Chi detiene le leve del comando della Troika puntava su una vittoria del “si” che potesse far cadere il governo greco, consegnando il paese a quella stessa classe politica che aveva creato la condizione attuale e riaffermando l’insindacabilità delle decisioni effettuate dalla governance, tradotte negli anni passati da una classe politica talmente screditata oggi tanto che la sua stessa presenza in campo – tramite dichiarazioni e prese di posizione – ha indubbiamente creato a Tsipras un vantaggio nell’acquisizione del consenso, soprattutto in riferimento a quei giovani tra i 18 e i 34 anni, determinanti nel risultato referendario i quali hanno votato oltre il 70% per il no.
Ma la vittoria del NO non comporta assolutamente la rottura della linea di Syriza di internità rispetto all’Unione Europea. Festeggia oggi chi non voleva la catastrofe istituzionale più che l’avvio di possibili processi di riattivazione delle lotte. Non sarà questo NO infatti ad incrinare la realtà di un’Unione Europea irriformabile, nel quale l’opzione Tsipras punta ad ottenere non una rottura ma semplicemente una compatibilità differente, in quadro di politiche di austerità più temperato. Uno dei portavoce di Syriza, Sakellaridis, ha ribadito la volontà di giungere ad un accordo con i creditori in temi strettissimi, entro le 48 ore, per poter riportare la normalità nel sistema delle banche.
Dubitiamo che si procederà in questo senso, sia per le immediate smentite di personaggi come Schauble sia per l’inesistenza di tempi tecnici che rendano possibili questo scenario; il punto è che queste dichiarazioni fanno intendere la reale volontà di Syriza, espressa anche nell’ultimo accordo proposto da Tsipras nei giorni immediatamente precedenti al referendum di oggi, che cedeva in realtà sulla maggioranza delle richieste di Bruxelles.
A vincere il referendum è in definitiva l’opzione politica di Syriza, e c’è da chiedersi se dopo le riforme interne su questioni civili, con la stabilità di governo garantita dall’esito referendario, questa troverà la forza e la volontà politica di mettere mano a quelle riforme radicali che aggrediscono il capitale nella penisola ellenica, alterando a favore dei ceti popolari quei rapporti di forza immutati dalle elezioni di gennaio ad oggi.
Poniamo la questione come domanda con grande disincanto rispetto al governo e lasciando aperta una possibilità per cui la polarizzazione interna alla società greca di questi ultimi giorni possa essere foriera di una riattivazione delle lotte, che al di là della sfera dell’opinione pubblica e referendaria sappiano imporre variazioni radicali sulla politica sociale ed economica interna al paese. Tutto il resto sono chiacchiere per brigate Kalimere e per chi crede ad un possibile ravvedimento dei vertici UE rispetto alla messa in discussione delle ricette di austerità fino ad oggi applicate nel vecchio continente.
Anche di fronte ad un quasi certo irrigidimento dei poteri forti Ue nei confronti della Grecia, l’opzione preferita da Syriza non sarà certo un salto nell’ignoto, bensì un tentativo di rosicchiare qualche briciola, prendendo ulteriore tempo. In questa linea è la richiesta alla Bce di riprendere l’erogazione di liquidità alle banche elleniche, che verrà probabilmente accettata in attesa della ripresa dei tavoli. Le condizioni per Syriza non sembrano dunque essere poi tanto mutate, anche dopo il voto di ieri.
Potrà Syriza rimanere nell’Eurozona, riuscendo a far accettare alla Germania un precedente che metta in discussione l’intero impianto su cui è fondata l’UE? Le parole di Sigmar Gabriel della SPD, teorico competitor della Merkel sul piano interno, sono lapidarie: è ormai impossibile alcun compromesso. Parole che sembrano far presagire un tenuta monopolitica da parte teutonica, che andranno verificate a partire dl meeting dei capi di Stato e di governo dell’Eurozona previsto per martedì; ma sembra evidente che ci sono poche possibilità che l’Europa ceda pienamente a nuove, più forti, richieste di Tsipras, costruendo un precedente per il quale l’opzione euroscettica in ascesa in molti paesi dell’UE possa ottenere una tale legittimazione.
Non era semplice votare OXI in un contesto di martellamento mediatico, in un quotidianità dove la crisi morde sulla carne viva ogni giorno: di questo va reso omaggio senza dubbio al popolo greco. Il tema rimane e rimarrà però quello di come portare avanti un piano di trasformazione in cui è la classe a scegliere e determinare le proprie forma di organizzazione autonoma, e nel caso trainare una forma-partito per realizzare i propri fini. Ma su questo terreno che ci sembra decisivo il tempo dell’attesa ancora non si è rotto…
[Sugli esiti del referendum greco e le variabili che si rimettono in discussione leggi anche: “L’ordine non regna ad Atene” – di Raffaele Sciortino]
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