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I governi smobilitano la cultura. Attori, cantanti lirici e professionisti dei beni culturali si mobilitano

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Da ormai un paio d’anni di tanto in tanto si sente parlare dei lavoratori e delle lavoratrici delle fondazioni liriche; fece scalpore, durante la prima della stagione 2016/2017, la lettura di un comunicato che raccontava le condizioni disastrose in cui versa il mondo dello spettacolo e mostrava non poca preoccupazione nei riguardi della legge 160, uscita nell’agosto precedente e che dovrebbe entrare in vigore il 31 dicembre 2018.

A distanza di due anni i lavoratori del settore, unitisi ad attori e professionisti dei beni culturali, si sono nuovamente mobilitati per organizzare, con le loro forze, una manifestazione nazionale che si terrà il 6 ottobre prossimo a Roma. Abbiamo incontrato Pierina, una corista del Teatro Regio di Torino e il gruppo di attori e attrici “facciamo la conta” per farci raccontare come si è evoluta la loro mobilitazione.

Pierina, corista del Teatro Regio

“La manifestazione è nata così: abbiamo costituito con i colleghi di tutta Italia un comitato, non abbiamo uno statuto e siamo iscritti a diversi sindacati, una cosa molto semplice e rapida. Ci siamo uniti perché nell’agosto del 2016 è uscita una legge, la legge 160, che prevede il declassamento delle fondazioni liriche a teatro lirico sinfonico, una cosa simile al “teatro di tradizione”, non che non sia bello però viene meno il sostegno dello stato in termini di erogazione, demandata quindi per intero alle regioni e ai comuni, che già sono senza soldi.

L’erogazione del Fus (Fondo unico per lo spettacolo) è bassissima, una miseria; l’investimento per la cultura che ci colloca agli ultimi posti in Europa, nonostante l’Italia detenga un patrimonio culturale e artistico inestimabile. Questa legge prevede il declassamento quindi un grosso ridimensionamento delle fondazioni liriche e soprattutto la trasformazione dei nostri contratti da tempo indeterminato a part-time obbligatorio, cosa che a Verona è già successa. Tutti i lavoratori dell’Arena, quindi tecnici, coristi, orchestrali, amministrativi stanno in cassa integrazione due mesi all’anno senza stipendio, inoltre hanno licenziato il corpo di ballo senza poi ricollocare i dipendenti, un ballerino ha una competenza talmente specifica che con i pochissimi corpi di ballo rimasti aperti in Italia non ha tanta possibilità di riciclarsi.

Questo doveva essere un piano di rientro che sarebbe durato tre anni invece c’è la forte possibilità che diventi a tempo indeterminato, quello di Verona è quindi un modello che noi temiamo verrà applicato a tutte le fondazioni italiane a eccezione di due: La Scala di Milano e Santa Cecilia di Roma che diciamo sono le “fondazioni ricche”. (Questo fa parte di un disegno risalente a Nastasi, abbastanza vecchio nel tempo, che prevedeva di fare delle fondazioni di serie A e delle fondazioni di serie B, come dire di lasciar andare alla deriva le fondazioni che non ce la fanno).

Il problema nasce anche perché essendo così basse le erogazioni per i teatri, (il FUS è nato nel 1985 ed è diminuito del 50% in 30 anni, era già inadeguato allora quindi figurati!) Le fondazioni hanno iniziato ad accumulare un debito che oggi è di circa 400 milioni quindi quasi tutte le fondazioni ad eccezione di Scala, Santa Cecilia, Teatro Regio e Fenice di Venezia sono entrate in legge BRAY, è una legge fatta dal ministro Bray per cercare di mettere una toppa, che prevedeva un fondo rotatorio a tasso agevolato, in sostanza un prestito da parte dello stato, ma anche con questo prestito le fondazioni non ce la fanno a rientrare e ovviamente in tutto questo a farne le spese sono i lavoratori.

Questa legge secondo te è stata fatta per ricavare profitto dal mondo dell’arte?

Non tanto per profitto, è come se lo stato alienasse una parte del suo patrimonio culturale perché per lui costituisce una spesa, è come se si deresponsabilizzasse andando completamente contro l’articolo 9 della costituzione che è nato per tutelare e valorizzare il patrimonio. Noi ovviamente come comitato siamo orientati per una vocazione fortemente sociale e civile del teatro, cioè che sia più per i cittadini, i biglietti dovrebbero essere meno costosi, un abbonamento è carissimo non tutti si possono permettere di venire a teatro…

Per quanto riguarda le assunzioni ora che la legge non è ancora stata applicata siete tutti assunti con contratto a tempo indeterminato?

I teatri che sono rientrati nella legge Bray sono soggetti a delle limitazioni tra cui i concorsi: questi teatri non possono bandire concorsi se non hanno il pareggio di bilancio.

C’è una riduzione dell’organico per cui noi abbiamo delle piante organiche che non sono rispettate, a Bologna ad esempio sono 56 artisti del coro, dunque quando devono fare delle produzioni che prevedono delle formazioni corali più ampie sono costretti a chiamare degli aggiunti ai quali fanno contratti cortissimi. A Verona per esempio la situazione degli aggiunti, che per la stagione estiva sono fondamentali viste le opere imponenti che propongono, è scandalosa, fanno loro dei contratti al risparmio (3 giorni stacco di contratto-4 giorni stacco di contratto) dunque questi lavoratori vivono una situazione di precarietà pazzesca senza neanche la possibilità di partecipare a concorsi perché non ci sono, quindi anche persone di 50 anni si trovano a fare ancora gli aggiunti.

Questa mobilitazione coinvolge altre realtà del settore dello spettacolo e della cultura?

La mobilitazione nasce ed è portata avanti dagli attivisti, siamo tre principali gruppi: il “comitato delle fondazioni lirico sinfoniche”, il collettivo di attori “facciamo la conta”, (anche la situazione degli attori è molto grave hanno dei contratti al limite dello sfruttamento!) e il gruppo “mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali” che è formato da giovani archeologi, bibliotecari, diagnosti, archivisti che fanno capo al MIBAC come noi ma fanno parte dei beni culturali mentre noi siamo del settore spettacolo. La cosa interessante è che per la prima volta ci siamo uniti tra lavoratori dello spettacolo e dei beni culturali! Oltre a questi tre gruppi ce ne sono moltissimi altri che hanno aderito e che promuovono la manifestazione, oltre ovviamente ai sindacati di categoria.

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Gruppo di attrici e attori “facciamolaconta”

Come nasce il gruppo “facciamolaconta”?

“Facciamolaconta” è un gruppo di attori e attrici professionisti unitosi circa tre anni fa per discutere della crisi occupazionale che colpisce il nostro ambito di lavoro.

Siete solo attori?

Sì, solo attori! Troppe volte gli attori si sono trovati a portare avanti battaglie in cui proprio perché sono i più ricattabili e meno tutelati le loro istanze non sono state prese in considerazione. Volevamo fare un ragionamento profondo su questa professione, perché per assurdo il teatro senza attori non si può fare eppure siamo considerati l’ultima ruota del carro! È così a più livelli, per esempio esiste un protocollo d’intesa MIUR/MIBAC che prevede il teatro nelle scuole, il MIUR ha firmato un accordo con la FITA (federazione italiana teatro amatori) per portare avanti questo progetto, a nostro parere è stata una scelta veramente superficiale e irresponsabile sia perché così facendo si provoca un danno al settore sia perchéé si rischia di portare avanti un’immagine del teatro dilettantistica, a danno anche degli studenti.Sai quante volte Franceschini ha fatto bandi o appelli di partecipazione degli artisti a livello gratuito! Davvero non riescono a capire che il lavoro dell’artista è un lavoro da professionista!

SLC CGIL fece uno studio tra il 2015/2016 che si chiama “vita d’artista”, fu promosso dalla fondazione Di Vittorio e anche noi di “facciamo la conta” partecipammo. Da questa ricerca si è evinto che il numero medio di giornate retribuite per gli artisti è di circa 34 e che la metà dei lavoratori percepisce 5.000 euro annui. Questi numeri nascondono un sommesso enorme di lavoro nero visto che ovviamente questi calcoli statistici sono stati fatti sulle giornate contributive.

Quali sono invece i problemi che vivete voi attori sulla vostra pelle?

Noi attori viviamo un mondo del lavoro completamente privo di tutele, le legislature ci ignorano completamente tant’è che abbiamo più volte tentato di interloquire con le istituzioni ma non abbiamo mai ricevuto risposte adeguate. La vecchia legislatura ha emesso la legge sullo spettacolo dal vivo, purtroppo però è integralmente improntata sulle imprese e non sul tutelare i lavoratori! Questa riforma obbliga i teatri a produrre di più senza però fornire loro le adeguate risorse, dunque i teatri per andare avanti strozzano sul lavoro più debole ovvero quello degli attori.

Spesso si pensa che gli attori vivano nell’agio, in verità accanto a un numero limitato di star ben retribuite lavorano decine di migliaia di attori in una condizione strutturale di precariato e senza ammortizzatori sociali.Quello che chiediamo è la revoca del Fus alle aziende che non rispettano il CCNL, l’assunzione di attori di tutte le fasce d’età (ora come ora sono previsti contributi maggiori per gli under 35 dunque le imprese tendono ad assumere molti giovani non curandosi dei lavoratori più grandi), il riconoscimento giuridico dello status dell’attore, che ne rispetti e tuteli l’atipicità in tutte le sue forme e ne riconosca la professionalità una volta per tutte e l’obbligo per le aziende di impiegare un numero di attori di tutte le fasce d’età congruo rispetto al FUS ricevuto.

Per risanare la situazione andrebbero fatte delle leggi ad hoc per gli attori!Vorrei aggiungere che stiamo lottando anche per riuscire ad ottenere un CCNL per l’audiovisivo che all’oggi non esiste, quindi maggiormente nei settori cinema e televisione siamo alla mercè dei produttori che se vogliono ci possono togliere qualsiasi tutela, infatti i cachet sono precipitati. Stiamo spingendo per aprire un tavolo di trattative ma non c’è una volontà dall’altra parte di sedersi e contribuire alla stesura.

Anche voi siete parteciperete e siete tra gli organizzatori della manifestazione…

Sì, siamo tra i promotori della giornata del 6 ottobre, è un modo per portare avanti le istanze di cui parlavo prima. Devo dire che la cosa bella di questa manifestazione è trovare molte realtà diverse tra loro ma unite verso un unico scopo, il diritto al lavoro e la tutela della cultura e del patrimonio artistico! Siamo veramente tutti solidali e tutti in lotta per i diritti di tutti perché benché un attore non abbia nulla a che fare con un paleontologo o con un bibliotecario il tipo di sfruttamento lavorativo è molto simile, è come se in questo paese ci fosse una volontà precisa di trasformare la cultura in un hobby.

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