Il discorso israeliano sulla violenza sessuale nell’assalto a Gaza
Pubblichiamo la traduzione (a cura di Sguardi Sui Generis) di un articolo di Alex Shams comparso oggi su maannews.net che riprende la questione (già approfondita qui) del ruolo della violenta retorica contro le donne palestinesi emersa all’interno della più vasta offensiva israeliana contro Gaza.
Mentre le bombe cadevano su Gaza nelle ultime quattro settimane, un’altra guerra era in corso, con in palio i cuori e le menti del pubblico globale.
Anche se meno letale, questa guerra di parole offre uno sguardo eloquente sui cambiamenti in corso tra gli intellettuali mainstream israeliani e sionisti, rivelando che ciò che gli esperti sostengono è una visione del mondo sionista sempre più violentemente razzista e sessista.
Diana Buttu, avvocato palestinese ed ex membro del gruppo di negoziatori dell’Olp, ha detto a Ma’an che, da quando è iniziato l’assalto israeliano, è stata sommersa da centinaia di e-mail cariche di odio e minacce violente. Anche se lei è “abituata” a ricevere odio per posta, ha detto che il tono e la quantità era “senza precedenti”.
“In passato ricevevo messaggi in cui mi chiamavano pazza o fuori di testa, ma ora dicono cose come ‘dobbiamo uccidere tutta la feccia musulmana’, senza scordare i gruppi organizzati di israeliani che inviano regolarmente messaggi di posta elettronica per insultarmi.”
Ha detto che ogni singola mail delle centinaia che ha ricevuto in questi ultimi giorni ha usato sia un linguaggio razzista che sessista – comprese le minacce di stupro – praticamente nessuna ha espresso un dissenso educato o argomenti sostanziali.
Buttu ha detto a Ma’an in un’intervista Skype che lei pensa che il cambiamento di linguaggio e l’aumento della violenza sessualmente espressa, come metafora della guerra, è indicativa delle tendenze più ampie del pubblico israeliano.
“Quando si ha un primo ministro che definisce la persone che hanno ucciso i tre coloni israeliani ‘animali umani’, o come Ayelet Sheked (membro della Knesset) che chiama le persone ‘serpenti’ che devono essere ‘sterminati’ … Questo si riflette nel livello dei commenti e delle lettere di odio che riceviamo.”
Buttu sostiene che, dal momento che la propaganda del governo israeliano ha sempre dipinto la causa palestinese come una “costola” di Boko Haram, ISIS, Fratelli Musulmani, e “praticamente di tutto ciò che di male sta accadendo nel mondo,” l’idea che la “lotta palestinese sia una lotta nazionale ed una lotta per la libertà, è completamente sparita.”
La seconda tendenza che Buttu ha sottolineato nel raccontare le mail di odio ricevute era quella del sessismo violento, diventato tradizionale nel discorso sionista.
Buttu racconta come una nota ironica centrale del discorso è l’uso di un linguaggio esplicitamente sessista contro le figure pubbliche pro-palestinesi, anche se i sionisti sostengono che Israele sia un presunto “paradiso” per i diritti delle donne.
Ha evidenziato le recenti dichiarazioni di Mordechai Kedar, studioso israeliano di letteratura araba e docente presso l’università religiosa Bar-Ilan, che ha detto che “l’unico modo” per scoraggiare i “terroristi” palestinesi fosse minacciare di stupro le loro madri e sorelle. Ha fatto questa dichiarazione come parte di un più ampio paragone tra Israele e le “società arabe”, suggerendo che la violenza sessuale fosse l’unica lingua che gli arabi comprendono e suggerendo che i soldati ebrei dovessero usarla.
“Poiché credono che i diritti delle donne siano protetti e valorizzati in Israele, questo dà loro il permesso di utilizzare questo tipo di linguaggio sessista di violenza contro le donne”, ha detto Buttu. “Nella convinzione che, poiché loro sono così liberali e splendidi, questa è una parte considerevole del loro discorso e le donne devono solo imparare ad accettarlo.”
“E’ un veleno completamente diverso dal precedente. L’hasbara israeliano è stato sistematicamente incentrato a disumanizzare i palestinesi nel corso degli ultimi 6 anni”, ha detto.
“L’odio che riceviamo è un puro riflesso di quello che sta succedendo in Israele.”
[Tweet: “Avere a che fare con Hamas è come aver a che fare con una donna pazza che sta cercando di ucciderti – puoi solo tenerla dai polsi prima di essere costretto a schiaffeggiarla” ]
L’oggettivazione dei corpi palestinesi come metafora della brutalità
Simona Sharoni, presidente del Dipartimento di Studi di Genere e delle donne della SUNY Plattsburgh, e specialista di Genere e Militarizzazione Israele/Palestina, ha detto a Ma’an via e-mail che, in confronto a prima, le immagini di violenza di genere diffuse durante l’assalto in corso sono “più estreme, più crude, ed al limite della pornografia.”
“Nel contesto dell’assalto israeliano su Gaza, le donne palestinesi vengono occupate e violate sia come palestinesi, sia in quanto donne. E’ chiaro che l’oggettivazione del corpo delle donne palestinesi è una metafora della brutalità di questa operazione, della vulnerabilità delle sue vittime e della mancanza di responsabilità per gli autori”, scrive.
Anche se non costituisce una novità, “questo terribile attacco ha legittimato l’uso di minacce razziste, omofobe e sessiste contro chiunque si opponga”, ha aggiunto, sottolineando che in tempi di guerra questi attacchi guadagnano sempre più ampia legittimità, anche contro gli israeliani ebrei che esprimono opposizione all’assalto.
Ha inoltre sottolineato che la violenza di genere è già “radicata nella cultura altamente militarizzata di Israele”, aggiungendo che la chiamata dei soldati ad impegnarsi nella violenza in nome della “sicurezza nazionale”, così come i morti israeliani per questa causa, ha reso il fenomeno più visibile.
Sharoni ha sottolineato che, dal momento che i soldati israeliani hanno cominciato a morire durante l’assalto, sono proliferati un certo numero di gruppi Facebook, caratterizzati da donne ebree israeliane che si espongono sui social media per “sostenere le truppe.” Le donne condividono fotografie di parti del loro corpo con messaggi a sostegno dei militari israeliani in gruppi come “Standing with IDF”, e, ha detto a Ma’an, questo è un fenomeno nuovo.
“Il fatto che i soldati israeliani si sentano autorizzati all’accesso al corpo delle donne, soprattutto in tempi di guerra, non è un fenomeno nuovo. Ciò che è nuovo è il fatto che questo diritto venga accolto pubblicamente dalle donne.”
Questa accettazione pubblica del discorso della violenza sessuata sembra essere correlato al più ampio sostegno pubblico dato all’attacco a Gaza, così come alla crescente diffusione dell’immagine di Israele come un “avamposto della civiltà occidentale” e nei diritti delle donne, che permette un’accettazione cosciente del liberalismo, unita al simultaneo scatenarsi di un’intensa violenza contro l'”altro” palestinese.
Sebbene queste tendenze siano state parte integrante dell’ideologia sionista anche da prima del 1948, il pensiero intellettuale post 11 settembre che ha rinforzato l’idea di una guerra tra Occidente e Islam ha notevolmente cambiato il quadro, e molti affermano che ha scatenato un nuovo tipo di odio che sostiene una visione del mondo più sfacciatamente razzista e sessista, sostenendo contemporaneamente di difendere il liberalismo.
‘Bibi, finisci dentro’
Youssef Munayyer, direttore esecutivo del Centro palestinese di Washington DC, in un’intervista telefonica ha detto a Ma’an che negli ultimi 10 anni di lavoro sulle questioni del Medio Oriente, la tendenza alla violenza sessuale è diventata molto più esplicita.
Munayyer ha notato un’immagine che era stata ampiamente diffusa sui social media israeliani nel corso dell’ultimo mese, che mostra una donna in niqab sdraiata su un letto con la parola “Gaza” scritta su di lei e la didascalia: “Bibi, questa volta finisci dentro!”, firmato come “cittadini in favore dell’attacco via terra”.
“C’è stato un cambiamento più esplicito che non solo paragona la situazione attuale allo stupro, ma accetta anche quelle dinamiche di potere e le applaude”, ha aggiunto. “Questo è un livello di crudeltà che non abbiamo mai visto prima”.
“Le radici sono profonde”, ha detto, “ma ora è in superficie, ed è evidente in un modo in cui non lo è mai stato prima. E’ davvero inquietante”.
“Mentre sostengono di essere i difensori dei diritti delle donne, il tipo di linguaggio utilizzato nei confronti delle donne palestinesi e dei palestinesi più in generale dimostra di avere ben poco riguardo per le donne in assoluto”.
Munayyer lega la diffusione una retorica sempre più sessualmente violenta alle più ampie tendenze razziste nella società israeliana, mettendo in luce il crescente “nativismo” che ha preso di mira e disumanizzato non solo i palestinesi ma anche i migranti africani. Sostiene che la prova di questo cambiamento era visibile anche nelle campagne fatte tra la società israeliana per “proteggere le donne ebree dagli uomini arabi”, come fa ad esempio il famigerato gruppo anti-matrimonio misto Lehava che pattuglia gli spazi pubblici per evitare mescolanze razziali.
[IMG: Adesivo del gruppo Lehava a Gerusalemme che avverte gli arabi di non “pensare di toccare” le donne ebree ]
“Non si tratta solo di proteggere le donne ebree, si tratta di proteggere la tribù e la battaglia costante per la demografia che è alla base dello stato di Israele e la preoccupazione per quanti bambini palestinesi ed ebrei stanno nascendo.”
“Quando si parla di alcuni esseri umani come di una minaccia esistenziale, questo legittima tutto ciò che si potrebbe fare contro di loro – il razzismo, la violenza sessuale, e così via.”
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