InfoAut
Immagine di copertina per il post

Il Giappone nella trappola del nucleare

YUKARI SAITO (da: Il Manifesto, mart 15 gennaio)

Kyoto – Perché la provincia di Fukui insiste tanto sul nucleare, nonostante il disastro visto a Fukushima? Per capirlo, è utile una visita in zona. Con circa 800 mila abitanti in poco più di 4.000 chilometri quadrati, la provincia di Fukui dista circa 500 chilometri dalla centrale di Fukushima Daiichi e si trova nel nord dell’antica capitale Kyoto sul mar del Giappone che lo divide dalla penisola coreana. Mi accompagnano nella visita Naomi Toyoda, fotogiornalista residente in Tokyo, autore di vari libri su Fukushima ed esperto dell’uranio impoverito; e Masaru Ishichi, attivista locale, un signore sui sessant’anni che ci porta in giro con la sua piccola utilitaria. 
È una giornata di fine dicembre, buia e gelida, con raffiche di vento misto a neve e pioggia. Ma ogni tanto vediamo squarci di cielo celestino («qui l’inverno è sempre così» dice Masaru come se leggesse il nostro pensiero di aver scelto un giorno sbagliato).
La prima tappa è Tsuruga Visitor Center, una struttura museale nella centrale nucleare di Tsuruga, con tre reattori di cui uno è in via di smantellamento. Il museo, molto frequentato da gruppi scolastici, offre ricche informazioni rassicuranti e giochi divertenti oltre a una vista panoramica dell’impianto che, ridipinto di recente, si presenta moderno e asettico. In realtà, il reattore numero 1 ha 43 anni ed è tra i più vecchi al mondo ancora funzionante. La sua demolizione, inizialmente prevista per il 2009, è stata rimandata a causa del ritardo della costruzione di due nuovi reattori. Nel frattempo alcuni ricercatori hanno denunciato l’esistenza di diverse faglie attive sotto il complesso, rendendo incerto il futuro della centrale. «La città vive una profonda crisi da quando l’impianto è stato fermato dopo l’incidente di Fukushima, perché tutta l’economia locale gira intorno alla centrale», ci spiega Masaru. «Non c’è una situazione peggiore che non sapere se potranno riattivarlo o dovranno iniziare la demolizione».
Perché non si può decidere di smantellarla? È una scelta che offre buone prospettive occupazionali per decenni e darebbe anche il tempo di sviluppare un’economia alternativa al nucleare. «In astratto lo sanno anche loro, ma in concreto non riescono a immaginarlo, non c’è una road map dettagliata», risponde Masaru, e ci racconta la storia della costruzione di questa centrale, la prima nella zona. «Dovete sapere che questa era una zona del tutto abbandonata dalle amministrazioni. Gli abitanti accettarono di ospitare il primo impianto in cambio di una strada asfaltata». Stiamo percorrendo una di queste strade, la statale 27, una corsia per ciascun senso di marcia. Ancora oggi questa è l’unica via principale su cui si verserà tutta la popolazione nel caso di un’emergenza come quella di Fukushima. 
«Le aziende elettriche, la Japan Atomic Power Company e la Kansai Electric Power Company, seppero ammorbidire la popolazione. Mandavano manodopera e denaro per le feste locali, invitavano le ragazze dei villaggi alle cene con i giovani dipendenti. Con questi e altri espedienti astuti, le compagnie riuscirono a neutralizzare la diffidenza, che all’inizio era molto diffusa nella comunità locale, e a ridurre a minoranza le opposizioni». 
Costruita la prima centrale, i comuni limitrofi cominciarono a voler ospitare nuovi impianti, attratti dalla prosperità piovuta sul comune di Tsuruga anche grazie ai massicci incentivi pro-nucleare del governo, che divennero la risorsa principale nel bilancio degli enti locali. «Non è che la diffidenza verso il nucleare sia dissipata», precisa Masaru che ha vissuto sempre in queste parti. «Anzi, la gente diceva rassegnata, ‘avremmo fatto a meno del nucleare, se avessimo avuto una miniera d’oro’. Ma, vedete, qui non c’è nulla a parte la pesca». Così spuntarono altri impianti, uno dopo l’altro: negli anni Settanta tre reattori a Mihama, nella bellissima baia all’ovest di Tsuruga, seguiti dalla centrale di Takahama a ovest, con quattro unità realizzate tra il 1979 e 1993 e altri quattro reattori a Ooi, a metà strada tra Mihama e Takahama. Infine all’inizio degli anni Novanta sorse il famoso reattore nucleare autofertilizzante di Monju, in una piccola bellissima baia abitata da 15 famiglie ma senza un accesso asfaltato, sul versante opposto della penisola dove si trova la centrale di Tsuruga. «Anche la decisione su Monju non è stata indolore. Alla fine in quella piccola frazione hanno detto: siamo già circondati dalle centrali ed esposti al rischio; allora, che senso ha resistere rinunciando al beneficio?». 

Solo Obama ha rifiutato 
Solo il comune di Obama, situato tra Ooi e Mihama, ha resistito a questa micidiale tentazione e respinto più volte le offerte. Come ha fatto, questa piccola città portuale che nel medioevo fungeva da finestra aperta per la capitale Kyoto rivolta alla penisola coreana? «I pescatori locali erano spaccati in due gruppi», ricorda il nostro autista. «Parlo degli anni Settanta, l’epoca in cui tutti i comuni della zona erano assiduamente corteggiati dalle aziende elettriche. Il leader della cooperativa dei pescatori oppositrice al progetto andò a chiedere al parlamentare conservatore eletto nel nostro collegio se gli sarebbe piaciuto avere davanti a casa una centrale. Alla risposta negativa del deputato, il sindacalista gli comunicò che gli abitanti erano disposti a fare a meno del nucleare se lui avesse potuto garantirgli una strada asfaltata. In numerose occasioni successive, elezioni del sindaco o petizioni di entrambe le parti, gli abitanti hanno espresso volontà nettamente contraria alla costruzione, 13 o 14 mila contro e 3 o 4 mila a favore». 
Mentre l’auto prosegue sulla statale bordata da cumuli di neve, l’autoradio trasmette le notizie locali: «… dopodomani si riprendono le indagini geologiche sotto la centrale di Ooi. L’anno 2012 era iniziato con la notizia degli stress test per questo impianto vista l’urgenza di riattivarlo per evitare un blackout estivo, ora chiuderemo l’anno con notizie che potrebbero determinare le sorti della centrale».
Le esperienze di Fukushima non spaventano Fukui? A quanto pare, il governatore qui non le sente come minaccia seria e immediata, nonostante la forte perplessità espressa dai governatori delle provincie confinanti, Shiga e Kyoto. Su questo punto la posizione di Nishikawa si distingue anche dal suo omologo della provincia di Niigata, che ospita a Kashiwazaki-Kariwa otto reattori della Tepco, la compagnia elettrica proprietaria dell’impianto di Fukushima-Daiichi. In Niigata, dopo il forte terremoto del 2007 che rivelò la fragilità della centrale, l’atteggiamento del governatore è diventato molto più cauto – là inoltre gli abitanti hanno recentemente promosso un referendum popolare sul futuro rapporto della provincia con il nucleare. 
«Ciò non significa che gli abitanti della provincia di Fukui condividano la percezione del governatore», precisa Masaru. «Anche chi non si oppone al nucleare qui ritiene ingiustificabile una concentrazione così alta di reattori sul nostro territorio. E in fondo sa che non si può andare avanti con i rifiuti radioattivi e i combustibili esausti che stanno riempiendo i depositi. Prima o poi saremo costretti ad affrontare questo problema». 
In realtà, nemmeno il governatore di Fukui è attaccato al progetto nucleare in sé: a creargli la vera dipendenza è il giro di denaro. Nel 2010, su circa 188 milioni di euro di incentivi per gli enti locali che ospitano gli impianti nucleari, oltre il 40% è entrato nella cassa della Provincia (la percentuale sale al 60 % sugli ultimi 24 anni). Insomma: strade, servizi e posti di lavoro si pagano solo con l’atomo in casa.
 

 

Ooi, la minaccia tra le montagne
Dei quattro siti nucleari visitati, il più impressionante è la centrale di Ooi. Dopo aver corso per 15 minuti lungo la costa tortuosa partendo dal centro di Obama, l’auto si ferma in fondo a una stradina che finisce davanti a un minuscolo frangi-onde circondato da piccoli promontori verdi, scuri: sembra di stare sulla riva di un lago tra le montagne. D’improvviso eccolo: dalla nebbia emergono due panettoni grigi, seminascosti dal promontorio di fronte a noi. Durante i dibattiti sulla riattivazione delle unità tre e quattro di questa centrale, mesi fa, gli abitanti di Obama chiedevano di avere voce in capitolo, perché esposti a un pericolo maggiore e più diretto che gli abitanti del comune di Ooi. Dopo questo sopralluogo il loro terrore si spiega. 
Riaccompagnandoci alla stazione, Masaru ci chiede consigli per rendere più efficace l’opposizione locale contro il nucleare. Malgrado le numerose difficoltà, lui crede nella possibilità di cambiare la situazione, perché da anni pratica un dialogo maieutico con i sostenitori locali del nucleare: dice che quasi nessuno gli chiude la porta in faccia, trova sempre un terreno comune e sentimenti condivisibili con gli interlocutori. Il fotografo suggerisce di proporre all’amministrazione un’evacuazione simulata nel raggio di 30 chilometri: «Servirà a tutti per rendersi conto del grado di praticabilità, dell’inadeguatezza dell’infrastruttura – se ci fosse un incidente sulla statale 27? Come faremmo a fuggire? – Sarà chiaro l’impossibilità di proteggere tutti. Ditegli inoltre che non potranno ritornare a casa, non per qualche giorno ma per diversi anni! Molti si convinceranno che il denaro del nucleare non vale la vita».
La visita a Fukui riporta alla mente il confronto tra la storia di Minamata e le vicissitudini in corso a Fukushima. Aileen Miyoko Smith, fondatrice e direttrice dell’organizzazione non governativa giapponese Green Action, che lavora da più di vent’anni contro l’energia nucleare, non è l’unica a farci notare le somiglianze tra le due esperienze. «Non riconosco nessuna differenza sostanziale tra i casi dell’inquinamento industriale e quello nucleare», dice anche l’avvocato Chuko Kondo che all’inizio degli anni Settanta diresse un collegio difensore delle vittime di un altro caso simile a Minamata, la malattia Itai-itai, scoppiata a Toyama nel Giappone centrale. Fu quel caso a segnare la prima vittoria processuale nella lunga storia di sconfitte subite dalle vittime di inquinamenti industriali che lo sviluppo seminava in varie parti dell’arcipelago. Oggi Kondo, a ottant’anni compiuti, si dedica completamente a due processi contro il nucleare: uno a Fukushima per la difesa dei diritti di evacuazione, l’altro a Kyoto per la sospensione immediata della centrale di Ooi. «I metodi dei carnefici sono sempre uguali, e pure le nostre difficoltà. Se il nostro caso di Itai-itai ha avuto una serie di fortune – i media dalla nostra parte, l’unità delle vittime e l’umanità dei giudici – , per le vittime di Minamata, sparse in area più estesa e fatte litigare tra di loro, la battaglia fu molto più lunga». 
Il fatto che queste difficoltà aumentino anche a Fukushima, a quasi 22 mesi dal disastro, preoccupa molto Aileen e tanti altri attivisti. Occorre aiutare le vittime senza creare ulteriori lacerazioni in famiglie, nelle scuole, al lavoro e nel tessuto sociale. «I malati di Minamata hanno sofferto e soffrono ancora dopo 50 anni», ricorda Aileen. «Dobbiamo evitare che Fukushima riproduca una simile tragedia senza fine».

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

fukushimagiapponeno nuke

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il cambiamento climatico è una questione di classe/1

Alla fine, il cambiamento climatico ha un impatto su tutti.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il coltello alla gola – Inflazione e lotta di classe

Con l’obiettivo di provare a fare un po’ di chiarezza abbiamo tradotto questo ottimo articolo del 2022 di Phil A. Neel, geografo comunista ed autore del libro “Hinterland. America’s New Landscape of Class and Conflict”, una delle opere che più lucidamente ha analizzato il contesto in cui è maturato il trumpismo, di cui purtroppo tutt’ora manca una traduzione in italiano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Controsaperi decoloniali: un approfondimento dall’università

n questo momento storico ci sembra inoltre cruciale portare in università un punto di vista decoloniale che possa esprimere con chiarezza e senza peli sulla lingua le questioni sociali e politiche che ci preme affrontare. Sempre più corsi di laurea propongono lezioni sul colonialismo, le migrazioni e la razza, ma non vogliamo limitarci ad un’analisi accademica: abbiamo bisogno dello sguardo militante di chi tocca questi temi con mano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Stati Uniti: soggetti e strategie di lotta nel mondo del lavoro

L’ultimo mezzo secolo di neoliberismo ha deindustrializzato gli Stati Uniti e polverizzato il movimento operaio.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’intelligenza artificiale. Problemi e prospettive

L’Ai attuale è una grande operazione ideologica e di marketing, confezionata per aumentare il controllo delle persone e restringere il margine di libertà digitale” (1) Intervista a Stefano Borroni Barale, da Collegamenti di Classe L’Intelligenza artificiale (Ai) è un tema oggi talmente di moda che persino il papa ha ritenuto indispensabile dire la sua sull’argomento. […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’enigma Wagenknecht

Dopo le elezioni regionali del Brandeburgo, il partito di Sahra Wagenknecht (BSW) ha confermato di essere una presenza consolidata nel panorama politico tedesco. di Giovanni Iozzoli, da Carmilla Il profilo stesso di questa aggregazione non autorizza la sua collocazione nel campo delle performance elettorali effimere o occasionali: le radici sociali sono solide e si collocano […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ribellarsi per la Palestina è possibile e necessario più di prima: una riflessione dal casello di Roma Ovest su sabato 5 ottobre e DDL 1660

Con questo articolo vogliamo proporre una riflessione sulla giornata di mobilitazione per la Palestina di sabato 5 ottobre a partire dall’esperienza di lotta e conflitto che abbiamo avuto come studentə e giovani di Pisa partitə con il pullman di Studentə per la Palestina, per arrivare a Roma.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il trattore torna al campo.. e adesso?

I primi mesi del 2024 sono stati segnati in molti paesi d’Europa dall’esplosione del cosiddetto “movimento dei trattori”.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Militarizzazione, guerra contro il popolo e imprese criminali in Messico

Nessuno con un minimo di sensibilità umana può rimanere indifferente alla violenza esorbitante che viviamo in Messico, sono circa 30.000 le persone uccise solamente nel 2023, mentre nel maggio di questo 2024 ne sono state assassinate 2.657.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Abbecedario dei Soulèvements de la Terre – Composizione

Pubblichiamo di seguito un estratto del libro “Abbecedario dei Soulèvements de la Terre. Comporre la resistenza per un mondo comune” in uscita per Orthotes Editrice, curato nella versione italiana da Claudia Terra e Giovanni Fava.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Fukushima: “Il governo sta riscrivendo la storia dell’incidente”.

Tredici anni dopo il disastro di Fukushima, la ricercatrice Cécile Asanuma-Brice racconta a Reporterre le conseguenze del processo di decontaminazione della regione e i pochi ma difficili ritorni dei suoi abitanti.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Il problema non è che la fine è vicina, ma che la stiamo già vivendo

Il 24 giugno 2023, il governo giapponese e la Tokyo Electric Power Company (TEPCO) hanno deciso di scaricare in mare oltre 1,3 milioni di tonnellate di liquami generati dall’incidente nucleare di Fukushima, causato dal Grande Terremoto del Giappone Orientale, e di riavviare la produzione di energia nucleare.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Ritorna l’incubo del deposito di scorie. La situazione in Piemonte

L’annuncio del megaprogetto del deposito di scorie nucleari ha portato ad immediate reazioni da Nord a Sud. Qui condividiamo alcune considerazioni sui siti candidati nel torinese e l’intervista di Radio Onda d’Urto a Claudio, compagno di Rise Up 4 Climate Justice di Alessandria, provincia in cui sono state individuate ben sei aree. Nella notte tra […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Asia: Abe vince le elezioni e promette di riarmare il Giappone contro la Corea del Nord

Il Giappone tornerà ad avere un esercito offensivo? “Come annunciato in campagna elettorale, ora mi potrò seriamente occupare del tema Corea Del Nord”. Sono queste le parole pronunciate dal premier giapponese Shinzo Abe, una volta confermata la sua vittoria alle elezioni legislative giapponesi. La coalizione guidata da Abe ora ha la maggioranza necessaria per poter procedere ad una svolta storica. Si tratta […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Fukushima, punto di non ritorno

L’anniversario del disastro di Fukushima che ricorreva ieri ha portato sotto gli occhi di tutti e tutte quello che vuol dire un disastro nucleare e di conseguenza la sua portata infinita. E’ stato un incidente che ha surclassato quello di Chernobyl (1986), a lungo definito «il più grave di sempre». Ma se in quella che […]

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Francia: irruzione No Nuke alla centrale di Tricastin, 21 fermati

La centrale di Tricastin è da tempo stata individuata come una delle più pericolose tra quelle francesi; è di proprietà del gruppo EDF (il più grande produttore e distributore di energia del paese) e fa parte del più ampio sito nucleare di Tricastin che comprende anche un centro di ricerca per l’armamento nucleare e delle […]

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Notte No Nuke, manifestanti spinti fuori dalla stazione (video)

Il treno è infatti rimasto fermo nella stazione di Vercelli fino a ieri, quando è arrivata notizia che nella notte si sarebbe mosso per arrivare oltralpe. In breve decine di attivsti/e No Nuke si sono dati appuntamento alla stazione di Avigliana per contrastare il passaggio delle scorie e dalle 21 hanno presidiato le banchine in […]

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Il treno delle scorie nucleari fa marcia indietro

Lunedì 11/martedì 12 marzo. Era tutto pronto. Le barre con le scorie, trasportate su gomma dal deposito Sogin di Saluggia allo stabilimento di logistica Sifte Berti nella notte tra il 10 e l’11 marzo, erano state caricate sul Castor sin dalle prime ore del mattino. Il treno, presidiato dalla polizia, è rimasto sui binari del […]