Leggi anti-protesta e proteste in Spagna
Facendo una breve cronologia degli iter che hanno aperto la strada agli emendamenti repressivi, possiamo partire dal 29 Novembre 2013, giorno in cui il disegno di Legge di “Sicurezza Cittadina” ha subito ampie modifiche rispetto alla prima eclatante proposta del Governo. Un pacchetto di misure tutte volte a scoraggiare le proteste di massa nelle piazze ha visto un notevole ridimensionamento delle sanzioni fiscali previste per “oltraggio alle forze dell’ordine, oltraggio alla bandiera e ad altre istituzioni (persino enti locali!), fino ad arrivare ai 30 mila euro comminabili ad una singola persona per partecipare a presidi e cortei di protesta sotto i palazzi del Potere.
Una serie di emendamenti che é susseguito a un sempre più palese tentativo, su spinta dell’ala più reazionaria del Governo, di sottrarre la polizia spagnola in assetto antisommossa dalle proprie responsabilità in piazza: saranno passibili di sanzioni solo se le immagini li mostreranno palesemente in atteggiamenti di violenza “ingiustificata”, mentre non varranno le testimonianze di eventuali violenze poliziesche prodotte dalla piazza. Questo passaggio annunciato da svariate settimane dal Ministero degli Interni è quello che testimonia di voler rompere il connubio tra strada e riproduzione di documenti e viralizzazione di immagini – specie di denuncia – in rete, che ha finora rappresentato uno degli aspetti trainanti nella creazione di consenso sociale e massificazione “dello stare in piazza” del (fu)-movimento 15M.
Alla modifica della “legge sulla sicurezza del cittadino”, che è stata ricondotta sostanzialmente a “legge sulle disposizioni del cittadino”, si affianca una annunciata imminente riforma complessiva del Codice Penale, che sancirebbe un passaggio molto importante nella gestione politica della crisi e della destabilizzazione che ne consegue.
Una degli aspetti più contraddittori riguarda l’arbitrarietà con cui si potrebbe arrivare a detenzioni preventive per sospetti di indagine, se non addirittura a possibili internamenti in cliniche o altro per chiunque secondo la polizia sia sospettato di avere infermità mentali in relazione al comportamento che assume in strada.Un aspetto controverso questo annunciato dagli Interni,che pare anch’esso un regalo di Rajoy all’ala cattolico-reazionaria della sua coalizione (in attesa della legge anti-aborto), e che evoca volontà di deterrenza dei fenomeni sociali e di controllo sulle inclinazioni degli individui che in realtà hanno molto a che vedere con alcuni scenari legislativi consolidatisi in alcuni stati degli USA.
In Spagna il Governo, conscio della sua forza parlamentare quanto della sua difficoltà nel poter mantenere il consenso di ulteriori parti sociali disilluse dalla gestione dei costi della crisi, nonché incalzato dai venti di attrito con le élites catalane, tenta di imporre e normalizzare modelli di contenimento del dissenso,in un periodo in cui la flessione economica si è apparentemente attenuata.
Ai movimenti spetta ora l’annoso compito di capire come non retrocedere nella massificazione dei processi di soggettivazione raggiunti, e al contempo di non venire schiacciati per timore della ritorsione repressiva in dinamiche compatibili e altamente desiderabili dal teatro istituzionale in quanto blocco delle potenziali istanze di riappropriazione dell’esistente nelle singole comunità del paese.
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