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Lo Yasuní invita alla vita

La decisione del presidente Correa, annunciata lo scorso 15 agosto, di sfruttare i pozzi petroliferi del Blocco 43 –l’Ishpingo-Tiputini-Tambococha (ITT)– ha dato il via all’aggregazione, nell’ambito della politica nazionale, di un attore che durante l’era correista era rimasto in letargo: la gioventù.

La fine dell’Iniziativa Yasuní ITT, che era stata la carta di presentazione più rivoluzionaria del governo ecuadoriano, anche se crea malessere in ampi settori della popolazione, ha specialmente mobilitato la popolazione più giovane. Da allora ad oggi, diverse città del paese sono lo scenario di quotidiane proteste di cui sono protagonisti i giovani, che manifestano il propria rifiuto di quella decisione e chiedono una consultazione popolare nella quale l’insieme della cittadinanza possa esprimere la propria posizione.

La reazione di un governo abituato a non avere opposizione né dure mobilitazioni sociali nelle strade non ha potuto essere un’altra, parallelamente alla crescita del numero dei manifestanti è cresciuto anche quello della calunnia, della disinformazione e della repressione nei confronti di chi democraticamente vuole esercitare il proprio diritto alla partecipazione sociale.

Dal vecchio al nuovo

Secondo Antonio Gramsci, una vera crisi storica avviene quando c’è qualcosa che sta morendo ma non finisce di morire e allo stesso tempo c’è qualcosa che sta nascendo ma nemmeno finisce di nascere. Nel tempo e nello spazio dove questo avviene, lì si presenta una autentica crisi organica, una crisi storica, una crisi totale.

L’opzione elettorale di Allenza PAIS è  stata presentata nell’anno 2006 come qualcosa di nuovo, ha voluto essere un nuovo modo di fare politica di fronte ad un delegittimato sistema politico controllato da una oligarchia e una decadente partitocrazia. Nonostante ciò, l’adozione da parte del presidente Correa dei discorsi e delle pratiche storicamente utilizzati dalla partitocrazia, ha trasformato Alleanza PAIS nel paradigma di ciò che si era preteso superare. L’accelerata regressione ideologica del correismo ha fatto sì che finisse con il patire ciò che nella medicina scientifica è conosciuta come la sindrome di Hutchinson-Gilford, un quadro clinico caratterizzato dall’invecchiamento prematuro delle persone (arrivano ad invecchiare dalle 5 alle 10 volte più rapidamente del normale). Mentre ogni giorno un numero più grande di giovani manifestano nelle strade con parole d’ordine per la vita, il non sfruttamento dello Yasuní e per un modello di sviluppo marcatamente differente, il governo con il presidente Correa in testa lancia i medesimi messaggi che ogni governo ecuadoriano ha emesso negli ultimi quarant’anni: “lo sfruttamento del petrolio serve a combattere la povertà”, “senza sfruttamento del petrolio non ci sarebbero scuole”, “lo sfruttamento delle risorse naturali è la fonte che permette il nostro sviluppo”, “senza petrolio non ci sarebbero sussidi della benzina” … è questo ciò che, secondo i giovani, trasforma questo processo in una “caricatura di rivoluzione”.

All’arrivo al potere del presidente Correa, la maggioranza delle persone che oggi sono protagoniste di queste manifestazioni avevano tra i 14 e i 20 anni. Sono cresciute e si sono formate durante il processo correista, mancano di appartenenza politica organizzata e ciò che le mobilita è la costruzione di un mondo più giusto e rispettoso di un pianeta che rapidamente sta venendo distrutto. Questi giovani che sono cresciuti sentendo parlare della necessità di preservare i popoli in isolamento volontario, che la vera ricchezza dello Yasuní è nella sua biodiversità e non nel petrolio, o che edifichiamo questa società sui pilastri ancestrali del Buen Vivir e non sullo smodato consumo capitalista, oggi, coerentemente si mobilitano dicendo al governo e all’intero Ecuador che loro amano realmente la vita.

La reazione del potere non è potuta essere altra che quella che negli ultimi anni, giorno dopo giorno, si sta intensificando: la sistematica diffamazione. L’apparato di propaganda governativo li diffama intellettualmente attraverso le reti le televisive nelle quali additano chi organizza e dirige le manifestazioni di essere i dirigenti politici dei partiti dell’opposizione. Nelle contromanifestazioni organizzate dal governo (minoritarie e sostenute con funzionari pubblici e una dose gutierrista [dell’ex presidente Gutierrez, ndt] di sandwiches e bibite) si cantano in coro slogan che fanno allusione a loro come a dei destabilizzatori e golpisti. La miopia politica che abitualmente c’è nei governi che esercitano il “controllo totale” –per la loro capacità di incidere su tutti i poteri dello stato–, si acuisce nel caso ecuadoriano, creando un livello di scontro contro i manifestanti che supera le dimensioni dei fatti e che di fondo manca di una qualsiasi etica politica. Sono molti i settori della società che legittimamente e democraticamente chiedono un plebiscito sul futuro del Blocco 43 e dello Yasuní.

La prepotenza governativa ha generato una tale cecità che non finiscono di intendere che lo Yasuní trabocca di vita da tutti i lati, così tanta che ha permesso ad una società che politicamente era moribonda di tornare a resuscitare. Nuovi attori sociali, riannessione della società nel dibattito politico, e un punto centrale: manipolino o mettano i propri lacchè nel Consiglio di Partecipazione Cittadina e Controllo Sociale, è uguale, ma lo stato non deve negare il diritto che ha la cittadinanza alla partecipazione democratica nel prendere le decisioni.

Oggi in Ecuador, il politico –la sua origine etimologica rimanda all’ambito del “pubblico”, del comunitario, del collettivo– fortunatamente supera il suo concetto di riduzione al campo dello stato o al sistema dei partiti, nel momento in cui rompe con il “feticismo del potere” che si esprime nell’esercizio autoreferenziale dell’autorità. Un settore sempre più grande della società sta dicendo “basta” ad un governante che si crede unico sovrano del potere, e allo stesso tempo assume il proprio ruolo di attore politico, rompendo con una tradizione politica servile basata sul clientelismo politico e sociale ereditato dai precedenti populismi.

02-09-2013

Revista del Observatorio de los Servicios Públicos (Guayaquil)

da carlosfonseca

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