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Ecuador: la prima guardia indigena guidata da donne kichwa

E per inciso tenete d’occhio le congas e il boa dalle 7 teste.

di Maria Teresa Messidoro (*), da La Bottega del Barbieri

Anche se gli uccelli e i mammiferi acquatici sono una parte essenziale della selva amazzonica, sono i piccoli insetti, cin il proprio comportamento, a caratterizzare questo ambiente latinoamericano.

L’Amazzonia è tra l’altro la casa di molte varietà di formiche, tra cui spiccano le congas o formiche proiettile, così chiamate perché sono la specie di formiche con la puntura più dolorosa al mondo, secondo l’indice di Scmidt (1).

Nella cultura indigena kichwa, la specie conga, o yuturi , è considerata pacifica, fino a quando non si accorge che il suo habitat è minacciato: per questo viene considerata una guerriera, nel senso che non permette a nessuno di entrare nel proprio territorio.

Lo stesso succede con le donne della comunità di Serena, la comunità indigena che si trova lungo il corso del fiume Jatunyacu (2), nella Amazzonia equadoriana.

Si chiamano Yuturi Warmi, le donne conga. “Ci siamo organizzate contro l’attacco sistematico della miniera illegale nei confronti delle popolazioni e dei territori indigeni, perché tutte le miniere presenti nella provincia di Napo lo sono” afferma María José Andrade Cerda in una intervista concessa recentemente a Mongabay. (3)

Mayo, come viene affettuosamente chiamata Maria José, ha 28 anni ed è una delle dirigenti più giovani delle Yuturi Warmi. Racconta come dall’arrivo delle miniere nel territorio della sua comunità si sia persa la pace e la tranquillità; ci si guarda sempre alle spalle, controllando che gli operatori delle imprese non parlino con i dirigenti comunitari, cercando di corromperli, mentre si è definitivamente rotta l’armonia con le comunità circostanti, là dove si è ceduto alla presenza invasiva delle miniere.

Il territorio ha subito delle trasformazioni: ad esempio il boa dalle sette teste è costretto a risalire dalle acque del fiume, divenute troppe calde a causa delle contaminazioni provocate dal lavoro minerario. I bambini e gli adulti hanno notato il cambiamento del colore dell’acqua, più inquinata.

Gli stessi supays, gli spiriti della selva, si stanno muovendo inquieti, non possono rimanere tranquilli di fronte allo scempio perpetrato.

Tutto è iniziato nel febbraio del 2020, quando il territorio della conca del rio Jatunyacu viene dato in concessione alle miniere: oggi se ne contano 153 ufficiali, oltre a quelle sorte illegalmente.

 I giovani e soprattutto le donne della comunità Serena allora si ribellano, formando una guardia indigena (4) di una trentina di donne; inizialmente viene vista con scetticismo, perché la guardia indigena in Ecuador, come in tutto il continente latinoamericano, è vissuta come un “compito da uomini”, che spesso girano armati.

Ma Mayo e le sue compagne non si sono arrese, anzi. Si sono posti sei obiettivi: il primo è la difesa del territorio, a cui le donne sono da sempre legate. Il secondo è lo sviluppo di laboratori artigianali, come forma di maggiore autonomia anche economica. Il terzo è il campo educativo, affinché i ragazzi e le altre donne della comunità prendano coscienza della necessità dell’interculturalità e siano bilingue. Il quarto, che non si perda la medicina ancestrale, fondamentale nel periodo della pandemia.. Quinto, vorrebbero concentrarsi su un turismo differente, un turismo di resistenza, dove si evitino gli impatti negativi del cosiddetto “sviluppo ecoturistico”, dannoso per le comunità locali. Infine, la valorizzazione della cultura e delle tradizioni ancestrali del popolo kichwa.

Da un punto di vista organizzativo, hanno adottato la strutture associativa, tipica delle comunità indigene, con un direttivo e una presidentessa, Elsa Cerda, considerata la comandanta, alla testa di ogni lotta ed iniziativa. La prima donna a coordinare una guardia indigena.

Le donne di Yuturi Warmi sanno che la lotta contro le miniere è una lotta collettiva, che non si può vincere soltanto all’interno della singola comunità o soltanto come organizzazione di donne, ma con un lavoro congiunto con le organizzazioni indigene a cui appartengono, come la Federación de Organizaciones Indígenas del Napo, il gruppo Napo resiste (5) e con i gruppi presenti anche nelle città, sensibili al tema ecologico.

I risultati ottenuti finora sono stati due: il primo, avvenuto nel febbraio del 2022, quando sono riuscite a bloccare 150 macchine scavatrici ed espellerle dal territorio di Yutzupino; il secondo a livello giuridico, quando si è ottenuto dalla Corte di Giustizia Provinciale che venga riconosciuto la vulnerabilità dei diritti della natura, e di conseguenza il diritto alla riparazione dei danni compiuti dalle miniere. Diritto che non è ancora però stato applicato.

Mayo ha ben chiaro che tutto ciò che sta facendo e che farà non è solo per stessa, ma per tutta la comunità e per il territorio in cui vive. Si sente come la portavoce delle bambine e bambini della comunità, delle giovani che stanno appoggiando il lavoro delle Yuturi Warmi, delle madri e delle nonne che le hanno trasmesso la loro saggezza, dei propri antenati che hanno lasciato in eredità il territorio in cui si vive oggi.

Il territorio, per Mayo, “è la vita stessa. Non è solo l’aspetto fisico, è la spiritualità, la compagnia, la gente e lo stato d’animo che vivo in questo momento. Quando sono nel mio territorio, mi sento al sicuro, perché il territorio è ciò che sono io, con il mio corpo e la mia ancestralità”

L’insegnamento che nasce dalle guardie indigene Yuturi Marmi è che la speranza è la resistenza.

“Il fatto che continuano ad attaccarci, come persone e come territorio, non ci tolgono certo la voglia di continuare a vivere”

  1. Scmidt descrive il dolore provocato dalla puntura della formica conga equivalente a quello che si proverebbe a camminare sui carboni ardenti, con una puntina inserita nel piede. Le popolazioni locali chiamano la formica conga anche formica ventiquattro, a causa del dolore provocato da questa puntura, che può durare appunto fino a 24 ore.
  2. Dall’unione del rio Jatunyacu con il rio Anzu si forma il gran Rio Napo, uno dei principali affluenti del Rio delle Amazzoni
  3. https://es.mongabay.com/2023/05/yuturi-warmi-primera-guardia-indigena-liderada-por-mujeres-kichwas-en-ecuador-entrevista/?utm_source=Latam&utm_campaign=bfb3f05001-mailchimp_latam_PueblosInd%C3%ADgenas&utm_medium=email&utm_term=0_e3bbd0521d-bfb3f05001-77266426&mc_cid=bfb3f05001&mc_eid=d37f8f1374 articolo da cui sono tratte le foto riportate in questa nota.
  4. L’esperienza delle guardie indigene come pratica dell’autonomia dei popoli indigeni latinoamericani è stata più volte descritta da Raúl Zibechi nei suoi articoli, vedere ad esempio https://comune-info.net/autonomie-come-alternativa-di-vita/ , in cui si parla delle guardie indigene del Cauca in Colombia. Lo scorso settembre si è svolto il Primer Encuentro de Guardias Indígenas del Ecuador, a cui hanno partecipato decine e decine di guardie indigene provenienti da tutto il territorio nazionale. https://es.mongabay.com/2022/10/guardias-indigenas-toman-fuerza-en-ecuador-para-proteger-sus-territorios/
  5. https://www.naporesiste.org/

*Vicepresidentessa Associazione Lisangà culture in movimento Odv

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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