Mare Nostrum che sei nei CIE
Per cominciare: la costruzione del cattivo-nemico. L’Italia non ha colpe o responsabilità se non dall’avvistamento in poi; la migrazione comincia dall’orizzonte delle spiagge lampedusane, tutto ciò che accade prima non le è noto. Sappiamo benissimo che non è vero, che la gestione dei migranti da parte della polizia libica e del governo libico (indubbiamente razzista nei confronti dei sub sahariani) è l’esito di accordi internazionali mai dismessi, della quotidiana ingerenza di Frontex, dell’amministrazione condivisa dello spazio mediterraneo (contrariamente al discorso pubblico sull’assenza dell’Europa). Ecco dunque il primo livello della narrazione (mainstream) attorno alle migrazioni: si nega la partecipazione europea agli avvenimenti pre-mediterranei (carceri sovraffollate, detenzioni disumane, torture, stupri, rimpatri forzati, traversate del deserto ecc. ), si fanno cominciare i flussi da Lampedusa, e si esige che l’Unione faccia la sua parte. La spettacolarizzazione della frontiera, la sua invenzione mediatica (il confine è il punto dove arrivano gli stranieri, che probabilmente si ignorerebbe se non ci arrivassero gli stranieri) è funzionale a creare l’identità dell’accogliente, di uno stato buono, umanitario, che tante volte è chiamato a sudare per salvare vite e altrettante volte non si tira indietro. Salvo poi permettere naufragi come quello del 3 ottobre scorso, voluto (nonostante il pubblico cordoglio) per pretestuosamente dare il via a due ordini del discorso: i colpevoli sono i cattivi tra i migranti, la loro testardaggine, il loro razzismo, il loro attaccamento ai soldi, noi fin che non li avvistiamo vicini vicini alla costa non ne sappiamo niente, quindi dobbiamo intensificare il controllo. Occasione questa per militarizzare, mediatizzare la propria faccia come pulita, per strutturare l’immagine dell’Europa umanitaria, ma anche per spettacolarizzare ogni arrivo, così da poter far contare a tutti e tutte il numero reale dei migranti. Altissimo, intanto utile a mostrare altissima umanità. Chissà che in un futuro prossimo lo spettacolo degli sbarchi non diventi utile a giustificare (ora che li abbiamo contati tutti) nuove politiche securitarie e di respingimento, come dire: volevate che li accogliessimo, l’abbiamo fatto, e ora dove li mettiamo tutti? Ve l’avevamo detto che non c’era posto, che erano troppi. La prova dei fatti lo esige: se ne stiano a casa loro. L’Europa è matematicamente satura, il suo l’ha fatto. Dunque pretesto per la fortificazione delle frontiere, per la loro ulteriore militarizzazione, base per la regolamentazione dei comunque inevitabili flussi, per il loro controllo e sfruttamento extralegale. I migranti sono fonte di manodopera a basso costo e il capitale non può certo buttarla via, si tratta soltanto, a seconda di esigenze contingenti, di regolarne il flusso aprendo o chiudendo le porte, a seconda della fase di fare i securitari o i libertari. L’interesse è comunque lo sfruttamento, il mezzo si coniuga con le situazioni particolari.
Salvare oggi in pompa magna migliaia di persone non fa altro che coprire la realtà dell’operato successivo dello Stato. Arrestare i cattivi tra loro, gli anelli intermediari di una catena che ai vertici vede le polizie e i governi d’Europa e del Nord africa, saggia immediatamente di totale bontà l’operato italiano contingente e futuro, non lo esclude, anzi ha l’unico scopo di perpetrarlo. L’Italia salva oggi per ricattare e sfruttare domani. Non è un caso che Connecting People e Legacoop abbiano trovato di buon auspicio le chiacchiere della carta di Lampedusa, che abbiano visto un utile per sé nella libera circolazione di migranti disperati in cerca di occupazione (volto umano del neoliberismo, libertà per le merci e libertà per gli uomini – anch’essi merce). Per i patron del neoschiavismo è una ghiottissima occasione. Del resto chi da ormai più di due anni attraversa quotidianamente i magazzini della logistica (soprattutto emiliana ma non solo), ben sa qual è la realtà. Notti passate a bloccare i cancelli dello sfruttamento con migranti principalmente africani e balcanici; notti intere a sentirsi raccontare particolari dei “viaggi” verso l’Italia, di storie individuali la cui conoscenza è indispensabile. I frequentissimi picchetti sono stati anche, da questo punto di vista, un momento di altissima formazione; grazie al racconto orale dei compagni, molti di noi sono venuti a conoscenza di storie personali o collettive utili a storicizzare l’evidenza di un sistema di sfruttamento che non comincia assolutamente lì, oltre quel cancello, che viene da molto lontano. Le vessazioni razziste cui quei migranti sono sottoposti sul posto di lavoro, le buste paga dimezzate, i licenziamenti arbitrari o immediatamente politici quando i lavoratori (autoctoni o meno) sono iscritti al sindacato si cobas: questo accade dopo la spettacolarizzazione del recupero, di questo è responsabile chi oggi si fa applaudire ad ogni salvataggio. E’ impiegando tanto del nostro tempo e della nostra energia nei quotidiani picchetti fuori dalle fabbriche, sole o neve che sia, occupando le case con gli uomini e le donne che abbiamo conosciuto davanti a Granarolo, è convivendo e lottando con loro per i nostri giusti diritti e per la nostra giusta dignità che scopriamo cosa c’è dopo il salvataggio, qual è il vero volto dei padroni, dei capi di governo, di Renzi e Poletti. Le detenzioni nei Cie, la clandestinità, i ripetuti arresti, i diritti negati: eccolo Mare Nostrum!
Tutto ciò per noi evidenzia quindi un dato quanto mai ovvio: l’Italia non salva perché umanitaria, ma poiché ha interessi economici e politici nella gestione dei migranti. Attraverso le cooperative, l’accoglienza è un’occasione di guadagno su due livelli: organizzazione delle prime fasi, quindi servizi di assistenza allo sbarco e amministrazione dei centri d’accoglienza e dei Cie, successivamente attraverso lo sfruttamento di quella stessa manodopera a basso costo nei grandi magazzini della logistica. E’ dunque, da parte governativa, un’occasione per strutturare, spettacolarizzandolo, il proprio intervento politico: accoglienza per giustificare future chiusure sotto l’egida della necessità e non della xenofobia. Ecco che i discorsi di questi giorni non sono che una forma del fisiologico razzismo e della fisiologica ideologia capitalistica del governo PD.
Di fronte a tutto ciò crediamo si debbano da una parte disperdere tutte quelle retoriche e pratiche assistenzialistiche che sono l’occasione per riconfermare implicitamente l’egemonia del bianco sul nero, la base di legittimazione dello sfruttamento, del lavoro (di merda) o della casa come dono al disperato. Dall’altra si tratta di rispondere alla povertà, al razzismo, alla negazione di diritti con le uniche operazioni che salvano la vita: la lotta e la solidarietà. Studenti, disoccupati, precari migranti o meno, organizzandosi autonomamente possono conquistare tutto ciò che dall’alto non arriverà mai. Le nostre occupazioni meticce, i picchetti, gli spazi di socialità che si aprono attorno a queste esperienza, le grandi giornate di lotta del 19 ottobre e del 12 aprile romani ne sono la prova.
Alla lotta!
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