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Mercificare tutto! (col beneplacito dell’UE)

Poco meno di una settimana fa L’Espresso, in contemporanea con il quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung, ha pubblicato uno dei nuovi leaks che Julian Assange e Wikileaks continuano a distillare da due anni a questa parte, rompendo lo schermo di segretezza e opacità con cui Stati Uniti, corporations e altri attori capitalistici globali (subalterni ai primi) continuano a decidere, sulle nostre teste, del nostro futuro e della loro profittabilità.

Coi toni tipici del sensazionalismo giornalistico Stefania Maurizi presenta il dcoumento sul sito del settimanale parlando di «un accordo che viene negoziato nel segreto assoluto e che, secondo le disposizioni, non può essere rivelato per cinque anni anche dopo la sua approvazione». 

Come nota un lettore-commentatore (di certo poco sensibile alle istanze anti-capitalistiche e forse convinto sostenitore della bontà del sistema in cui viviamo) «il TiSA non è un accordo segreto. A livello UE sia il Parlamento che il Consiglio e gli Stati Membri ricevono tutti i documenti che vengono discussi in fase di negoziazione. La Commissione deve quindi tenere conto della posizione degli Stati Membri durante i negoziati e anche di quella del Parlamento i quali, nel caso in cui l’accordo contenesse delle norme problematiche, potrebbero decidere di non approvarlo. Lo stesso vale per il TTIP. Il livello di trasparenza è quindi lo stesso garantito per tutti gli altri accordi commerciali» (c’è anche un sito apposito che spiega in cosa consiste il trattato: https://servicescoalition.org/negotiations/trade-in-services-agreement).

Dal punto di vista della norma e della prassi con cui questi trattati globali sono ordinariamente gestiti ha ragione il lettore: il Tisa è figlio della più “normale” proceduralità con cui il WTO (organizzazione mondiale del commercio) cerca, da 30 anni a questa parte, di istituire globalmente principi e regole di liberalizzazione spinta del mercato, sfondando barriere nazionali, protezioni sociali (welfare) e ogni altro tipo di argine alla cannibalizzazione capitalistica dei territori e delle popolazioni che li abitano.

E questa normalità ribadita dall’infastidito lettore che andrebbe appunto messa in discussione e non, come fa L’Espresso, fingere ora di accogersi che questa “sarebbe la vittoria definitiva della finanza sulla politica”. Questa vittoria e avvenuta da qualche decennio ma la Politica non ne è stata la “vittima” quanto piuttosto il soggetto attivo e partecipe di questa nuova grande trasformazione. Come ha ben evidenziato Christian Laval nel recente tour italiano di presentazione del  libro che ha scritto con Pierre Dardot (La nuova ragione del mondo) l’Unione Europea è nata, fin dal suo progetto iniziale, come entità esplicitamente ccostituita in senso neoliberista (da Giscard d’Estaing e altri comptrimari, utilizzando il serbatoio di pensiero giuridico-politico-economico prodotto dagli ordo-liberali tedeschi fin dagli anni Trenta del secolo scorso).

Ciò non toglie che la Storia non è solo quella delle oscure manipolazioni di onnipotenti élites capitalistiche (che ci sono, stanno molto in alto, e sono difficilmente penetrabili) ma è il prodotto del rapporto tra quell’iniziativa e quella contraria di chi sta in basso, resistendo e contrattaccando. Un passaggio apparentemente meno significativo del’articolo dell’Espresso rivela  l’effetto sottostante di chi non è un semplice (s)oggetto che subisce le iniziative della controparte «Tisa è l’eredità del “Doha Round”, la serie di negoziati iniziati a Doha, Qatar, nel 2001, e condotti all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), per la globalizzazione e la liberalizzazione dell’economia, che ha scatenato proteste massicce in tutto il mondo e che è fallito nel 2011, dopo dieci anni di trattative che hanno visto contrapposti il mondo sviluppato, Stati Uniti, Giappone Unione Europea, e quello in via di sviluppo, India, Cina, America Latina».

Le proteste No Global – soprattutto bisogna far riferimento alle resistenze delle popolazioni africane, asiatiche e latino-americane che fin dagli anni Ottanta hanno resistito ai Piani di Aggiustamento Strutturale del Wto e della Banca Mondiale – sono state un freno, un’increspatura al “libero” dispiegarsi del modello neoliberista. Hanno rappresentato, su scala mondiale, una prima battuta d’arresto di quella razionalità che, ostinata, oggi rioccupa la scena più determinata che mai; se è il caso, in termini meno pubblici e trasparenti.

 

I contenuti dell’accordo

Venendo al documento [consultabile qui], ma più ancora al sito ufficiale succitato in cui sono esplicitate le finalità dell’ente, gli obiettivi dell’accordo sono chiari e perfettamente in linea com l’indirizzo neoliberale che dagli Sati Uniti, via l’Europa, si sta imponendo (non senza resistenza e blocchi) a tutto il mondo. Si tratta di attaccare finanziariamente la polpa grossa di quello che nei paesi occidentali è arrivato a inglobare il 70 % dei Pil nazionali: i servizi.

L’accordo tenterà quindi da un lato di proteggere il mercato finanziario, ponendo barriere a controlli e misure di contenimento-verifica, dall’altro produrrà linee-guida per le varie legislazioni alfine di permettere una messa-sul-mercato di tutto quello che fino a ieri era considerato un servizio garantito statualmente come salario indiretto (welfare e pubbliche utilità) e che negli ultimi tre/quattro decenni viene sempre più strategicamente “aperto” da queste misure come immenso spazio di investimento e accumulazione capitalistica. Si tratta, niente meno, che del tentativo di mercatizzare completamente la sfera della riproduzione, processo già in atto da tempo ma che presenta ancora, almeno in europa, anocora grosse rigidità. Un immenso, potenziale mercato che la razionalità capitalistica non è disposta a concepire come sfera separata e protetta dalle sue brame.

C’è di che preoccuparsi ma è tutto perfettamente in linea con quanto perseguito, con determinazione e scienza, da corporations e classi politiche (che spesso si cambiano i posti di comando). Il prossimo passaggio – non è fantascienza ma già dura realtà in tanti campi della scienza applicanda e delle ricerca scientifica – è la mercificazione del vivente.

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