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Muri, sfruttamento, sciacallaggio non fermano un movimento ingovernabile

Mentre l’Europa a livello finanziario è sempre più centralizzata nelle mani tedesche, le frontiere tra i suoi stati sono sempre più attraversate da ostacoli visibili e invisibili, sui quali si giocano partite relative a rapporti di forza di livello nazionale e transnazionale che ricadono sulla pelle di chi affronta la dura scelta della migrazione.

Le immagini che arrivano da Belgrado, il cui centro cittadino è stato raggiunto da decine e decine di pullman provenienti dalla Macedonia, testimoniano il permanere della volontà di movimento di tantissimi uomini e donne in arrivo dai teatri di guerra e di povertà ma anche il limbo al quale questi sono sottoposte le circa 400.000 persone che negli ultimi 6 mesi hanno fatto richiesta d’asilo in paesi UE.

La traiettoria è ormai nota: i migranti in fuga dalla guerra e dalla devastazione in Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan raggiungono la Turchia. Da questa tramite navi i migranti arrivano in Grecia, dalla quale raggiungono la Macedonia e quindi la Serbia da cui è poi possibile raggiungere la frontiera con l’Ungheria e iniziare la scalata balcanica verso l’Europa settentrionale, in un processo sempre più rallentato e contrastato dai custodi della sacralità dei confini. Confini che difesi dalla retorica mainstream paiono voler costruire l’immagine di un “assedio alla UE” che va rovesciata nell’analisi di quello che è invece una tragica conseguenza della devastazione e saccheggio compiuta dall’Occidente nei paesi e nelle aree geografiche di provenienza.

Le soluzioni politiche stentano ad arrivare se escludiamo quella proposta dalla Merkel di un sistema di quote di accoglienza tra diversi paesi e della costruzione, richiesta con forza ad Italia e Grecia, di un sistema di centri di registrazione. Ovvero, de facto, di nuovi Cie dove trattenere i migranti in attesa di regolarizzazione anche fino a 6 mesi e nel frattempo aver tempo e calma con cui espellere quelli che non ne hanno titolo.

Iniziano a crearsi alcune problematicità di governance sulla gestione complessiva del fenomeno: basti pensare che l’Austria ha minacciato di portare in giudizio la commissione UE se non verrà rivisto il regolamento di Dublino. Ma aldilà della repressione, si delineano strategie alternative da parte delle cancellerie europee per far fronte ad una situazione da loro stesse creata e sulla quale è anche possibile ottenere guadagni per le proprie economie o per la propria tenuta politica.

Ci sono tanti modi infatti di affrontare un’emergenza che sappiamo essere creata ad hoc per mobilitare le opinioni pubbliche su temi diversi dalle condizioni di vita nell’Europa dell’austerity. C’è chi come la Merkel si finge progressista e annuncia l’impegno della Germania nell’ospitare i profughi siriani, invitando tutti gli stati membri a mettere in campo politiche reali di accoglienza nei confronti dei migranti (dopo aver appoggiato tutte le politiche invece scaricavano sui paesi della sponda sud il costo dell’accoglienza a migranti e rifugiati). Peccato che la Germania intende ospitare selettivamente, in questi profughi siriani in media molto scolarizzati e facili da inserire nelle catene del lavoro dequalificato a stipendi sicuramente inferiori rispetto al tedesco medio, sfruttando cosi a fini interni il prodotto di guerre devastanti.

D’altra posizione, più incentrata sul consenso interno su basi razziste, è la politica del premier ungherese Orban, uno dei più reazionari d’Europa e di UE, che  mentre continua a dare impeto alla costruzione di un muro alla frontiera con la Serbia e prende in considerazione l’idea di spedire l’esercito alla frontiera, ha annunciato l’invio di 2100 uomini delle forze dell’ordine a presidiare il confine che si aggiungeranno ad altri mille poliziotti presenti.

Le stesse forze dell’ordine ungheresi che ieri hanno sparato lacrimogeni sui migranti che volevano lasciare il “centro d’accoglienza” di Roszke dove centinaia di migranti dopo aver passato la frontiera venivano fermati dalle forze dell’ordine ma rifiutavano di farsi prendere le impronte digitali (per evitare che in base al regolamento di Dublino dovessero essere costretti a rimanere in Ungheria, quando il loro desiderio è raggiungere il Nord Europa).

Intanto anche la Bulgaria ha deciso di aumentare gli effettivi delle forze dell’ordine alla frontiera, mentre anche la frontiera ungherese-croata potrebbe essere oggetto delle attenzioni dei migranti dopo che sarà completato il muro di filo spinato tra Ungheria e Serbia. In Italia invece secondo il Viminale sono attesi altri 20.000 profughi nei prossimi mesi: per accoglierli si apriranno vecchie caserme, aree industriali in disuso e perfino ex penitenziari.

Un dato di fatto che ha già scatenato gli sciacalli vari di Lega, Forza Nuova e Casa Pound, che cercano in modi differenti e convergenti di spingere le parti più sofferenti della società ad una polarizzazione che vede nello slogan “Prima gli italiani” un terribile rigurgito da contrastare con tutte le nostre forze: prima i poveri, potrebbe allora essere uno slogan a significare un modo di costruire meticciato e soggettività antagonista che ribalti scenari di guerra tra poveri che rischiano di esplodere a livello sociale quando anche agiti da soggetti pericolosi come quelli di Heidenau in Germania..

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