Pressing alto e Movimento
Bisogna essere Zemaniani, mantenere la calma in qualsiasi momento, non scomporsi, stare sul pezzo, coprire ogni metro del campo e andare sempre all’attacco. Stare dentro e oltre il presente, non ghettizzarsi in “categorie minori”, ma pretendere di giocare in serie A con i nostri schemi… e vincere! Non importa se si sta sopra o sotto di 4 gol, quello che importa è il motivo per cui si gioca, gli schemi che si mettono in campo, la volontà di non passare mai la palla verso dietro. Come fanno le squadre del boemo anche se sei al 90° e stai sopra soltanto di un gol, non ti puoi fermare. Non ti devi fermare! Devi continuare ad attaccare! Non hai niente da perdere se ti giochi la partita a viso aperto perchè se giochi il tutto per tutto stai già vincendo. Vinci quando giochi in altri modi, quando parli altri linguaggi, quando non ti pieghi, quando sai che quella che stai giocando è la partita della vita. Hai già vinto quando lotti con i tuoi metodi, perché sei tu che imponi il gioco e gli altri sono costretti a venirti dietro.
Qui sta il grosso della partita che questa generazione sta giocando; è dentro questa filosofia che si inseriscono le dinamiche di vittoria o sconfitta, la possibilità reale di prendere o perdere tutto. Si, perché il piano politico al tempo della crisi è quello di una riappropriazione che o sarà totale o non sarà, un piano in cui si mettono in discussione non soltanto forme economiche o politiche, ma anche e soprattutto quelle sociali. Si sta giocando d’attacco sui rapporti sociali per rompere le forme di atomizzazione e ricostruire nuovi metodi di stare insieme, di cooperare. Si sta giocando d’attacco perché difendersi, nel nostro tempo, in quella continua zona Cesarini che è la vita precaria, non serve a nulla.
Quella che giochiamo è una partita contro squadre più blasonate, con maggiori titoli sulle spalle, ma proprio per questo incapaci di rinnovarsi, di cambiare schema e quindi perdenti , perché giocare con vecchi schemi, adesso, è già perdente. Stanno sotto e non se ne rendono conto. Non si rendono conto che a Exarchia o a piazza Syntagma, a plaza del Sol o a piazza Tahrir, nelle montagne della Val Susa tra Chiomonte e Bussoleno,i movimenti transnazionali si sono già giocati tutto su una scommessa: “draw no bet!”. Una scommessa giocata sulla nostra capacità di andare all’attacco, di coprire gli spazi e dare tutto … finché non si avrà indietro tutto!
Il resto, spesso, è uno spettacolo noioso fatto di tutela di piccoli egoismi, uno squallido catenaccio dell’individualismo proprietario che aspetta con ansia l’arrivo del 90°, e pur di non mettersi in gioco, è capace di difendere un misero 0 a 0 riuscendo soltanto ad svilire il gioco.
Ma questo non è il tempo dei catenacci e a dirlo sono anche le piazze italiane, in questo fantastico autunno passato all’attacco, in cui una nuova generazione ha preteso senza mezzi termini di riprendersi il futuro e di giocare secondo i suoi schemi, al di là di quello che sarà il risultato. E mentre gli altri giocano in difesa, cercando tramite un triste teatrino mediatico-rappresentativo, di rianimare una democrazia ormai al collasso, il #5O, il #14N e il #6D, migliaia di giovani hanno giocato una partita stupenda, incantevole, tenendo il pressing alto e andando a riprendersi spazi fisici e politici. Coprendo tutte le zone possibili del campo con sangue freddo sono riusciti a chiudere gli spazi di chi, tra daspo preventivi e arresti in differita, ha cercato di spaventarli. Queste embrionali forme di sciopero sociale, questa capacità di prendere luoghi in cui iniziare a costruire nuove forme di partecipazione ci danno la misura di quanto, già dai primi minuti di gara, sia alta la qualità di questo 4-3-3, che non consce fase difensiva. E adesso che il contropiede è partito che in piazza ci sono passini, rabbia e determinazione, adesso che si sentono realmente di essere inferiori dal punto di vista del gioco, proprio adesso iniziano ad avere paura.
Cercano balbettando di dare delle risposte, ma il problema e che nessuno gli ha fatto le domande. Non puoi chiedere niente quando sei convinto che la soluzione sta nei tuoi schemi e non nei loro.
Sta nel rischiare tutto quando si attacca per vendicare la morte Alexis, sta nel rischiare quando ci si difende per evitare lo sgombero dello studentato occupato che porta il suo nome. Non chiedi niente a chi vuoi cacciare perché non ha risposte!
Ma la partita è dura e, come insegna Zeman, “la preparazione è essenziale: è la base su cui costruire la stagione. Siamo qua per lavorare, per prepararci per la stagione, è normale che si fatica… Se fossimo andati in un villaggio Valtur sarebbe stato diverso” .
Chi fa questo gioco odia i villaggi Valtur, e sa che è necessario sudare, fare chilometri in campo per aumentare la capacità di resistenza, provare e riprovare gli schemi, metterli in pratica e, quando necessario, modificarli e ridisegnarli.
Correre, sudare, sacrificarsi e mettersi in discussione. Sono queste le cose che stanno alla base della nostra preparazione atletica dissennata e totale, una preparazione fatta lungo tutti quei percorsi di movimento che rappresentano, adesso, la pratica costituente del diverso. È in questi spazi infatti che si allenano le nuove soggettività. È qui che vengono praticate quelle nuove forme contro-cooperanti che già oggi misurano il reale con metri diversi quelli del mercato; è qui che non ci si cura di quanto si sia alzato lo spread, ma di quanto si alzano le barricate. Non si misura la vita in base a quanto hai, ma in base a quello che sei. Qui la “la qualità della vita” non si misura partendo dall’io ma dal noi perché si è convinti che si possa stare bene solo se tutt* stanno bene.
Ma questo è solo il campo di allenamento, quello di gioco è l’intera società nell’epoca della crisi, campo nel quale i vecchi metodi di gioco collassano, in cui chi gioca in difesa dello status-quo, adesso, non riesce a reagire. Non sa da dove iniziare, come fare a bloccare la fitta rete di passaggi che mette in connessione precar* di prima e seconda generazione, centro e periferia, metropoli e provincia. Non capisce i legami che rendono possibili questa coralità di gioco, non li capisce perché non è abituato a guardare al di là degli andamenti di borsa, dei calcoli statistici fatti dentro le tristi sedi dei partiti. Non li capisce perchè non si può capire il colore se sei abituato a pensare in bianco e nero, e quindi proprio perché non lo riescono a capire provano a distruggerlo.
E mentre loro studiano ancora il modo per metterci fuori giochi, noi stiamo già giocando in serie A. Tenendo il pressing alto e senza avere paura, perché chi è Zemaniano sa benissimo che bisogna giocarsela ad ogni costo, in attacco contro chiunque. Non importa se alla fine del primo tempo il passivo e già pesante, quello che conta è continuare ad attaccare, perché è sempre meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine!
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