Sopra quale bomba bancaria ci ha fatto accomodare Mario Monti?
Si può sottolinere così la filosofia di fondo del governo, mettendo tra parentesi le polemiche giornaliere e la propaganda: la salvaguardia della tenuta dei grandi capitali, del debito pubblico e delle istituzioni bancarie sul piano nazionale ha rappresentato il filo rosso di tutti gli interventi dell’esecutivo. Questo in una politica di raccordo con la linea prevalente a livello Ue: tale salvaguardia va integrata con la contrazione dei bilanci pubblici, la riduzione dei salari (per un’economia di esportazione), la costruzione di dispositivi continentali di rigido controllo dei singoli bilanci nazionali (fiscal compact, fondo stabilità etc. meccanismi tra l’altro ancora tutti in essere).
Ma senza un intervento della Bce, con 1000 miliardi di prestiti agevolati alle banche (acronimo LTRO) negli ultimi mesi nessuna di queste politiche del governo Monti, frutto di una concezione anni ’30 dell’economia e dello stato, avrebbe potuto veramente fare strada. Questo intervento della Bce ci fa capire che un grande malato di questa crisi è il settore bancario. Il quale lo è sia nella sua cornice nota e istituzionale che nei suoi rapporti con lo shadow banking, settore bancario informale e ad alto rischio. La scelta della Bce, se in questo contesto si può parlare di scelta, non è stata di puntare a una severa ristrutturazione del sistema bancario (infatti l’accordo Basilea 3, che dovrebbe essere uno dei pilastri di questa politica è ancora lontano dal materializzarsi
http://borsaitaliana.it/borsa/notizie/mf-dow-jones/italia-dettaglio.html?newsId=977729〈=it)
Quanto piuttosto di finanziare il sistema bancario sull’onda dell’emergenza della crisi di liquidità, alimentata anche dalla speculazione, che a livello continentale è emersa a fine 2011.
Insomma, il contrario di cui i due Mario (Monti e Draghi) vanno predicando per la parte bassa della piramide sociale: per le banche prima si finanzia, con un tasso così basso che permette loro di fare profitti solo con il “click” alla voce acquisti debito sovrano, poi eventualmente si ridiscute di regole.
Ecco quindi che è calato lo spread nei primi mesi dell’anno, si sono superate le temute aste dei bond, comprese quelle di Italia e Francia, si è consolidata l’architettura dei provvedimenti Monti (seppur con qualche sussulto), si sono stabilite alcune regole di fondo in Europa, in attesa che diventino realtà o meno specie dopo le elezioni francesi. I milioni di disoccupati prodotti, tra presente e futuro, da queste politiche, le milioni di famiglie messe in grave difficoltà fanno parte del tipo di vittime necessarie, nelle intenzioni, per sedersi un giorno da vincitori al tavolo della pace bancaria e finanziaria.
Eppure si è accesa una prima spia che indica come questa strategia italiana sia di quelle socialmente crude ma probabilmente prive di quella efficacia in nome della quale è stata promossa. Infatti a metà marzo viene annunciato il raggiungimento di un nuovo tetto nel debito pubblico.
Questo accade per due due motivi, il primo è che, nonostante la discesa dei tassi di interesse sul debito pubblico, le necessità di finanziamento dello stato (uno stato che ha tagliato funzioni essenziali e che ha interessi sul debito enormi) producono comunque ulteriore indebitamento. Anche perchè, con Draghi direttore del Tesoro prima e presidente di Bankitalia poi, l’Italia dal 1998 al 2008 ha fatto ampio uso di titoli ad alto rischio. Grazie a questo spuntano sempre cedole nuove da pagare, come quella di 3,4 miliardi a Morgan Stanley quest’anno (ben più della cifra prevista da Fornero per gli ammortizzatori sociali).
Il secondo sta in una ovvietà serenamente omessa dal mainstream televisivo e politico: lo stato che imbocca una dinamica di austerità, deprime infatti l’economia e finisce per aumentare il debito pubblico.
http://goofynomics.blogspot.it/2012/04/e-la-dinamica-del-debito.html
Si comprende qui come le politiche della Bce, che chiede rigore di bilancio per finanziare il sistema bancario senza grossi effetti collaterali (l’inflazione che è veleno per i capitali), in Italia hanno finito, per adesso, per produrre ulteriore debito pubblico. Un caposaldo delle politiche montiane, contenere debito pubblico, appare così meno saldo, smentito dalle stesse dinamiche del cosiddetto mercato. Ci sarebbe da dire che qualche dubbio viene anche sulla capacità montiana di salvaguardare i grandi capitali, ma qui il discorso si farebbe troppo lungo.
Ma che ne è delle banche?
Il sistema bancario italiano nel 2011 ha registrato grosse perdite, su tutti i piani di realtà, ma al momento, ed è questa la notizia più importante, il particolare non va solo segnalato solo come indice di crisi delle banche tricolori ma anche di quella ulteriore del debito pubblico italiano.
Niente di cui stupirsi, almeno se si notano da un mese circa segnali come questo: la Ifr, prestigiosa rivista finanziaria della Reuters, rimarca come, una finito lo stimolo finanziario della Bce, l’Italia veda crescere il debito pubblico e trovi grande difficoltà a farselo finanziare dall’estero (fondi speculativi che non trovano redditizio, grazie alle note delle agenzie di rating, prestare all’Italia).
http://www.ifre.com/italy-shaky-despite-ecb-money/21003518.article
Quando lo scenario previsto dalla Ifr potrebbe avverarsi, portando di nuovo i tassi di interesse dei bot decennali, vicini al 7 per cento e quindi a livelli berlusconiani?
Quando si registra una particolare movimentazione delle banche italiane, già in difficoltà, nell’acquisto di debito pubblico italiano per sostituire il mancato investimento estero. Segno quindi della difficoltà di piazzare all’estero debito pubblico italiano, uno degli obiettivi di Monti, piuttosto che della nazionalizzazione del debito.
Il punto è che questo fenomeno sta già avvenendo. Lo segnala il New York Times.
E siccome le cattive notizie non vengono mai da sole, il NYT segnala anche che le banche italiane si stanno muovendo come l’altro grande malato d’Europa: la Spagna. Questo avviene, come segnala il New York Times, perchè gli investitori stranieri considerano di nuovo a rischio il mercato del debito pubblico italiano. Quella che rischia di manifestarsi, con grande ampiezza, è quindi una spirale. Banche italiane, indebitate e con problemi strutturali, comprano debito pubblico italiano a rischio caricando quindi ulteriore rischio su sé stesse e sul debito pubblico del paese. In un contesto di crisi che non è solo nazionale ma europeo e non riguarda piccoli paesi come Portogallo o Grecia ma anche la Spagna. Non siamo, dal punto di vista capitalistico, il solo grande malato in Europa. I problemi non possono quindi che acuirsi.
Viene quindi spontaneo pensare che, tra rassicurazioni “al paese” e mainstream mediale unificato a fare da ufficio stampa a Mario Monti, la realtà sia fatta di una bomba bancaria sulla quale è stata fatta comodamente sedere un’intera società. Anche perchè Michelle Bradley, analista del debito sovrano europeo per Credit Suisse, è convinta che Italia e Spagna stiano imboccando un sentiero già percorso dalla Grecia. Le banche, indebitate, acquistano debito pubblico del loro paese producendo così una doppia crisi: del sistema bancario e del debito pubblico.
Di sicuro siamo di fronte a mesi di nuovo difficili. E attenzione, in questo periodo, a due tornanti tutti politici: le elezioni in Francia e in Grecia. Potrebbero produrre risultati che rendono impraticabili, o molto difficili, le politiche adottate da governi come quello Monti. Se accadesse, la mutazione di politiche finanziarie ed economiche in Europa dovrà essere repentina altrimenti la crisi finanziaria ed economica continentale si candida a produrre grossi disastri.
Nel frattempo non c’è che da ringraziare la coppia di “responsabili” Napolitano-Bersani che in autunno ha fatto imboccare al paese il sentiero fatto di un governo che ha impoverito molto con strategie che rischiano di produrre ulteriori disastri.
(red) Senza Soste 10 aprile 2012
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