Un anno da Gezi Park: giornata escandescente in Turchia
Una rivolta di massa figlia del livello di conflittualità sempre più crescente dei movimenti autorganizzati all’interno del Paese contro l’autoritarismo e le politiche del turbocapitalismo targate AKP/Erdogan.
Una fiammata che non si è spenta, tuttaltro, ha visto innescare nuove forme di spontaneità e di organizzazione di rabbia difffusa che poi stanno ridefinendo, a partire dalle lotte, la geografia umana del paese anatolico.
Inutile nasconderlo, una fiammata, che ha rivitalizzato l’immaginario delle rivolte cristallizatesi con la prima ondata dei moti tunisini ed egiziani, capace di dialogare con il linguaggio dell’intransigenza e della dignità a milioni di individui sfruttati e ricattati in tanti altri paesi.
Con l’auspicio che sul solco delle giornate di tenace resistenza a Gezi continuino a innestarsi processi allargati di opposizione e proposizione altra del fare politica, diamo qui un breve e parzialissimo resoconto di una giornata che si annuncia ancora molto lunga.
Il primo anniversario della rivolta di Gezi Park, costata 8 morti e almeno 8 mila feriti, si sta svolgendo a Istanbul in un clima di grande tensione; da un parte l’impegno governativo nel cercare di mostrare una volta di più il muso duro e sempre più volto all’impedire qualsiasi forma del dissenso, dall’altra decine di migliaia di persone che intendono rovesciare l’impossibilità di poter manifestare attraversando la città nei suoi punti nevralgici dopo le durissime disposizioni governative.
Sin dall’inizio delle giornata un ingente schieramento di forze dell’ordine sta bloccando ogni passaggio di persone nei dintorni di Piazza Taksim: fonti non ancora ufficializzate parlano almeno di 25 mila unità dispiegate nel centro cittadino. Una creazione di un dispositivo che però non ha scalfito minimamente la volontà di dare filo da torcere da parte della variegata massa di manifestanti, che da più ore tentano di assediare il dispositivo messo in campo dal Governo.
Arresti arbitrari e volti ancora una volta ad intimidire le proteste sono stati effettuati sin dalle primissime ore del pomeriggio, e alle 19 locali i fermi confermati sarebbero complessivamente 32. Con l’approssimarsi alle ore serali, la pressione dei manifestanti sta cominciando ad aumentare e gli agenti stanno ricorrendo a fitti lanci di lacrimogeni. Tutto ciò sta avvenendo proprio nell’orario indetto dai movimenti, raccolti nella piattaforma “Taksim Solidarity”, per il concentramento della manifestazione, ossia le 19.
Nella tracotanza che contraddistingue gli apparati repressivi turchi, anche un reporter della CNN è stato detenuto, poi rilasciato dopo mezzora per non destare malumori a livello internazionale.
Ad ora, i media europei paiono prodigarsi nel tentativo di deplorare la capacità della protesta di non farsi intimorire dall’ innalzamento del livello repressivo a cui sempre più persone ad Istanbul e non solo cominciano a voler dire basta sempre più..
Alle ore 22 locali diversi sono i feriti a causa dell’operato poliziesco e in particolare dei lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo; le versioni del mainstream subito si riassettano su un impostazione “caritatevole” verso la tenace resistenza popolare e di massa nei dintorni di Taksim, sempre volta ad un esoticismo che tanto stona con la raffigurazione dei conflitti che avvengono nei territori di provenienza, mentre le proteste frattanto si estendono a tutti i principali centri urbani della Turchia e barricate e scontri si attestano nei quartieri resistenti di Istanbul.
#direnGezi
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