Il limite estremo di questa logica è la militarizzazione del processo lavorativo rappresentata dal sistema del caporalato, ormai diffuso in agricoltura e non solo. Istituzionalizzare un campo di lavoro senza fissare diritti per chi lavora diventa così un errore pericoloso, poiché innesca meccanismi che sfociano facilmente nello sfruttamento e nella prevaricazione dei basilari diritti della persona, oltre che del lavoratore. Se l’equiparazione del lavoratore a merce da cui estrapolare il più lauto profitto possibile senza alcun limite è un principio anticostituzionale, e come tale sanzionato dal recente decreto che punisce coloro che reclutano manodopera a fini schiavistici, non andrebbe certo difesa un’operazione di marketing umano simile, invece fatta passare come atto caritatevole verso chi è ridotto a vivere in condizioni miserevoli. Soprattutto perché l’operazione “caritatevole” è padronale e dunque limitata ai lavoratori con regolare contratto – e neppure a tutti -, mentre gli Altri (notare come la logica capitalista ricrei continuamente un Altro, anche tra chi, paradossalmente, è già Altro all’interno della stessa società di accoglienza) compongono un vero “esercito di riserva” marxiano che staziona quotidianamente al di fuori del campus in condizioni ancora più miserevoli, senza godere neppure dei container. Questi ultimi vengono comunque mantenuti e non sgomberati, poiché considerati dalle autorità statali all’interno di un progetto di accoglienza (quale? Non si sa), mentre chiunque voglia solidarizzare con loro e con chi staziona nel campo viene punito. Coloro che al Foro boario sono accampati clandestinamente hanno un permesso di soggiorno regolare in quanto “rifugiati”, se no sarebbero confinati in quell’altra struttura scarsamente visitata dalle istituzioni poiché prevede la detenzione anche per chi non ha commesso reati penali, ossia i CIE. I “rifugiati” vivono così alla giornata, attendendo quotidianamente un lavoro e con la spada di Damocle dello sgombero a gravare sulle loro teste, quando questo avviene si sparpagliano per i paesi limitrofi per un po’ di tempo, fino a ritornare poi nei pressi dei campi per cercare lavoro. Infine, strutture come quella di Saluzzo, oltre ad annichilire oltre ogni limite la dignità di chi lavora, rischiano di creare un pericoloso precedente, secondo il quale pur di lavorare possono essere ridotte le proprie libertà personali, nonché la propria vita, fino a non ben precisati limiti.
Alex Marsaglia
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