*ZAPRUDER*: Radiografie – I simboli delle radio dell’estrema sinistra italiana
Radiografie
I simboli delle radio dell’estrema sinistra italiana
Onde radio, stelle rosse, paesaggi urbani, alieni e monelli, richiami al popolo, alla dimensione metropolitana, all’alterità politica… Dalla metà degli anni settanta ad oggi, i simboli e i nomi che sono stati adottati dalle radio libere della sinistra antagonista sono piuttosto diversi, nei riferimenti culturali e dunque anche nelle forme grafiche e nel lessico. Eppure, se si osserva con attenzione, si ritrovano elementi comuni di una stessa storia. Le immagini che pubblichiamo sono il risultato di una ricerca che “Zanzara”, Tiziana Musto, già redattrice di Radio Onda Rossa di Roma, ha svolto nell’autunno scorso per questo numero di «Zapruder», contattando le radio attive della sinistra antagonista e recuperando immagini di alcune esperienze del passato. Il materiale, dunque, è piuttosto eterogeneo e frammentario. Vi sono simboli di alcune emittenti particolarmente significative nella seconda metà degli anni settanta e chiuse ormai da tempo, così come di altre organizzatesi nell’ultimo decennio, o anche solo pochi anni fa. E anche la rappresentatività geografica e politica è piuttosto casuale, dettata esclusivamente dalle risposte a quella ricerca. Quello che presentiamo, dunque, non deve essere considerato il frutto di una schedatura sistematica – ancora da svolgere – ma piuttosto un’indicazione del ricco materiale iconografico che quel movimento culturale ha prodotto.
Si tratta per lo più di una documentazione diffusa per pubblicizzare ciascuna emittente, riprodotta su manifesti, volantini, adesivi e, successivamente, siti web e social network. Come sempre succede per simboli e logo, anche questi sintetizzano in parole e icone i valori e gli obiettivi di ciascuna radio. Valori e obiettivi, peraltro, già espressi nella scelta del nome. Così, sia per le pionieristiche emittenti della sinistra rivoluzionaria che per le radio dei movimenti degli ultimi anni, nomi e simboli volevano evocare innanzitutto un’alterità – quando non un aperto antagonismo – alle gerarchie di potere e alle regole sociali dell’esistente. Si pensi ad aggettivi e sostantivi che ne hanno caratterizzato i nomi: popolare, proletaria, aut, area, controradio, onda rossa, onda d’urto, blackout, città futura, città aperta…
Tuttavia questa comune identità oppositiva ha assunto accenti diversi. In molti simboli, ad esempio, emergono maggiormente tratti distintivi di ribellione anticonformista, accomunando figure e immagini piuttosto diverse, dal gatto selvatico di Radio Onda d’Urto – ripreso dall’Industrial workers of the world e diventato nel corso del Novecento una delle icone dell’azione diretta – alla terribile bambina di Radio Lina di Napoli – con richiami all’indisciplinata Pippi Calzelunghe di Astrid Lindgren –, dai piccoli alieni di Radio Città Fujiko di Bologna e Radio Sherwood di Padova al più classico partigiano armato della parmigiana Radio Popolare o all’arrabbiata ragazza della romana Radio Donna. Anche il simbolo disegnato nel 1990 da Vauro per Radio Città Aperta si colloca in questo modello espressivo: un cane non ascolta più la «voce del padrone» ma ad essa si ribella (il riferimento era alla famosa casa discografica degli anni trenta). In altri simboli questo elemento di antagonismo è rappresentato da tradizionali icone del movimento operaio. La più comune sembra essere la stella a cinque punte – rossa o su fondo rosso – utilizzata da molte radio del passato e del presente. Un’icona che, dalla seconda metà degli anni settanta, da quando cioè divenne il simbolo dalle Brigate rosse, venne adottata quasi esclusivamente da collettivi e gruppi dell’estrema sinistra. Con essa, frequenti sono anche il pugno chiuso o il fulmine dell’area dei centri sociali. In tutti questi casi, però, la loro raffigurazione si discosta notevolmente dai cliché consueti. Pugni, stelle, bandiere e saette sono rivisti o associati ad altre immagini in modo da ridimensionarne l’idea d’appartenenza ideologica. In Radio Blackout di Torino, ad esempio, l’aggressività del pugno è depotenziata dal microfono che questo stringe, così come la sua simbologia politica è meno evidente per la diversa posizione in cui è disegnato: non teso verso l’alto ma in avanti. Un pugno che, peraltro, in alcune immagini, è associato ironicamente a un ponte radio e alla trasmissione dei suoi messaggi via etere. Simile è l’uso cromatico del rosso o del nero, due colori dalla forte simbologia politica, ripetutamente adottati per autorappresentarsi. Il loro impiego però non è ridondante né esclusivo, ma segnala discretamente gli elementi che danno identità ai diversi simboli (la stella, la bandiera, la saetta, eccetera).
Spesso, le icone e i colori sono collegati a immagini che rappresentano la specificità della comunicazione via etere: onde, antenne, microfoni, bobine, dischi e radio. Un’associazione già vista per Radio Blackout e utilizzata anche da molte altre: la stella di Radio Onda Rossa è al centro di un’irradiazione di potenti emissioni radiofoniche, le antenne dell’alieno di Radio Sherwood trasmettono i suoi rossi messaggi, il microfono di Radio Ciroma si sovrappone a una grande stella rossa incorniciata da due spighe di grano (evocando ironicamente la simbologia sovietica), il mondo alternativo (a forma di cubo) di Controradio di Firenze è associato alla struttura in metallo del ponte radio, il partigiano di Radio Popolare di Parma è esso stesso un ponte radio dal quale si propagano stelle rosse. Al centro di queste raffigurazioni vi è insomma il rapporto tra il messaggio politico e la sua concreta trasmissione via etere. Un’iconografia già utilizzata da Radio Alice in un giornale del 1977, dove in un fotomontaggio, sui tetti di Bologna, i membri della redazione formavano una piramide, in cima alla quale spiccava un’antenna che diffondeva le parole d’ordine della loro ribellione. L’immagine della città bolognese è indicativa di un altro elemento piuttosto consueto: la dimensione urbana dell’azione delle radio. Si tratta di una forma di autorappresentazione determinata non tanto dal territorio che le trasmissioni riescono a coprire, quanto dalla percezione di agire politicamente in un contesto dove le relazioni sociali – di alienazione, sfruttamento e consumo – sono quelle del capitalismo più avanzato, metropolitano appunto. Indicativo, in questo senso, il nuovo nome di Radio Città Aperta che Radio Proletaria di Roma – attiva dal 1978 – si diede con l’obiettivo di diventare «un megafono di bisogni e aspirazioni popolari» più ricettivo e aperto rispetto al periodo precedente.
Così come significativo è il simbolo di Radio città del Capo di Bologna – una «radio metropolitana», come recita lo slogan che accompagna il logo – dove il disordine di una città di anonimi palazzi è tagliato dal fulmine dell’antagonismo. Anche un manifesto degli anni settanta di Radio Onda Rossa utilizzò questa forma di autorappresentazione. Qui, sullo sfondo di un paesaggio urbano, con grigi caseggiati popolari e antenne, un giovane lanciava una radiolina come fosse una molotov o un sampietrino. Un manifesto, particolarmente efficace, che riassume – ieri come oggi – i tre elementi principali dell’iconografia delle radio dell’estrema sinistra: antagonismo sociale, comunicazione radio e dimensione metropolitana.
«ZAPRUDER» N. 34 – PRESENTAZIONE DEL VOLUME
Il trentaquattresimo numero di «Zapruder. Storie in movimento. Rivista di storia della conflittualità sociale» (maggio-agosto 2014, 160 pagine, 12 euro) è dedicato al tema: “Sulla cresta dell’onda. Suoni e parole alla conquista dell’etere”.
L’affermarsi di una radiofonia indipendente dal controllo statale è fenomeno relativamente recente nei paesi europei, verificatosi in tempi diversi e con tragitti specifici a seconda del contesto. Ad uno sguardo più attento però affiorano non solo spinte e temi comuni, ma anche punti di contatto e reciproche influenze.
In questo numero di «Zapruder» abbiamo cercato di approfondire i singoli casi nazionali, allo scopo di agevolare il confronto tra le varie esperienze e individuare interessi di ricerca trasversali. Oggetto di riflessione massmediologica, questo campo di studi è ancora poco esplorato dalla storiografia, reso oggi più praticabile grazie alla disponibilità di nuove fonti primarie, quali gli archivi sonori di alcune emittenti.
Un processo, quello di liberalizzazione dell’etere, dagli esiti contraddittori, segnato dalle trasformazioni e dai rivolgimenti profondi che hanno attraversato le società europee. Stimolato da interessi economici, ma anche da esigenze di pluralismo e autonomia, in esso sono avvertibili le sollecitazioni delle mode giovanili degli anni sessanta e settanta, il desiderio di emersione delle culture locali nonché le istanze di rottura e critica dell’esistente che hanno vivificato i coevi movimenti di contestazione sociale. Diversità di intenti e versatilità del mezzo costituiscono dunque altrettanti nodi cruciali che hanno orientato l’impostazione del numero, nel tentativo di cogliere le molteplici potenzialità di un medium che, ancora oggi, non smette di innovarsi.
Vedi anche LA RIVISTA *ZAPRUDER* E IL PROGETTO STORIE IN MOVIMENTO – Cuore d’acciaio
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