
A Bologna #Save194: mettiamo in crisi l’obiezione!

Oggi anche Bologna si è mobilitata per dire no all’ennesimo attacco  sferrato contro la legge 194/78, che regolamenta e tutela il diritto  delle donne all’interruzione di gravidanza presso strutture pubbliche.  L’iniziativa è nata sulla scia della campagna #Save194, diffusa  viralmente da molte realtà, gruppi femministi e singol* sui social  network. 
Stavolta, a pronunciarsi sulla legge sarà addirittura la Corte  Costituzionale, adita da un giudice di Spoleto che, in modo palesemente  strumentale, ha presentato un vizio di incostituzionalità in merito al  caso di una minorenne che voleva abortire, in quanto rimasta incinta in  modo indesiderato. 
Non si tratta d’altra parte di una novità: a 34 anni dall’approvazione  della 194, le ingerenze reazionarie della politica e della Chiesa si  sono manifestate in modo sempre più aggressivo per mettere le donne in  condizione di non poter esercitare il proprio diritto a scegliere ed  autodeterminare i propri corpi in ambito riproduttivo e sessuale. 
Anzitutto, l’elevatissimo numero di medici obiettori di coscienza:  nella presunta rossa Emilia Romagna, un ginecologo su due si rifiuta di  effettuare interruzioni di gravidanza. Questa percentuale (peraltro in  aumento) è ritenuta oltretutto bassa rispetto al nord Italia, dove  l’influenza delle lobbies cattoliche nella sanità pubblica (in testa  Comunione e Liberazione) fa sentire i propri influssi nella gestione di  ospedali e consultori. 
In secondo luogo, le sempre più frequenti incursioni dei movimenti  ProLife nei reparti di ginecologia e nelle strutture mediche dove,  sostenendo di battersi a favore del diritto ad esistere dell’embrione,  umiliano e tormentano le donne con riti macabri ed integralisti come  cimiteri per feti, letture di rosario di fronte ai pronto soccorsi  ostetrici e azioni di disturbo dentro i reparti. 
Contro questo ennesimo tentativo di impedire una sessualità libera e  consapevole in favore di una presunta soggettività giuridica  dell’embrione (con conseguente criminalizzazione di tutte coloro che non  si lasciano imporre dogmaticamente la maternità), donne, singol* e  gruppi di Bologna si sono dapprima riuniti in assemblea, e poi hanno  scelto di fare un presidio e volantinaggio di fronte al pronto soccorso  ostetrico e ginecologico del policnico Sant’Orsola – Malpighi in via  Massarenti per spezzare il silenzio del mainstream sull’argomento. 
Con una promessa: se la Corte Costituzionale dovesse attaccare la 194,  non staremo di certo ferm* a guardare!E non finisce qui! 
Di seguito, il comunicato uscito dall’assemblea del 18 giugno a Bologna ” #Save 194 – Salviamo la 194, mandiamo in crisi l’obiezione”:
# Save 194 – SALVIAMO LA 194 
Viene di nuovo messa in discussione la legge 194, che dal 1978  regolamenta e tutela il diritto delle donne all’interruzione volontaria  di gravidanza, presso strutture pubbliche. 
Sappiamo che la 194 ha i suoi limiti. Sappiamo che è frutto di un  compromesso tra partiti, istituzioni, e poteri che esprimevano i  rapporti di forza interni alle logiche parlamentari di quegli anni. Non  era questo che i movimenti delle donne chiedevano! Non chiedevano che la  loro autodeterminazione fosse regolata da norme che a lungo andare  avrebbero ridotto il dibattito pubblico sull’aborto, con tutto il suo  valore politico di rottura, alla sola tutela di un diritto. Quello che  le donne chiedevano era di depenalizzare l’interruzione di gravidanza e  cancellare la legge fascista che la rendeva reato. 
Mercoledì 20 giugno 2012, a 34 anni dall’approvazione della 194,  la  Corte Costituzionale è chiamata a esprimersi su supposti aspetti  incostituzionali della  stessa legge (sollevati in modo audace e  pretestuoso da un giudice di Spoleto, in relazione al caso di una  minorenne che voleva abortire, perché rimasta incinta in modo  indesiderato). Tante donne di associazioni, collettivi, reti  territoriali, in questi giorni come noi si stanno mobilitando  velocemente in tutta Italia contro una richiesta di pronunciamento  gravissima. 
Non difendiamo l’immobilità delle leggi in quanto tali, ma la nostra  libertà di scelta in ambito riproduttivo e sessuale, e invitiamo  ulteriori associazioni, gruppi e singole a partecipare a una riflessione  sulla pericolosità politica, culturale, normativa e antropologica di  qualsiasi discorso, norma, o prassi, che anteponga la fantomatica  “soggettività dell’embrione” a quella delle donne. 
Oggetto della discussione della Corte sarà la compatibilità tra l’art.  4 della 194, cioè l’articolo che stabilisce la facoltà per le donne di  scegliere d’interrompere una gravidanza, per motivi attinenti ad esempio  alle proprie “condizioni economiche, o sociali o familiar”, oltre che  per ragioni di salute, e gli articoli 2 ( tutela dei diritti inviolabili  dell’uomo) e 32 (diritto fondamentale alla salute dell’individuo) della  costituzione italiana, sulla base della definizione di embrione umano  come “uomo in fieri”, definizione data da una sentenza della Corte di  giustizia europea in relazione ad altra materia (la “brevettabilità  delle sperimentazioni sulle cellule staminali embrionali”). 
Lunedì 18 giugno, in un’assemblea di gruppi di donne e singol* ci siamo  confrontate sullo stato della 194, la cui applicazione oggi è resa  sempre più difficoltosa a causa del crescente numero di obiettori, della  diminuzione di risorse economiche destinate ai servizi sanitari e di  welfare, e dalla loro riorganizzazione. Tanto più in epoca di crisi  economica ci preoccupano i crescenti attacchi all’autonomia delle donne,  la criminalizzazione delle scelte abortive e letture culturali che  alludono a forme di restaurazione di ruoli sociali e famiglie  tradizionali. 
La città di Bologna e la Regione Emilia Romagna, vengono ritenuti  esempi positivi, rispetto ad altre regioni in cui l’obiezione raggiunge  e supera il 75% del personale medico e paramedico. Ma molte donne  arrivano da altre regioni per abortire; le liste d’attesa per i servizi  ospedalieri e di consultorio si allungano, non solo in relazione  all’ivg; i consultori pubblici soffrono, già da qualche anno. 
Si, c’è da ragionare e mettere le mani nei servizi, ma per favorire e  implementare una cultura della sessualità consapevole, sicura e  consensuale, per garantire il benessere, la libertà di scelta,  l’attuazione di forme di prevenzione di gravidanze e malattie a  trasmissione sessuale. 
Ci vediamo mercoledì 20 giugno alle 09:00 @ Pronto Soccorso  ostetrico-ginecologico  Sant’Orsola- Malpighi 
assemblea 18 giugno: Mandiamo in crisi l’obiezione!
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