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Aggiornamenti sulla condizione dei braccianti di Saluzzo e dintorni

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La stagione della raccolta è ormai inoltrata. Procediamo quindi all’analisi di quanto accaduto nelle ultime due settimane. Nel fare ci si baserà da un lato sui resoconti dei lavoratori stessi, dall’altro sulla stampa locale.

Qui invece una cronologia ed un’analisi di quanto accaduto fino al 20 luglio.
La stagione delle pesche in tutto il distretto del Monviso (che comprende 34 Comuni) stava iniziando proprio in quei giorni.

Il 21 luglio viene consegnato dal Comune alla cooperativa Armonia il campo container di Lagnasco, che secondo i suoi abitanti viene però effettivamente aperto solo nei giorni successivi. È il terzo campo container. Si tratta di una decina di moduli abitativi piazzati in un piazzale asfaltato, senza ombra o riparo dal calore, schiacciato tra il magazzino di Lagnasco ed il cimitero. La scelta di un posto del genere non può che essere dettata dalla bassissima considerazione dell’amministrazione nei confronti dei lavoratori, dalla volontà di tenerli lontani dal resto della popolazione, da una considerazione dei braccianti unicamente in quanto braccia.
Del resto i posti disponibili in queste strutture non bastano nemmeno per tutti i lavoratori deportati a Lagnasco già dal 2 luglio. Altre decine continuano a vivere in tende e ripari di fortuna costruiti a fianco al cimitero.
Tale situazione di disagio non sembra rappresentare fonte di imbarazzo per i rappresentanti delle istituzioni. Il 21 luglio il sindaco Roberto Dalmazzo, con il vice Oscar Fiore, si è fatto fotografare mentre ha consegnato le chiavi agli operatori della Cooperativa sociale “Armonia” (presenti il responsabile del progetto Fabio Chiapello e la presidente Mizi Chiotti) che si occupano della gestione dell’intera rete di ospitalità temporanea, insieme alla Cgil che cura la mediazione culturale (ha partecipato Piertomaso Bergesio). Ha detto: «L’apertura di oggi è un passaggio importante. E’ un’assunzione di responsabilità delle istituzioni locali che vogliono sostenere politiche di integrazione attraverso questo progetto di accoglienza diffusa».
Un campo container in un parcheggio a fianco ai magazzini e al cimitero è apartheid, non accoglienza.

Il 28 luglio apre ufficialmente il campo container di Verzuolo, per un totale dichiarato di 12 posti. Sono entrati i braccianti che hanno trovato pre-ingaggi in aziende del territorio comunale e che erano arrivati in paese il 2 luglio, dopo l’operazione di sgombero della questura a Saluzzo. Da quel giorno erano stati sistemati in una tendopoli, in condizioni pessime, lasciati senza corrente elettrica, se non poche ore al giorno, con un solo rubinetto, senza docce utilizzabili e senza tende. Per 4 settimane i 14 ragazzi si sono dovuti stringere in 6 tende recuperate autonomamente o grazie alla solidarietà spontanea dei verzuolesi.
È il quarto campo, ed i suoi posti vanno a sommarsi a quelli già messi a disposizione, stando ai numeri dati ai giornali locali, a Lagnasco (18), a Costigliole (7 e nei prossimi giorni ne avrà altri 7) e a Savigliano (15).

La situazione dei lavoratori deportati a Busca è invece stazionaria: circa venti lavoratori dormono ancora nelle tende in un accampamento aucostruito, e non c’è segno dell’avvio dei cosiddetti progetti di accoglienza diffusa. E ciò nonostante già nei primi giorni di luglio il sindaco stesso di Busca si fosse recato all’insediamento promettendo una casa per tutti coloro che avessero un contratto di lavoro. A distanza di quasi un mese ancora nulla si è mosso, nonostante circa la metà dei lavoratori sia oramai regolarmente ingaggiata da settimane.

A Savigliano, dove fin dai primi giorni di luglio le istituzioni si erano attivate fornendo tende spaziose e attorno al 20 luglio è stato invece aperto un campo container in un parco cittadino. Tale spazio, per quanto lontano dalla città e dai servizi, è sufficientemente attrezzato.
Ciononostante, in alcuni casi lavoratori sono stati allontanati dal campo al termine del contratto di lavoro, e questo nonostante la convenzione firmata a giugno specifichi che i lavoratori hanno l’alloggio a disposizione per 20 giorni dopo la fine del contratto.

La peggiore è la situazione di Saluzzo, dove diverse decine di lavoratori sono arrivati durante il mese. Ancora oggi almeno 60 lavoratori dormono per strada, sparsi tra parco Gullino e il cimitero di Saluzzo, ed un numero imprecisato trova rifugio in luoghi più appartati, cercando di evitare i continui e violenti controlli della polizia. La polizia continua a fermare e identificare i braccianti, andando a identificare la stessa persona anche 4-5 volte al giorno, così dimostrando una chiara volontà di intimidire, e rilasciando fogli di via ai fermati se già segnalati in precedenza.

Ma il problema abitativo non è l’unico che i braccianti si trovano a dover affrontare.

Il 31 luglio si è svolta la riunione di coordinamento del Tavolo promosso dalla Prefettura per la gestione dell’emergenza migranti nel Saluzzese, cui hanno preso parte le Istituzioni e le Associazioni operanti sul territorio. A informarci dell’accaduto la Coldiretti in un comunicato, tramite il quale il Direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu, presente all’incontro, ci fa sapere che le imprese agricole hanno assicurato ospitalità ad oltre il 90% dei propri braccianti stranieri.
Quanto dichiarato è una deliberata menzogna. Decine e decine di braccianti continuano da settimane a ripetere che i datori di lavoro si rifiutano di assumere i lavoratori ancora privi di una sistemazione abitativa, con molti imprenditori che si spingono persino a chiedere la residenza dei lavoratori nei comuni limitrofi. Secondo i lavoratori i datori di lavoro temono i controlli delle FDO e di essere sanzionati se assumono persone che stanno per strada.
Sempre nello stesso comunicato il Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo Roberto Moncalvo sostiene che Saluzzo è un esempio di accoglienza e che “solo una percentuale di aziende inferiore all’1% presenti criticità di una certa rilevanza”. Tali dichiarazioni si scontrano con quanto rilevato dai controlli effettuati durante le settimane precedenti dai carabinieri di Cuneo, durante i quali sono state ispezionate 40 aziende agricole operanti nel settore della frutticultura e controllati oltre 250 lavoratori. Nel corso dei controlli sono emerse numerose irregolarità da parte di alcuni imprenditori agricoli, ai quali sono state comminate quasi 60.000 euro di multe “per irregolarità nelle assunzioni e nelle retribuzioni dei lavoratori e di contenimento dei contagi nei luoghi di lavoro.” Tali controlli non fanno che formalizzare quanto denunciato da numerosi lavoratori: il lavoro grigio è la regola nelle campagne di Saluzzo. La maggior parte dei braccianti lavora dalle 10 alle 16 ore al giorno con paghe orarie che oscillano tra i 4 e i 6 euro all’ora, una parte in busta, il restante in nero. I datori segnano molte meno ore e giornate di lavoro di quante poi effettivamente vengano svolte, impedendo di fatto ai lavoratori l’accesso alla disoccupazione agricola. Al lavoro grigio si somma poi il lavoro completamente in nero: 13 braccianti sono risultati completamente privi di un regolare contratto di lavoro. E ciò nonostante il fatto che spesso tali controlli vengono aggirati, banalmente, ordinando ai propri lavoratori di nascondersi tra gli alberi da frutto.
Qui un approfondimento dettagliato sulle condizioni di lavoro nel distretto di Saluzzo.

In un prossimo post affronteremo infine la strumentalizzazione dei recenti casi di Covid registrati a Saluzzo nelle scorse settimane e analizzeremo i reali effetti della sanatoria sui processi di regolarizzazione dei braccianti.

Infine una nota sul ruolo dei solidali durante questo periodo:
a partire dalla manifestazione del 18 giugno si è andata formando un’ampia rete solidale, composta da giovani attiviste e attivisti, sindacalisti di base, avvocate e avvocati. Abbiamo continuato a incontrare e confrontarci con i lavoratori, e abbiamo attivato uno sportello mobile per i documenti e la sanatoria, allo scopo di sostenere quanti avessero bisogno di fare domanda. Nel fare ciò ci siamo posti l’obiettivo di affrontare le istanze poste dai lavoratori stessi, cercando di rimanere vigili sull’evolversi della situazione, rimanendo informati, comunicando ai lavoratori quanto venivamo a scoprire e verificando le informazioni riportate dai media locali. Oltre a ciò abbiamo partecipato a diversi eventi informativi, allo scopo di rompere l’isolamento attorno ai lavoratori.

Solidarietà ai lavoratori delle campagne!

Nella foto l’accampamento informale di Lagnasco, tra il cimitero ed il magazzino della frutta, dove i lavoratori sono stati deportati dalla polizia dopo lo sgombero di Parco Gullino a Saluzzo il 3 luglio 2020.

Da Enough is Enough – braccianti in lotta Saluzzo

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