Balon: fenomenologia del decoro
4 ottobre 2019, ore 8. Nel parcheggio che sia affaccia su Via San Pietro in Vincoli compaiono funzionari dell’assessorato al suolo pubblico e operai, scortati da svariate camionette di polizia e carabinieri, che montano attorno alla piazza un gran numero di jersey e affiggono cartelli di divieto d’accesso a partire dal 3 ottobre 2019 fino a “cessata esigenza”.
Con l’andare delle ore il numero di forze dell’ordine aumenta esponenzialmente, fino a presidiare tutta via san Pietro in Vincoli, il cortile del Maglio, via Borgo Dora fino a trasformare tutta l’area del Balon “abusivo” in una zona di guerra.
Scenari di militarizzazione non sono una novità nel quartiere Aurora: presidi di questo tipo si sono già visti in via borgo dora per due settimane a luglio, in seguito allo sgombero della palazzina occupata al numero 24, ma soprattutto per i mesi che seguirono lo sgombero dell’asilo, in cui fu istituita una zona rossa permanete con tanto di check point, e accesso acconsentito solo ai residenti.
Militarizzazione utile allo svuotamento e controllo di spazi della città per darli in pasto a sviluppi urbani per gentrificare i territori e renderli fruttuosi per speculazioni e estrazione di capitale.
L’ ordine di chiudere il parcheggio e renderlo inaccessibile per chiunque fino a data da definirsi arriva dal prefetto, con il benestare silenzioso del comune.
Si tratta di una delle tappe conclusive della strategia a lungo termine per lo “spostamento del balonaccio” che ha agito su diversi livelli, amministrativi e di propaganda.
L’obiettivo, a dire la verità, non è uno spostamento di un pezzo di mercato, ma una profondissima trasformazione.
Il Balon è sempre stato lo storico mercato delle pulci della città, in cui venivano venduti oggetti di recupero, si estendeva da piazza della repubblica fino al parcheggio di San Pietro in vincoli, le bancarelle si arroccavano disordinate per tutti i vicoletti di borgo dora senza discontinuità. Il Balon aveva una doppia valenza: da una parte permetteva a molta gente di sostentarsi, e dall’altra permetteva anche a moltissime persone di accedere a un consumo a prezzi accessibili.
L’obiettivo della giunta è quello di trasformare questo spazio in una delle tante vetrine del centro città: togliere al Balon la vita che davvero lo anima e renderlo un ordinatissimo mercatino dell’antiquariato, con bancarelle graziose e presentabili, in modo da essere uno spazio safe e confortevole per turisti e abitanti del centro, in cui possano andare a intrattenere i loro sabati pomeriggio e svuotare i loro portafogli gonfi.
Le tappe di questo percorso di trasformazione sono cominciate con la creazione dello spazio, all’interno del Balon stesso, che venne successivamente chiamato “balonaccio”, o “libero scambio”. Non è mai esistita una distinzione tra il pezzo di mercato immediatamente vicino a piazza della repubblica e quello di canale molassi e del parcheggio di San Pietro in Vincoli, ma è stato creato artificialmente in diversi passaggi. Innanzitutto è stata affidata la gestione dei due diversi pezzi di mercato a associazioni differenti, con prezzi differenti a seconda dei posti in cui veniva piazzata la merce, e l’associazione che si occupava della parte destinata a rimanere aveva il compito di selezionare e scremare gli operatori, spingendo quelli “meno presentabili” all’altra associazione. Contemporaneamente sono stati coniati i termini “balonaccio” e “mercato del libero scambio” in modo da distinguere nettamente la parte di mercato destinata allo spostamento da quella destinata a rimanere.
Successivamente nel gennaio del 2019 c’è stata un’ordinanza comunale che ha dichiarato lo spostamento de “mercato del libero scambio” in via Carcano, così togliendo i permessi di vendita ai mercatari che fino a quel momento avevano regolarmente lavorato in quel posto.
Da quel momento ogni settimana Stampa e Repubblica criminalizzavano gli operatori che allestivano le loro bancarelle nella zona di canale molassi e nel parcheggio di San Pietro in vincoli designandoli come abusivi e illegali solo perché continuavano a fare quello che avevano fatto da tutta la vita, ma senza il permesso del comune, e prodigavano le loro generose macchine fotografiche a inquadrare tutto ciò che era fuori posto, disordinato, illecito, indifferente se si trattasse di una scarpa spaiata o un mobile fuori da un cassonetto, tutto ciò che non era “presentabile” per una “persona civilizzata” era utile per convincere l’opinione pubblica che quello spazio è indecoroso, e quindi poco sicuro e di conseguenza andava eliminato.
Nel frattempo, silenziosamente, venivano apportate alcune modifiche nel quartiere: un grosso cantiere che sospendeva la possibilità fisica di fare il mercato in alcune zone, la chiusura di alcuni cancelli dietro la chiesa, la presenza sempre più frequente di vigili che multavano macchine o addirittura carretti parcheggiati male.
In questi mesi nei giornali si è parlato prima di spostamento, utile a garantire maggior controllo e sicurezza, mascherando che si trattava in realtà della volontà di uccidere ufficialmente il mercato per come Torino lo ha conosciuto fino ad ora.
Di fronte a ciò i mercatari non hanno accettato di venir relegati a una zona della città lontana e poco frequentata e quindi si sono organizzati in modo da alimentare e ravvivare ancora di più il loro mercato, facendolo crescere ulteriormente. In risposta, amministratori e i giornali hanno cambiato terminologia, parlando di “sgombero dolce”, le stesse parole che avevano usato per lo sgombero dell’ex moi, svelando quindi il reale intento: svuotare uno spazio, uccidere l’autorganizzazione e lo spirito autentico che lo alimentano, per consegnarlo nelle mani dell’estrazione capitalistica.
Proprio come nel caso dell’ex moi, questo sgombero dolce ha preso consistenza in un’angosciante e intensa attesa, fino ad un intervento di fatto violento.
L’intervento di oggi, oltre che violento, il più impattante sul quartiere da che si è cominciato a parlare di “spostamento del balonaccio”, non vede una parola sui quotidiani online torinesi.
Questi cambiamenti, che servono a rendere i territori e le città una fonte di estrazione di valore, vengono attuati in nome del “decoro” e della “sicurezza”. A ben guardare queste due parole non vengono mai spiegate, ne tantomeno chiarite, si schiariscono e rinforzano a vicenda, facendo leva su un generico senso di buona educazione e civiltà. Sono concetti che vengono fatti apparire come neutri e servono per normalizzare e portare all’accettazione e del controllo sociale. Sono i concetti chiave della politica contemporanea che ridefiniscono il ruolo dello stato, trasformandolo in un tutore dell’ordine che attua necessari interventi di controllo e repressione.
Quindi
decoro e sicurezza = controllo sociale, repressione e speculazione
Sono questi quindi gli strumenti attraverso cui il capitale assorbe e attacca. I territori sono il campo di battaglia, tocca a chi li vive agire e rispondere.
Mercatari, abitanti del quartiere e solidali hanno già dimostrato nei mesi passati che con autorganizzazione è possibile calpestare e vincere ordinanze comuniali e repressione, la partita non è ancora chiusa.
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